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Venerdì, 26 Aprile 2024
Piacenza, una storia per volta

Piacenza, una storia per volta

A cura di Giuseppe Romagnoli

Il cinema a Piacenza negli anni ‘60 e ’70: la testimonianza di un proiezionista

Il popolo che affollava i cinema piacentini: ci andavano proprio tutti, dai bambini agli adulti, quando avevano tempo libero a disposizione. Il cinema non aveva concorrenza

I cinema non conoscevano concorrenza se non tra di loro: non c’erano DVD, videocassette, Internet coi suoi Torrent e i film in streaming, per cui un film “bello” poteva restare in programmazione anche per mesi e addirittura, quando di grande richiamo, i gestori si organizzavano per proiezioni ad orari sfalcati: in un cinema proiettava il primo tempo, mentre l’altro il secondo e poi si scambiavano le bobine tramite un operatore che continuava a fare la spola in bicicletta tra un cinema e l’altro. Ricordo, tra i film che rimasero in programmazione per molto tempo, “Anonimo Veneziano”, al Politeama per più di due, forse tre, mesi.

Nelle sale di allora si poteva fumare. La cosa non dava problemi se la gente in sala era poca, cosa che non succedeva quasi mai, ma che rendeva l’aria quasi irrespirabile nel momento in cui i posti erano al completo: quando il proiezionista non riusciva a vedere bene lo schermo, attaccava gli aspiratori e nel giro di una ventina di minuti i gas venefici sprigionati dalle sigarette sparivano. Enorme la fatica delle donne delle pulizie che, al mattino, pulivano i pavimenti e cercavano disperatamente di deodorare gli ambienti.

Il giorno in cui il centro di Piacenza pullulava di bambini era la domenica: non avendo niente da fare, i bambini andavano al cinema e, se i ricchi si recavano a vedere i film appena usciti all’Iris o al Corso, quelli poveri o di ceto medio andavano soprattutto al San Vincenzo o al Sant’Antonino: costavano poco, erano vicini tra loro non più di 250 metri e soprattutto c’era la vecchina che vendeva le giuggiole a metà strada che, a fine giornata, probabilmente riusciva a realizzare un guadagno che le consentiva di vivere per tutta la settimana. Il Sant’Antonino era gestito da un certo “professor Rossi”, insegnante di ginnastica non so dove, che d’estate programmava film al Taverna, mentre il San Vincenzo era il cinema annesso all’omonimo collegio dei Fratelli delle Scuole Cristiane.

Ho scritto dei cinema in città, ma non di quelli di provincia. La realtà sociale di fondo di un capoluogo non era molto diversa da quella di un paese, caratterizzate da mentalità e professioni diverse: anche lì il problema di come far passare il tempo era sentito. E ogni centro, anche se piccolo, aveva il suo cinema, funzionante tutte le sere di tutti i giorni della settimana e, se si trattava di un paese di medie dimensioni, poteva avere anche due cinema oltre a quello parrocchiale. Per avere un’idea della mole dei film che circolavano tra la fine degli anni ’60 e i primi anni ’70 in Piacenza e provincia, basti pensare che i corrieri che portavano i film, i fratelli Oreste e Franco Curatti che avevano casa e deposito in via Coglialegna, facevano la spola tra Piacenza e Bologna tutti i martedì e i venerdì con un camion rimorchio. A volte non riuscivano a caricare tutto e allora il trasporto avveniva anche con il treno. Col passare degli anni, usarono il solo camion e poi, cessata l’attività, vennero altri corrieri che utilizzavano un furgone Fiat Ducato, per poi finire con un’autovettura tipo Volvo familiare, nei primi anni 2000.

 
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