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Venerdì, 26 Aprile 2024
Cronaca

Caporalato e favoreggiamento dell'immigrazione in un'azienda di trasporti, 17 indagati

Indagine della Polizia e della Guardia di Finanza. Quarantaquattro persone in situazione di estremo bisogno venivano fatte entrare illegalmente in Italia per poi essere sfruttate come camionisti a basso costo

Cinque persone arrestate, delle quali una finita in carcere, per i reati di caporalato, favoreggiamento dell'immigrazione clandestina ed in materia di falso. Altre 12 sono indagate a piede libero. Accade a Piacenza dove Polizia e Guardia di Finanza hanno scoperto un articolato sistema criminale orchestrato dai responsabili di un'azienda di trasporti piacentina. Quarantaquattro camionisti sarebbero stati vittime di caporalato: persone in situazione di estremo bisogno grazie alle quali gli indagati potevano trarre profitto. L'attività d'indagine ha avuto origine nel 2020 dalla convergenza investigativa tra la Sezione Criminalità Organizzata della Squadra Mobile di Piacenza e la Sottosezione Polizia Stradale di Trento sull'azienda in questione, a seguito di alcuni accertamenti svolti d'iniziativa dalla Questura ed al contemporaneo arresto in flagranza di un autista brasiliano, dipendente dell'azienda e sorpreso dalla Polizia Stradale a Trento in possesso di falsi documenti greci.

"L'indagine ha permesso di ricostruire un complesso sistema, articolato in più fasi, finalizzato dapprima a consentire l'ingresso illegale nello Stato di soggetti extracomunitari, per poi sfruttarli quali camionisti a basso costo" - fa sapere la Questura con una nota. Tramite corrispettivo l'azienda di trasporti di Piacenza forniva falsi documenti di identità e di circolazione europei a stranieri che reclutava come camionisti alle proprie dipendenze ed in condizioni di sfruttamento. "I lavoratori, in condizione di irregolarità sul Territorio Nazionale, venivano assunti con le false generalità alle dipendenze di aziende fittizie, anche formalmente localizzate all'estero, ma comunque riconducibili alla stessa azienda avente sede nel capoluogo emiliano. Approfittando proprio dello stato di bisogno in cui i camionisti versavano ne sfruttavano le prestazioni lavorative imponendo turni di servizio massacranti e stipandoli in luoghi insalubri nelle pause tra un viaggio e l'altro".

Secondo quanto accertato da poliziotti e finanzieri, coordinati dalla locale Procura della Repubblica, "gli stipendi versati agli autisti erano invece difformi dai contratti collettivi nazionali e sproporzionati rispetto alla qualità e quantità del lavoro prestato. I pagamenti avvenivano senza alcuna busta paga e con ulteriori decurtazioni qualora non venisse svolto il lavoro straordinario o vi fosse un ritardo sui tempi di consegna. Venivano inoltre contabilizzate le rate per pagare i documenti falsi forniti, che venivano stornate dallo stipendio, così come venivano stornati i corrispettivi per riposare nelle baracche messe a disposizione dall'azienda, e pure le spese per gli incidenti stradali che occorrevano durante i massacranti turni di lavoro". Proprio per "la capacità di guidare in qualsiasi situazione un dipendente era soprannominato kamikaze".

Infatti, ricostruiscono gli investigatori, "i lavoratori erano tra l'altro costretti continuamente a mettersi alla guida nonostante la stanchezza o comunque fossero in condizioni psicofisiche tali da non permettere di mettersi alla guida in sicurezza. Le eventuali sanzioni per aver sforato i tempi di guida venivano pagate dall'impresa in quanto rientrava nella policy aziendale la costante violazione della normativa in materia". Durante le pause venivano stipati all'intero di baracche situate nel piazzale dell'azienda, "in condizioni igieniche fatiscenti, con addirittura pericoli di sicurezza per il rischio di innesco di incendi e i rifiuti erano liberamente abbandonati all'esterno". L'indagine si è avvalsa di intercettazioni telefoniche e telematiche, nonché di un'ampia perquisizione anche informatica dell'azienda e di verifiche 'spot' da parte di Ausl, Medicina del Lavoro e Arpae, dalle quali emergevano violazioni e irregolarità. Proprio dalle intercettazioni è emersa "la disperazione di alcuni ex dipendenti, che cercavano di elemosinare ai responsabili dell'impresa dei soldi per poter mangiare, dopo essere stati licenziati in tronco dall'azienda a seguito delle irregolarità rilevate dalle Forze dell'Ordine".

Oltre alle ordinanze di custodia cautelare è stato disposto il sequestro preventivo dell'azienda interessata e di un'altra azienda, formalmente distinta dalla prima, ma di fatto riconducibile ai medesimi soggetti. "Le condotte criminali portate sistematicamente avanti dagli indagati causavano gravi pericoli non solo alle stesse vittime del caporalato ma anche a tutti gli utenti della strada, ove si trovavano a lavorare su grandi automezzi dei camionisti senza le necessarie abilitazioni ed in stati fisici alterati per la stanchezza accumulata" - conclude la Polizia.

Il commento di Cgil, Cisl, Uil di Piacenza

«Salutiamo molto positivamente la maxi-operazione Hermes condotta dalla squadra Mobile della questura di Piacenza che ha portato a scoperchiare un coacervo di illegalità sulle spalle dei lavoratori. Reati come caporalato e sfruttamento dei migranti che colpiscono in modo drammatico i singoli ma anche la collettività e che, se confermati, ricordano a tutti, ancora una volta, la necessità di intervenire in modo forte e coeso sul mondo del lavoro, a partire dalla legalità e dalla dignità delle persone che devono lavorare per vivere». Così, in una nota stampa, i segretari generali di Cgil (Ivo Bussacchini), Cisl (Michele Vaghini) e Uil (Francesco Bighi) della provincia di Piacenza unitamente ai vertici delle categorie dei trasporti Filt Cgl, Fit Cisl e Uiltrasporti, commentano l’operazione della procura della Repubblica di Piacenza che ha portato ad arresti con accuse di reati di grave pericolosità sociale come caporalato, favoreggiamento dell’immigrazione clandestina e falso in atto pubblico.

«La moneta cattiva scaccia quella buona, e a Piacenza sappiamo quanto abbiamo bisogno di moneta “buona” quando si parla di lavoro: protocolli e patti che rilancino il territorio a partire dalla qualità del lavoro ne sono l’esempio, come il recente “Protocollo per gli appalti e la Logistica” firmato in Prefettura. Per questo, oggi più che mai – proseguono i rappresentanti dei lavoratori piacentini – riteniamo urgente mantenere l’attenzione ai massimi livelli e convocare il Tavolo di lavoro del Protocollo Logistica per dare gambe e sostanza ai contenuti di quell’accordo, strategico per la qualità del lavoro e determinante per prevenire e scoraggiare coacervi di sfruttamento come quelli svelati dall’operazione Hermes». 

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