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Coldiretti Giovani Impresa in prima linea per la pizza patrimonio dell'Unesco

Raccogliere le firme per riconoscere l’arte della pizza come patrimonio culturale e materiale dell’umanità da parte dell’Unesco, Coldiretti in prima linea ha già raccolto 12.500 firme. Nella serata del 25 gennaio si prosegue alla Bella Napoli in via Emilia Pavese 98

E’ in prima linea il gruppo di Coldiretti Giovani Impresa, l’associazione che riunisce i giovani imprenditori agricoli con età compresa tra i 18 e i 30 anni, per raccogliere le firme per riconoscere l’arte della pizza come patrimonio culturale e materiale dell’umanità da parte dell’Unesco. L’operazione con la quale Coldiretti ha già raccolto, nel corso degli ultimi mesi, oltre 12.500 firme a livello regionale di cui oltre 3.500 nella nostra provincia, si concluderà ufficialmente domenica 25 gennaio, dalle ore 19.00 di fronte alla Pizzeria Bella Napoli a Piacenza.

"Dopo i risultati raggiunti fino ad ora - afferma Alessandro Belli - segretario provinciale, abbiamo deciso di fare anche noi la nostra parte proseguendo in questa iniziativa lanciata da Coldiretti e promossa insieme alla Fondazione Univerde e all’associazione Pizzaiuoli Napoletani per l’iscrizione della pizza nella prestigiosa lista dell’Unesco".

"Il fine è importante, prosegue il segretario, e siamo lieti che l’iniziativa abbia riscosso l’interesse anche di alcuni esercizi commerciali, come la Bella Napoli appunto, che hanno dimostrato lungimiranza credendo nell’importanza di garantire l’origine italiana e locale degli ingredienti. Durante la serata allestiremo quindi il tavolo degli ingredienti, nazionali e locali: un modo per prendere coscienza della qualità unica della materia prima che la nostra agricoltura mette a disposizione di tutti noi".

“La petizione, aggiunge Andrea Minardi, delegato Giovani Impresa Piacenza, ci dà infatti l’opportunità di proteggere questo piatto della migliore tradizione mediterranea dalle subdole imitazioni ad opera delle agro piraterie alimentari che a livello internazionale rubano l’identità di questo prodotto. Purtroppo, questo rischio è diffuso anche in Italia, culla della dieta mediterranea, ma che sforna il 63% delle pizze ottenute da un mix di ingredienti provenienti da migliaia di chilometri di distanza senza alcuna indicazione per i consumatori.”

“Per una valorizzazione che possa davvero ritenersi tale, conclude il delegato, l’accento, come sostengono anche i migliori chef italiani,  va posto sulla qualità della materia prima, sull’origine dei prodotti e sull’unicità degli ingredienti. La pizza fatta con mozzarelle ottenute da semilavorati industriali, le cagliate provenienti dall'est Europa, o con il pomodoro cinese, condite con olio di oliva tunisino e spagnolo o addirittura olio di semi e farina francese, tedesca o ucraina che sostituisce quella ottenuta dal grano nazionale…non è pizza!".

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