rotate-mobile
Venerdì, 26 Aprile 2024
L'incontro

Il figlio di Andreotti: «Dieci anni dopo la gente ancora chiama per le raccomandazioni»

Stefano Andreotti, ospite di Forza Italia, ha raccontato un po’ del padre Giulio a dieci anni dalla morte: «Il momento più delicato fu il sequestro Moro, gli fecero male alcune accuse. Prima Repubblica un tempo demonizzata, ma c’era più benessere diffuso»

«Dopo una fase di demonizzazione della Prima Repubblica, termine che non piaceva a mio padre, forse negli ultimi tempi qualcosa sta cambiando. Ci si è accorti dopo trent’anni che il benessere era più diffuso, perché eravamo la quinta potenza economica del mondo, e alla guida del Paese non c'era questa impreparazione». Stefano Andreotti, figlio del “Divo Giulio”, il politico italiano che più di tutti è stato è stato presidente del Consiglio e ministro, ha raccontato della figura del padre, in un incontro a Piacenza, allo Spazio Rosso Tiziano, organizzato da Forza Italia, con il suo responsabile provinciale Gabriele Girometta e la consigliera regionale Valentina Castaldini.

Stefano Andreotti, dirigente dell’azienda “Siemens” in pensione, da qualche anno insieme alla sorella Serena sta dando voce ai diari del padre, che per tutta la vita annotava quotidianamente pensieri e riflessioni sulla vita privata e pubblica. «Sono 3500 faldoni di carte, un lavoro enorme sistemare tutto. È il più grande archivio privato italiano, aperto a tutti, consultabile presso l'istituto Sturzo». Dagli studi dei figli, sono stati pubblicati tre libri, presentati a Piacenza. Uno è dedicato alle lettere che il politico ha inviato alla moglie Livia nel corso dei decenni.

Andreotti padre com’era? Si parlava di politica a tavola? «A casa tornava poco. La sua vita - ha raccontato Stefano Andreotti all’uditorio presente a Spazio Rosso Tiziano - era il lavoro. Si alzava alle 4-4.30, facendo disperare mamma. Guardava carte e documenti. Usciva all’alba per andare a messa, perché per lui era importante comunicare tutti i giorni con Dio. Anche nei Paesi dove non c'era il cristianesimo chiedeva la presenza di un missionario che celebrasse messa. Sabato, riposo assoluto. Domenica riceveva la gente, l’elettorato. Però non vuol dire che non sia stato presente in famiglia. Non si parlava di politica da bambini, poi qualche occasione di confronto c’è stata quando siamo diventati ragazzi».

«Sulla famiglia - ha proseguito, incalzato dalle domande del giornalista Michele Rancati - era molto riservato. Mamma comandava a casa, gestiva lei tutto, era autoritaria, ci faceva studiare. Lui si interessava ma faceva il liberale, non dava divieti. Ci indicava cosa fosse sbagliato, stop. Il cognome “Andreotti” era pesante per noi, papà era almeno ministro in ogni Governo del Dopoguerra. Non volle che noi figli facessimo politica come lui. Avremmo potuto essere eletti, ma abbiamo preferito impegnarci nel lavoro. Non volevamo essere “figli di”. Curiosamente, a distanza di trent’anni dalla fine del suo potere, e a dieci dalla sua morte, ancora oggi mi chiedono “raccomandazioni”. Significa che l’Italia non è cambiata molto da allora».

Dovendo indicare il momento più delicato per la vita della famiglia Andreotti, per il figlio è il sequestro Moro. «È stato il periodo più difficile. Era il giorno del giuramento del suo Governo. Quello del compromesso storico, il governo della “non sfiducia”. Abbiamo vissuto 55 giorni di ansia assoluta. A mio padre fecero male le ricostruzioni storiche di dietrologia assoluta, siamo il Paese della dietrologia più spinta. Tutto il mondo politico di allora era per la fermezza, non si poteva trattare con chi ammazzava le persone come bestie. Si dice che la colpa fosse di mio padre e di Francesco Cossiga, allora ministro dell’interno. Invece quei giorni li ha vissuti molto male, ancora più dei processi per mafia gli ha fatto male l’accusa di aver congiurato contro Moro. Lo abbiamo visto piangere. Pensare che, per un attimo, la mattina del 6 maggio, quando gli dissero che l’avevano trovato, pensò che fosse stato ritrovato vivo».

In Evidenza

Potrebbe interessarti

Il figlio di Andreotti: «Dieci anni dopo la gente ancora chiama per le raccomandazioni»

IlPiacenza è in caricamento