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Nuovo ospedale, prendiamo atto della necessità di un cambio di rotta

Comolli: «Un polichirurgico unico, mastodontico è utile in primis al bilancio amministrativo, ma non è ideale per la sanità dei cittadini»

Dall’evento disastroso del Covid-19 dobbiamo per forza imparare qualcosa. Non può passare come una meteora e, se tutto ritorna a posto come speriamo, ci ha insegnato molte cose, almeno ci consiglia di riflettere su molti usi costumi stile che il mondo, occidentale e non, dovrà cambiare. Uno di questi è sicuramente la sanità. Il primo dato è che la sanità pubblica diffusa è un paracadute molto più forte e molto più utile della sanità solo a pagamento, per pochi e solo privata. Quindi bisogna dare forza economica alla sanità; quindi deve essere una voce del bilancio di uno Stato nazionale o federale anche in passivo, dove il bilancio amministrativo può essere in rosso.

Il modello sanità pubblica va supportato, ma rivisto e migliorato perché ci sono stati gravi errori, non solo nella comunicazione, decisioni incrociate, competenze, concessioni, impertinenze. Lo Stato e il ministero della salute (meglio se con alte competenze interne e concentrate in un umico dipartimento interno di esperti, scienziati, ricercatori) devono fare programmazione, pianificazione, preventivare, anticipare, studiare, controllare e seguire le strutture private, indicare soluzioni e strategie e fare acquisti nazionali di certi materiali di grande uso (p.e. siringhe) o specializzatissimi (p.e. macchine costosissime), avere riserve, coordinare almeno a livello di continente certe forniture, autoproduzioni.

Le Regioni devono avere la gestione, l’amministrazione, le competenze sanitarie e mediche, le garanzie di efficienza ed efficacia, lavorare per meriti, dirigenti di alto profilo, ottimi rapporti convenzionati con i privati, coordinare acquisti, misurare posti letto, personale e logistica. Per logistica intendo sia la dimensione territoriale creando macro-Regioni che acquisti condivisi, che costruzioni di nosocomi sempre più in linea con il bisogno sociale.  Ecco che la parte logistica, trasporti, viabilità, reparti, medicine, collegamenti, spazi interni ed esterni…diventano sempre più un fattore indispensabile di efficienza e efficacia soprattutto se dentro un solo binario “servizio alla persona e al malato” e non alle cose, alle funzioni, alla carriera. Quanto dicevamo già 4-5 anni fa è diventato oggi l’argomento base: costruire ospedali a misura di malato e malattia.  Emerge chiaro che un polichirurgico, unico, mastodontico, concentrato con migliaia di addetti e di malati assai diversi nell’accesso, diagnosi, patologie, cure, trattamento, clinica, durata non è la soluzione tecnica migliore, forse va bene per economie di scala costruttive e gestionali, ma non per la sanità dei cittadini.

Ecco allora la proposta di una soluzione a tre livelli, intesi anche in tre spazi diversi, in tre luoghi separati in base a funzioni e obiettivi. Lo scopo finale è la salute del malato, è il servizio alla persona che diventa centrale di tutte le scelte, sia di accesso alla struttura che di gestione interna di una struttura piuttosto che una altra. Per cui il/i pronto soccorso sono il punto di riferimento di un ampio quartiere cittadino o un aggregato sociale di servizi e assistenza, l’ospedale vero e proprio è “dedicato” a malanni specifici in modo che un danno non crei un altro danno e che un tipo di malattia non sia o di ostacolo o di contagio con una altra. Infine c’è un livello di assistenza socio-abilitativa-accompagnatoria che può essere svolta in un altro tipo di ambiente logistico come una casa della salute, un vecchio ospedale, oppure anche l’abitazione di famiglia se esiste un sistema efficiente di figure assistenziali a domicilio. Questo comporta non solo un cambio di impostazione costruttivo-edile, ma anche di figure infermieristiche e di supporto, di medici di base strettamente legati al domicilio del malato, di medici specializzati e dedicati esclusivamente e per specialistica alle attività interne all’ospedale o alla casa della Comolli-2salute o al pronto soccorso sempre più trasformato in un day-hospital per gli interventi anche giornalieri e veloci che non necessitano di degenza. Questa impostazione risponde anche ad un modello di accesso all’ospedale solo pe chi ne ha effettivamente bisogno su specifico certificato del medico di base o del medico specialistico: ci sarebbe anche un minore congestione al pronto soccorso oppure si verrebbero a creare dei pronto soccorso così attrezzati in spazi, letti e medici da poter essere degli ospedali di comunità o di quartiere, tanto condannati negli ultimi 20 anni dalla sanità italiana per costi eccessivi e per troppi primari. Problematiche del tutto superate, inutili e non inerenti con il servizio sanitario. 

Anche l’abitazione deve sempre più essere disegnata come un luogo dove poter vivere bene anche in condizioni precarie, dove certi spazi, certi strumenti diventano essenziali come assistenza domotica. Le case quindi come ambienti anche condizionati asettici in base alla vita del residente. Non più monolocali dice Fuskas, ma la vecchia casa ampia, dove la proprietà individuale passa in secondo piano, ma serve all’occorrenza della età, dello status, dei rapporti con altri e delle malattie annesse. Sono le case salute per anziani, meglio se in pieno centro città, che possono essere una soluzione per molti anziani soli: ripristino e ristrutturazione di vecchi immobili, rivitalizzazione del centro con abitanti reali, no spreco di terra per nuove case, no condomini di 10-20 piani con scale, giardini interni, spazi svago, ginnastica, postazioni tecnologiche, vasche idromassaggio. In questi ambienti anche la tele-medicina può trovare spazio e funzione, liberando molti medici di base o di famiglia verso altre azioni sanitarie. Quindi è il tipo di malato che costruisce il modello sanitario, non più il reparto di medicina che vincola il malato: è la medicina che va dal malato e non viceversa.  In questo modo anche la concentrazione di malati diversi con patologie diverse, magari antagonisti, neanche si vedono, non solo si sfiorano. Così anche il “presidio vicinale” diventa fondamentale, collegato al pronto soccorso di quartiere, ma anche alla casa in centro, oppure a quel nosocomio dedicato più alle diverse chirurgie interne, ortopedia o anche solo neonatale. In questo modo anche la “protezione” da malato a malato, fra medici e medici infermieri, diventa automatica, esiste da se già al momento in cui si costruisce “il modello” di sanità locale in una città. Certo che le strutture dovranno essere parametrate al numero di abitanti, all’area che si serve con attenzione anche ai trasporti pubblici, cercando di trovare soluzioni sempre più sicure fra contatto e contatto. La tecnologia interattiva, i dispositivi mobili, le video riprese diventeranno per i vari centri sanitari strumenti indispensabili, che non devono mai mancare come tutti gli strumenti protettivi.

Può esistere anche la soluzione di un unico centro polifunzionale se ci sono dimensioni e distanze, ma sempre con accessi e moduli separati e aggregabili solo all’occorrenza e in massima sicurezza. L’ospedale a fisarmonica in grado di cambiare struttura in base alla causa e all’obiettivo è un altro aspetto costruttivo e di arredo interno che va studiato e avviato come futuro molto prossimo. In tutto questo la burocrazia e l’istituzione pubblica tradizionale può essere solo un freno o un blocco alla innovazione e quindi causa di ritardi e di non efficienza. 

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