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Cronaca

Il vescovo: «Il Natale è la rivelazione piena dell’uomo, della sua grandezza e dignità»

Le omelie del vescovo di Piacenza monsignor Gianni Ambrosio in occasione delle celebrazioni del Natale

Pubblichiamo di seguito le due omelie che il vescovo di Piacenza, monsignor Gianni Ambrosio, ha pronunciato in occasione delle celebrazioni della Santa Messa di Natale.

Solennità del Natale del signore, S. Messa della notte

Letture (Is 9, 2-4.6-7; Tt 2, 11-14; Lc 2, 1-14

Carissimi fratelli, carissime sorelle

1. La luce, la gioia, la pace: è questa la grazia del mistero che stiamo celebrando in questa notte, è questo il dono che viene offerto alla nostra esistenza nel Natale di Gesù. “Il popolo che camminava nelle tenebre vide una grande luce”, annuncia il profeta Isaia. Anche sul nostro cammino vi sono le tenebre, spesso fitte. Il buio del mondo che è attorno a noi è intenso, ma è pure intenso dentro di noi, nella nostra esistenza spesso incredula, nelle nostre solitudini. La profezia di Isaia si compie nel dono del Bambino, il Figlio di Dio mandato dal Padre per illuminare il cielo oscuro della vicenda umana. È una luce che viene dall’alto e che brilla come una stella: “è apparsa la grazia di Dio”, afferma l’apostolo Paolo nella seconda lettura. Un’apparizione luminosa di Dio “che porta salvezza a tutti gli uomini”, perché Dio ci manifesta il suo amore nel “nostro grande Dio e salvatore Gesù Cristo”. Egli è la luce che ci avvolge con il suo bagliore e che entra nel cuore. È così per Maria e Giuseppe in quella notte a Betlemme, è così per i pastori. È così per tutti noi, perché il presepe più bello è quello vivente in cui tutti siamo coinvolti. La lieta notizia è per tutti gli uomini: Dio è il Dio-con-noi, l’Emmanuele. Dio si fa bambino per mostrarci il suo volto luminoso, per donarci il suo amore, per non lasciarci soli, per offrici la possibilità di conoscerlo e di amarlo, come figli. Con l’invocazione di san Colombano, rivolgiamoci al Bambino di Betlemme perché doni a tutti noi la sua luce per la nostra lucerna. 

2. Al popolo che “che camminava nelle tenebre”, il profeta Isaia annuncia la gioia: “Hai moltiplicato la gioia, hai aumentato la letizia (...) perché un bambino è nato per noi”.  La nascita di Gesù è gioia. Lo è la nascita di ogni bambino che inizia la sua vita. Ma quella nascita è il grande inizio, quella nascita dona la gioia interiore, serena e pacata, fatta di stupore e di silenzio. Questa è la gioia di Maria, chiamata da Dio per una straordinaria missione. Ma quel figlio che nasce dal suo grembo non trova posto: “lo pose in una mangiatoia, perché per loro non c’era posto nell’alloggio”, ci ricorda l’evangelista. Eppure la gioia è grande  e pervade il cuore di Maria, come anche il cuore dei pastori: “Non temete: ecco vi annuncio una grande gioia, che sarà di tutto il popolo”, dice l’angelo. È la gioia della buona notizia: “è nato per voi un salvatore, che è Cristo Signore”. A Betlemme Dio si è chinato su di noi e il cielo è venuto sulla terra, l’umanità si trova riconciliata con Dio, fedele al suo originario disegno di vita e di amore per tutte le sue creature. La nascita di quel Bambino riconcilia la nostra vita con Dio e ci dona la gioia di essere suoi figli amati e la grazia di vivere come figli.

3. Gesù Cristo è la nostra pace. Gli angeli lodavano Dio: “Gloria a Dio nel più altro dei cieli e sulla terra pace agli uomini, che egli ama”. Dio ama tutti gli uomini e a vuole donare la pace, ai lontani e ai vicini (cfr Ef 2,14.17), perché  Dio è lo splendore dell’amore. Lasciamoci trasformare da questo dono che ci è dato nel Signore Gesù, perché la pace abiti nel cuore, nelle nostre case e tra i popoli. Sappiamo che il vecchio Erode non riposa mai, anzi accresce la sua violenza assurda per manifestare la sua forza di distruzione, la sua pazzia,come la cronaca ci attesta. Ma vi sono anche piccoli Erodi di turno che generano conflitti, provocano lacerazioni e discordie in ogni ambiente. Abbiamo bisogno di questa pace che trasforma le spade in falci (cfr Is 2,4), che ci consente di diventare uomini che sanno vivere come fratelli, accogliendo Colui che si è curvato su di noi ed è diventato nostro fratello. 

4. Cari fratelli e sorelle, la nostra celebrazione non dimentica la realtà della notte, delle tenebre, del peccato, delle molte ferite, dei drammi di ogni tipo. Ma è avvenuta una nascita che ha cambiato la nostra realtà umana, la nostra condizione, e questa nascita che noi celebriamo, continua a effondere la sua grazia e la sua efficacia rinnovatrice. Il Bambino, che è nato a Betlemme, rinasce in questa notte santa e si offre a noi nella sua fragilità e nella sua povertà: quel Bambino è il Figlio di Dio, il salvatore di tutti coloro che “non hanno timore” di recarsi a Betlemme. Il nostro augurio diventa preghiera: preghiamo il Signore perché ci doni la capacità di incamminarci verso Betlemme. Nessuno, qualunque sia la sua situazione, si senta escluso dall’incontro con Lui, che è la nostra luce, la nostra gioia, la nostra pace. Buon Natale! Amen. 

Solennità del Natale del Signore, S. Messa del giorno

Letture (Is 52, 7-10; Eb 1, 1-6; Gv 1, 1-18)

1. Il vangelo di Giovanni non ci conduce a Betlemme per presentarci il Natale, come avviene nella Messa celebrata nella notte, in cui abbiamo ascoltato il racconto familiare della nascita di Gesù secondo l’evangelista Luca, con il Bambino attorniato da Maria e da Giuseppe, con gli angeli e i con pastori. Quel Bambino è l’Emmanuele, il Dio-con-noi, egli è luce, gioia e pace per tutti.

Ma anche il Prologo di Giovanni che abbiamo ascoltato parla dell’incarnazione: tutto l’inno converge verso questo mistero: “il Verbo si fece carne”.

Il vangelo di Giovanni ci introduce in questo mistero allargando totalmente l’orizzonte fino ad arrivare “al principio”, al pensiero di Dio, al suo cuore. Fin dal principio, il Verbo di Dio è al centro della creazione e della storia: “In principio era il Verbo (...). Tutto è stato fatto per mezzo di Lui (…)”.

La Parola eterna di Dio è vita e dà senso e bellezza a tutto ciò che esiste. Poi, nella pienezza del tempo, la Parola eterna di Dio pone la sua tenda in mezzo ai suoi, entra nel cuore dell’umanità, sposa la nostra condizione umana fragile e precaria. Il cielo si china sulla terra, il Logos di Dio e la carne dell’uomo non sono più distanti, ma uniti: la Parola eterna è entrata nell’umanità.

2. Ecco il Natale: “il Verbo si fece carne e venne ad abitare in mezzo a noi”. È l’evento centrale del progetto di amore di Dio. Il Logos diventa uomo. La nascita di quel Bambino, frutto del grembo di una donna piena di grazia e deposto in una mangiatoia a Betlemme, ci rivela Dio come Colui che viene incontro all’uomo per raggiungerlo lì dove si trova, nella sua ‘carne’, nella sua esistenza ormai segnata dalla morte. Dio si rivela e si dona come Colui che si avvicina all’uomo per prendersi cura di lui, fino a farsi carico del peccato e della morte. Nel dono di Gesù all’umanità, ogni uomo è chiamato a ‘vedere’ Dio che si rende accessibile a noi nella parola e nei gesti dell’Emmanuele.

Il Natale è la rivelazione piena di Dio e del suo amore ed è la rivelazione piena dell’uomo, della sua grandezza e dignità. Nel movimento discendente di Dio che si fa uomo, che si abbassa fino a terra, scorgiamo la sua passione per noi, la sua dedizione per noi, il suo desiderio di vita piena per noi. Leggiamo nel vangelo di Giovanni: “Dio ha tanto amato il mondo da donare il suo Figlio Unigenito, perché chiunque crede in lui non muoia ma abbia la vita eterna” (Gv 3, 16). Gesù stesso, sempre nel vangelo di Giovanni, proclama: “Sono venuto perché abbiano la vita e l’abbiano in abbondanza” (Gv 10, 10). Dio desidera che la nostra vita partecipi della sua stessa vita, della sua felicità, della sua beatitudine: quel Bambino, fragile e povero, si offre allo sguardo, alle mani, al cuore di ogni uomo perché ciascuno di noi possa ricevere la vita in abbondanza, la vita divina. 

3. “Venne fra i suoi, ma i suoi non l’hanno accolto”: l’evangelista Giovanni descrive in questo modo il dramma dell’umanità, che è già presente a Betlemme. Gesù nasce in una mangiatoia perché “nell’alloggio non c’era posto per loro”, dice il Vangelo di Luca. Nel profondo del cuore, l’uomo cerca Dio e desidera il suo amore, ma stenta ad aprire la porta per accoglierlo quando egli si manifesta come Dio vicino. “Non c‘era posto”: non c’è posto nel cuore, nella casa e nella società, perché l’uomo si chiude nella sua solitudine, nel suo piccolo orizzonte, nelle sue illusioni.

Cari fratelli e sorelle, il Natale ci invita ad accogliere e a credere il Verbo che si è fatto uomo. L’evangelista Giovanni afferma: “A quanti però lo hanno accolto ha dato potere di diventare figli di Dio, a quelli che credono nel suo nome (...) da Dio sono stati generati”.

Accogliamo il mistero del santo Natale aprendo la nostra porta e viviamo la grazia del Natale, che è luce, gioia e pace, credendo nel suo nome, perché Gesù è il salvatore. Fidiamoci di Lui, lasciando da parte ogni timore; con Lui, il Figlio del Padre, anche noi diventiamo figli di Dio. Gesù si è chinato e si china su di noi per farci partecipi della sua vita, per illuminare la nostra strada, per sostenerci con la sua grazia. Nelle vicende della storia, pur oscura, la nostra esistenza umana è sempre capace di accogliere in sé il mistero di Dio che si rivela e si dona. La nascita di Gesù è il germoglio di vita nuova per tutta l’umanità. Possa ogni cuore aprirsi a questa vita nuova, possa ogni terra diventare una terra buona, che accoglie e germoglia l’amore, la giustizia,la fraternità e la pace. Buon Natale a tutti. Amen.

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