Droga iniettata nell'inguine, così una 17enne perse una gamba
Riparte il processo a un piacentino accusato di lesioni gravissime nei confronti della giovane. Il fatto avvenne nel 2007, ma i giudici d'Appello hanno modificato il reato stabilendo un nuovo processo
«Lui mi ha iniettato la droga nell’inguine, perché diceva che lì era meglio e non avrebbe dato problemi». Invece, quella ragazza, appena 17enne, ci rimise una gamba. Gliela amputarono in ospedale, a causa id una terribile infezione. Quesi drammatici giorni di 12 anni fa, sono stati ripercorsi davanti ai giudici dalla vittima. Una donna, oggi, di 29 anni, sposata e con tre figli. Una donna che si è lasciata alle spalle un’adolescenza scivolata nella droga e dalla quale è uscita, a caro prezzo, anche grazie al papà che le è sempre stato vicino (i genitori erano separati). Imputato di lesioni gravissime è Aldo Carta, difeso dall’avvocato Paolo Ferroni. Davanti ai giudici del collegio, presieduto da Gianandrea Bussi, a latere Ivan Borasi e Laura Pietrasanta, sono sfilato alcuni poliziotti che avevano svolto le indagini e la ragazza piacentina protagonista di questa storia che avrebbe potuto avere un epilogo diverso.
A settembre del 2007, la giovane ha raccontato di aver conosciuto Carta in stazione e di essere precipitata nella fogna della droga. Prima cominciando a fumarla, poi passando a eroina e cocaina. Lui, ha detto in aula, le avrebbe fatto la prima iniezione nella coscia (non ancora all’inguine), trascinandola così sulla strada della tossicodipendenza. Viaggi continui a Rogoredo, per acquistare droga dai pusher che la vendevano a cielo aperto, in strada e nei giardinetti. «Io mi sono sempre fatta le iniezioni nelle braccia e qualcuna mi è stata fatta da altri anche nel collo» ha detto rispondendo alle domande del pubblico ministero Emilio Pisante e dell’avvocato Ferroni. A dicembre, la ragazza si reca per l’ennesima volta a comprare stupefacenti a Milano. Con lei, ha continuato nel racconto, c’era Carta. Dopo l’acquisto, il buco. Carta, a Rogoredo, in un parcheggio, le fa l’iniezione all’inguine. Lei sento subito un bruciore strano e anche del dolore. Non ci fa caso. Zoppica per alcuni giorni. Il 13 dicembre va al Sert - è in terapia con il metadone - e si accorge di non riuscire più a muovere la gambe, di non riuscire a camminare. Il personale del Sert chiama un’ambulanza. Viene subito ricoverata in ospedale, «ma non dissi nulla di ciò che era accaduto».
La situazione precipita e i medici decidono di amputare la gamba sinistra. «Quando mi resi conto di aver perso la gamba per una stupidata - ha scandito con calma - feci il nome di Carta a mio padre, ai medici e anche alla polizia». E a denunciare il fatto alla polizia fu proprio il padre. Gli investigatori della Squadra mobile andarono in ospedale e mostrarono alla giovane alcune fotografie. Lei riconobbe Carta e altri ragazzi tossicodipendenti. In un primo tempo, Carta venne rinviato per tentato omicidio. Carta, nell’autunno 2010, venne condannato a sette anni, per i reati di lesioni come conseguenza di altro reato (2 anni) e spaccio (5 anni). La difesa presentò appello e i giudici di secondo grado assolsero Carta dal reato di spaccio, riqualificando l’altro reato in lesioni gravissime e restituendo gli atti alla procura. Il pm Pisante fece un nuovo capo di imputazione per lesioni gravissime che riportò Carta davanti ai giudici per un nuovo processo.