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Cronaca Borgonovo Val Tidone

False richieste di nulla osta di lavoro per regolarizzare immigrati, chiesto il giudizio per nove persone

L'indagine dei carabineri partita quando alcune imprese agricole della Valtidone hanno visto arrivare documenti che loro non avevano mai richiesto

False richieste di nulla osta per lavori stagionali in agricoltura o di emersione dal lavoro nero sono state scoperte dai carabinieri che da oltre un anno indagano su questo traffico di documenti. Al termine dell’inchiesta, la procura ha chiesto il rinvio a giudizio per 9 persone, tra italiani e stranieri, per favoreggiamento dell’immigrazione clandestina e sostituzione di persona. Circa 80 le posizioni sospette, per un totale di oltre 300 lavoratori, considerato che ogni richiesta conteneva i nomi di 4 o 5 persone. I presunti truffatori avevano avviato un business che avrebbe portato molti immigrati non in regola, per lo più nordafricani e indiani, a regolarizzarsi.

La complessa inchiesta è stata coordinata dal sostituto procuratore Emilio Pisante e svolta, con tenacia e tanta pazienza, dai carabinieri dell’Aliquota operativa del Nucleo radiomobile. Tutto è iniziato oltre un anno fa, quando alcuni imprenditori agricoli si sono visti arrivare le richieste di regolarizzazione per alcune persone. Il fatto è che quelle aziende agricole, tutte della Valtidone, non avevano mai chiesto alcun nulla osta. Avvertiti i carabinieri, è partita l’indagine.

Dopo una lunga ricerca e analisi di una gran mole di documenti - anche in questo caso la burocrazia si è messa in mezzo a complicare il lavoro - gli investigatori dell’Arma hanno acceso i riflettori su due persone. Un italiano residente nel Lodigiano e uno straniero residente nella nostra provincia, considerati i responsabili di questa macchinazione. Ma il giro sarebbe molto più vasto e all’opera ci sarebbe un’organizzazione che, a pagamento, regolarizzerebbe chi non ne ha diritto.

La procura, poi, ha accertato che alcune persone erano all’oscuro di tutto, mentre altri sarebbero stati a conoscenza di cosa ci fosse dietro le quinte e fossero quindi compiacenti.

Un’opera talmente ben fatta che in alcuni casi, l’ambasciata italiana all’estero aveva concesso il visto. All’inizio, per preparare le domande, qualcuno avrebbe inviato e-mail a nome delle imprese, spacciandosi per esse. Fino a quando, però, qualche imprenditore vedendosi chiedere chiarimenti dalla prefettura ha scoperto la truffa.

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