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Martedì, 30 Aprile 2024
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Henry Kissinger, l'homo diplomaticus che diede del "tu" alle superpotenze

Conferenza del professore Maurizio Dossena organizzata dalla Società “Dante Alighieri” alla Famiglia Piasinteina

Alcuni mesi or sono moriva uno dei personaggi della scena internazionale più significativi nel Ventesimo secolo in campo  diplomatico-politico: Henry Kissinger, scomparso alla compiuta età di 100 anni, e la cui impronta di rilevanza e profondità è stata presente fino agli ultimi  mesi di vita.

Della sua figura e ruolo nella storia contemporanea, sia con riguardo agli Stati Uniti e sia nel mondo in generale, ha parlato dettagliatamente il professore Maurizio Dossena in una conferenza organizzata dalla Società “Dante Alighieri”, presso la “Famiglia Piasinteina”, richiamando quanto  Henry Kisinger sia stato l’ uomo “diplomaticus” che ha dato del “tu” alle superpotenze.

Nato nel 1923 in Baviera da famiglia borghese tedesca ebraica, costretta nel 1938, dalle leggi razziali naziste antisemite, a rifugiarsi dapprima a Londra, e indi negli Stati Uniti, Henry completerà a New York gli studi scolastici, quale brillante studente. Per proseguire lo studio dell’ “inglese” frequenterà scuole serali, ma lavorando di giorno come operaio in fabbriche varie. Seguirà anche corsi serali di ragioneria del City College, fino ad essere assunto  come impiegato in un ufficio postale. Consegue la cittadinanza americana dopo l’arruolamento nell’esercito degli Usa. nel 1943, e viene ingaggiato come traduttore di “tedesco” da un organismo di controspionaggio con il quale opera fino al 1946 nella Germania occupata.

Per le sue doti, riorganizza l’amministrazione di città occupate dagli americani; viene indi distaccato alla Scuola dei Servizi Segreti del Comando Europeo, dove poi non accetta, dopo la guerra, la cattedra di insegnante civile, nonostante il lauto stipendio offertogli: preferisce  tornare ad Harvard, e, laureatosi, consegue nel 1954 il dottorato di ricerca con una tesi su “Pace. legittimità ed equilibrio”, antesignana delle sue future concezioni e vita internazionale.

Professore di ruolo nel 1962 al “Centro per gli Affari Internazionali”, diresse in contemporanea  per vent’anni i seminari internazionali di studi  di Harvard, e svolse numerose consulenze per vari organismi del Governo federale. La conoscenza del noto miliardario Nelson Rockefeller, persona di alto prestigio e di notevole potere, repubblicano e collaboratore di Eisenhower (allora Presidente degli Stati Uniti) fu  l’occasione per entrare in politica. Dall’incontro nel 1955 nel corso di un seminario organizzato da Rockefeller a New York  con istituti di Cultura ed Organismi governativi su problemi di politica internazionale, si avviò una proficua collaborazione con la Presidenza stessa degli Stati Uniti, come consulente degli Affari Esteri, ruolo mantenuto anche con i successivi Presidenti J.Kennedy, Johnson, Nixon, e Ford.

Scrittore inoltre di successo con libri sulla strategia e politica di “pace”, Kissinger propose nuovi metodi per quel che ineriva agli armamenti nucleari, ciò anche alla luce sia di nuove potenze emergenti, e sia di nuove strategie militari che consentissero di “giostrare” diplomaticamente tra politica e guerra-non-guerreggiata. Da Johnson fu inviato nel Vietnam (1967), dove si rese conto di persona degli errori degli Stati Uniti nella lunga e logorante nota guerra, cessata poi nel 1973/75, e le cui trattative di pace furono condotte a Parigi proprio con l’assistenza di Kissinger. Frattanto era divenuto presidente degli U.S.A. Richard Nixon (1969), ma si vissero in quegli anni gravissime tragedie: già nel 1963, com’è noto, era stato assassinato J.Kennedy, ed ora (1968) nel giro di due mesi venivano uccisi Martin Luther King, e Robert Kennedy; i disordini razziali a loro volta accrescevano la grave situazione, e Nixon offrì a Kissinger la carica di Assistente del Presidente per la Sicurezza Nazionale.

L’azione diplomatica di Kissinger fu frenetica: Helsinki, Parigi, Pechino, Mosca, Washington, Medio Oriente, Hollywood, da vero pioniere della politica della distensione. Alcuni frutti si ebbero (compreso il “cessate il fuoco” della citata guerra vietnamita), e fra questi, una lunga trattativa tra Stati Uniti e Urssper l’allentamento della tensione, ed inoltre per una normalizzazione delle relazioni con la Repubblica Popolare Cinese, e della non-proliferazione nucleare. Nel 1973 gli fu assegnato il Premio Nobel per la Pace, insieme al vietnamita Le Duc Tho. Ma al rifiuto di quets’ultimo per il protrarsi del conflitto dopo il richiamato accordo di Parigi del 1973, Kissinger diplomaticamente scusandosi, non si presentò. Non tutto comunque filò sempre liscio per il Nostro: non si è mai ben saputo il ruolo o coinvolgimento degli Usa nel “golpe-Pinochet” in Cile nel 1973, quando con il regime autoritario persero la vita l’allora presidente Allende, ed oltre 3.000 cileni. Kissinger si dichiarò sempre del tutto estraneo agli eventi, pur ammettendo una propria parte di responsabilità in alcune precedenti attività di destabilizzazione. In ogni caso si adoperò sempre anche dopo, per la realizzazione di stadi di pace, negoziando la fine della guerra del Kippùr.

Fu assolutamente estraneo allo scandalo Watergate che costrinse Nixon a dimettersi, ma del quale Kissinger ebbe a dire che “Nixon sarebbe stato giudicato meglio dalla Storia che dai suoi contemporanei”. E con il successore Ford, appoggiò le forze politico-militari anticomuniste in Angola e Mozambico, a seguito della dissoluzione dell’impero coloniale portoghese,  e nel contempo ebbe un ruolo decisivo nella fine del regime  razzista bianco in Rhodesia, e nella sua sostituzione con un governo di maggioranza nera (Zimbawe). Un evento invece condannato (e non a torto) fu l’approvazione americana al presidente indonesiano Suharto, all’invasione del Timor Est (nel SudEst asiatico) con il pretesto di anticolonialismo, azione troppo devastante, durata ben 25 anni (1975-99), e causa di oltre 180.000 morti tra militari e civili. Generalmente comunque apprezzato dai vari Presidenti U.S.A., anche ove di parti avverse, Henry Kissinger, ritiratosi poi dalla politica ufficiale nel 1975/76, è rimasto sempre attivo per consulenze e mediazioni. E lo stesso Trump ha avuto da Kissinger qualche…“dritta”.

La  sua nomina nella Commissione di indagine sull’evento dell’11 Settembre 2002, criticata da avversari, determinò Kissinger, per evitare polemiche, a dimettersi. Ancor da centenario ha esortato a non abusare dell’ “Intelligenza artificiale”, strumento forse valido, ma ricco di rischi. In sostanza, il “precetto” di Henry Kissinger è stato: “Quello che mi interessa è ciò che si può fare con il potere”, come disse ad Oriana Fallaci in un intervista del 1972. Dettagliata la relazione di Maurizio Dossena, in una non facile sintesi dell’azione di una persona che lascia un segno indelebile.

Roberto Laurenzano 

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