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Cronaca

Addio al professor Ferdinando Arisi, studioso e storico dell'arte piacentino

Si è spento a 92 anni in clinica dove era ricoverato da qualche tempo. Il ricordo e la biografia

Si è spento all'età di 92 anni il professor Ferdinando Arisi, uno dei più improtanti storici dell'arte piacentini e non solo. Arisi, che abitava da sempre in via Beverora davanti alla chiesa di San Giovanni, era ricoverato in clinica da qualche tempo. Riportiamo di seguito un editoriale biografico che il giornalista piacentino Vito Neri, grande amico di Arisi, aveva pubblicato nel 2010 per i 90 anni dello storico piacentino.

IL MESSAGGIO DI CORDOGLIO DELLA PROVINCIA

Quasi un secolo di vita: il “mattatoio del mondo”, la pace, la ripresa, la caduta del Muro, le grandi scoperte, la luna pietrosa che non seduce più Endimione, la prima, la seconda e (forse) la terza Repubblica. E per lui, per il professore, quasi un secolo fervido ed operoso: San Polo, il Collegio dei preti illuminati di San Lazzaro, gli studi tenaci, la cattedra di storia dell’arte alla Cattolica di Brescia dove all’alba accompagnava con una vecchia “Escort” (intesa come automobile) Guido Tammi (filologia romanza) e Franco Molinari (storia mo- derna), il Gazzola giù dalle mura medievali, il Museo, il corrucciato Farnese (prima come fantaccino ventenne poi come ordinatore), la Galleria di San Siro, l’Antonino d’oro e quanto altro ancora? Tutto ciò che riguarda l’arte e poi la vita e il costume di Piacenza visti dalla sua grande casa zeppa di libri che guarda San Giovanni nel Canale, in cui lui trova anche le cose più segrete, basta un “tac” delle dita e il piacere allegro della riscoperta.

Quasi un secolo, la vita del professor Arisi. Secoli e secoli di storia dell’arte, e non solo, dal Cinquecento in poi (e prima) catalogati nella sua prodigiosa memoria critica e selettiva, al pari di Emilio Nasalli, indimenticato storiografo patrio, Flaminio Ghizzoni per la romanità di Piacenza, Piero Castignoli per il Medioevo. E ancora, quell’attitudine affabulatoria, meglio ancora narrativa, ironica e persuasiva, con tutte le parole al posto giusto per dire le cose giuste, la semplicità del cuore, la franchezza dell’animo, la dotta semplicità della scrittura.

La noia come privilegio degli oziosi, si dice. Credo che Arisi nella sua vita non si sia mai annoiato. Con i suoi studi egli ci ha fatto diventare un po’ tutti suoi allievi, comunque suoi debitori, contagiandoci con la sua passione e il suo entusiasmo. Dell’intera biblioteca ch’egli si è costruito sulle spalle robuste e che si arricchirà ancora, ecco quattro suoi libri per tutti. I volumoni sull’Alberoni (Collegio e Cardinale); sulla Ricci Oddi; sulle nature morte di Boselli; sulle vedute di Gianpaolo Panini.

Il primo in francese, il directeur in perfetto italiano, a tener banco sui “capricci” del peintre settecentesco di Piazza Borgo e, in un angolo, Nino Magnaschi, Giuseppe Gherpelli, Ernesto Prati ed io ad ascoltarli beati, in attesa di portare in Piazza Cavalli anche i romantici di Delacroix e di Corot. Verranno poi, sempre con Arisi, Gaspare Landi e le altre belle e recenti mostre di Palazzo Galli.

Studia e lavora ancora Ferdinando. L’altro giorno, con la sua calligrafia nitida che sa di greco antico, era alle prese chissà perché con Corazzini, epigono di Gozzano e delle signorine Felicite. Il novantenne e sapiente professore Ferdinando Arisi. Ha superato anche momenti d’amarezza, ma continua nella sua quotidiana e lieta fatica di ricercatore, nei suoi stupori gioiosi. A Palazzo Galli, Alberto, Corrado e Fausto (il superfluo dei cognomi) lo hanno ringraziato di questa sua feconda prodigalità culturale che tutti ci migliora, come solo loro sanno fare. Aggiungiamo qui anche la nostra gratitudine affettuosa. La fratellanza è senza età. Anche questo ce l’ha insegnato lui. Red carpet dovuto.

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