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Polledri: «Dobbiamo guarire dall’Isis difendendo valori e sicurezza»

Riceviamo e pubblichiamo l’intervento del consigliere comunale del Carroccio Massimo Polledri

«Riflettendo sui fatti di Parigi e sulle drammatiche avvisaglie che li hanno preceduti - mi riferisco all’attentato al periodico satirico Charlie Hebdo, ma anche all’escalation di violenze in Medio Oriente - credo si debba affermare con forza che siamo nel bel mezzo di una stagione in cui il rapporto tra Occidente e stranieri di religione islamica debba essere riformulato. Come Lega Nord puntiamo innanzi tutto sul tema della sicurezza che non può più essere trascurata né per superficialità né per paura di essere tacciati di pregiudizio nei confronti dei musulmani che vivono nel nostro e nei Paesi europei. Se è vero che circa il 10% dei giovani francesi credenti nel Corano, giovani nati e cresciuti in Francia, non condannano gli eccidi di Parigi, è inutile continuare a cercare il problema altrove: il problema è qui, in casa nostra, ed è profondamente radicato nel tessuto sociale.

E neppure dovremmo esser tacciati di islamofobia se sviluppiamo atteggiamenti giustamente diffidenti. Alla comunità musulmana e ai sindaci chiediamo di unirsi per individuare quegli elementi di potenziale pericolo per tutta la società civile, perché gli estremismi siano giustamente perseguiti e condannati. L’Italia ha conosciuto il fenomeno del terrorismo negli Anni di Piombo e  il Pc ha reagito isolando le Brigate Rosse e compiendo atti di denuncia tra le sue file - non per questo è stato messo sotto accusa. Noi invece continuiamo a far finta di nulla. A Piacenza sappiamo che è transitato più volte un individuo di religione islamica, noto per essere stato espulso dal nostro Paese, ma nessuno è intervenuto. Stessa situazione per l’imam condannato a Cremona, che veniva spesso in città.

L’Isis e qualsiasi altra forma di estremismo islamico sono malattie autoimmuni dell’Occidente, stiamo cioè producendo da soli la nostra minaccia. L’abbiamo alimentata giorno dopo giorno respingendo la nostra identità cristiana cattolica, permettendo che la famiglia, cellula fondamentale della società, venisse alterata nei suoi presupposti. Abbiamo lasciato dilagare le logiche del profitto, mentre la sbornia tecnologica, che ci ha resi dimentichi di tutto quello che succede al di fuori del nostro mondo virtuale, ha fatto il resto.

Abbiamo abbandonato ciò che ci univa e rendeva quelli che siamo e ora assistiamo immobilizzati alle barbarie perpetrate dallo Stato islamico, e non siamo pronti a fare i conti con l’idea che si possa anche scegliere di morire per un ideale comune, per quanto spaventoso. Difendere la nostra identità per difendere la nostra sicurezza: questa sarà l’unica strada percorribile se vogliamo sperare di costruire una comunità dove funzionino regole di convivenza pacifica e rispettosa di tutti. Ma il compito non è solo nostro, tocca alla stessa comunità musulmana (alla manifestazione “Not in my name” non ha certo dato prova di grande partecipazione) immettere gli anticorpi capaci di sconfiggere il morbo che ci affligge tutti». 

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