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La riscoperta del legno boschivo della Valnure passa anche dalla tavola

Il progetto “I legni della nostra valle” dell’Università Cattolica mira a ridare valore al patrimonio boschivo. Una serata conviviale a “La Fratta” di Pontedellolio dedicata all’affumicatura ha messo in luce la biodiversità

Ridare valore al patrimonio boschivo della Valnure, da utilizzare non solo per la legna da ardere. È l’obiettivo del progetto “Silvalor-Nure”, finanziato dal Psr della Regione Emilia-Romagna (misura 16.1), che vede l’Università Cattolica di Piacenza impegnata per una gestione più razionale di queste risorse, spesso eccessivamente frazionate e abbandonate al loro destino. Eppure nella fascia collinare e montana della Valnure i boschi hanno ancora una fortissima biodiversità: acero campestre, rovere, roverella, farnia, cerro, acacia, ciliegio selvatico, frassino, orniello, nocciolo, castagno, pioppo, carpino, olmo, sorbo ciavardello, noce, faggio, solo per citare i più presenti tra Pontedellolio, Bettola, Farini e Ferriere, i comuni dell’Unione Alta Valnure.

Da qui è nato “Fumo in valle”, lo studio che lo chef Corrado Cassoni (appassionato di cucina al barbecue e curioso sperimentatore di tecniche di affumicatura) ha condotto per capire quali legni della vallata si abbinano meglio alle varie pietanze. I legni sono stati forniti dalla “cooperativa di comunità Valnure” (realtà che si pone l’obiettivo di mettere in rete produttori e imprenditori della zona) e dalle aziende agricole “Cristiano Ballotta” e “Pachamama”.

Lo studio è stato così “sperimentato” nei giorni scorsi all’osteria-ristorante “La Fratta” di Pontedellolio, dove è andata in scena una cena speciale, che ha riscosso un ottimo successo di pubblico e di critica. Quattro le portate pensate dallo chef Cassoni: “petto d’oca al fumo di Ciavardello”, “riso con salsiccia affumicata al faggio e tartufo nero estivo”, “tomino su disco di ciliegio selvatico” e “gelato al cioccolato fondente”. Insieme alle portate anche quattro vini del territorio: “Il pigro Brut 2019” di Cantine Romagnoli, il “gutturnio superiore Colombaia”  di Baraccone, il “gutturnio riserva Farosa” di Marengoni e infine un Negroni con “carpino fumè”.

L’affumicatura ha davvero fatto sentire il legno in tavola. «L’obiettivo – ha spiegato lo chef Cassoni – era quello di portare la biodiversità nel piatto». I commensali hanno vissuto la serata quasi come un gioco, annusando le pietanze prima di assaggiarle, mentre lo chef, in un angolo, ha spiegato passo dopo passo il suo impegno per la riuscita dei piatti. «Con il progetto – ha aggiunto il professor Gabriele Canali della Cattolica, coordinatore scientifico – abbiamo anche svolto un censimento boschivo della zona, per capire la possibile valorizzazione delle foreste. Si tratta di un modello di sviluppo particolare che può decollare». Gli studi continueranno fino alla fine del 2022. Un recupero alternativo del patrimonio boschivo potrebbe creare economia nella vallata e qualche posto di lavoro, magari anche a favore dei soggetti più svantaggiati. E i legni della Valnure, così diversi tra loro, possono tornare utili per l’affumicatura di prelibate pietanze. Sempre meglio che lasciarli all’incuria e all’abbandono.

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