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Salute e medicina on line

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A cura di dottoressa Rosanna Cesena

Malattie neurologiche e cambiamento climatico-inquinamento

L’evidenza emerge da una review degli studi condotta dalla Cleveland Clinic in Ohio, pubblicata sulla rivista Neurology

Cambiamento climatico, inquinamento ambientale e incremento delle malattie neurologiche hanno una relazione di causalità per l’incidenza e le manifestazioni.

L’evidenza emerge da una revisione di 364 studi di rilievo, su: cambiamento climatico, inquinanti ambientali, eventi atmosferici estremi e malattie neurologiche, realizzati tra il 1990 ed il 2022, solo su soggetti adulti, condotta dalla Cleveland Clinic in Ohio e pubblicata il 16 novembre scorso sulla rivista Neurology, organo ufficiale dell’American Academy.

Le persone che soffrono di patologie neurologiche come: cefalea, demenza, sclerosi multipla e Parkinson possono andare incontro ad un peggioramento dei sintomi a causa dei cambiamenti climatici e per la stessa ragione, anche gli ictus cerebrali, potrebbero diventare più frequenti. Per quanto la Comunità scientifica internazionale si sforzi per contenere sotto 1,5 gradi C° l’aumento globale della temperatura entro il 2100 – ha commentato il professor Andrew Dhawan, ricercatore della Cleveland Clinic, Ohio, USA – purtroppo, si sono ormai instaurati dei cambiamenti ambientali irreversibili, destinati a peggiorare con l’aumento del riscaldamento del pianeta. La revisione della Cleveland Clinic, dimostra che gli eventi atmosferici estremi e le fluttuazioni delle temperature risultano associati ad una aumentata incidenza e gravità di ictus, emicranie, ricoveri per pazienti con demenza e peggioramento della sclerosi multipla.

I cambiamenti climatici, inoltre, hanno esteso l’area geografica favorevole per la comparsa di patologie, quali: il West Nile Virus, la meningite meningococcica e l’encefalite da zecche. L’esposizione a inquinanti atmosferici, in particolare nitrati e polveri sottili (PM 2,5) risulta associata ad una aumentata incidenza e gravità di ictus, cefalee, demenze, Parkinson e peggioramento della sclerosi multipla. Molti dei rischi che comportano questi cambiamenti climatici non sono ancora del tutto studiati – ha precisato Dhawan - e servono ricerche per comprendere come ridurre la trasmissione delle malattie neuro-infettive emergenti, l’impatto dell’inquinamento dell’aria sul sistema nervoso e come migliorare l’accesso alle terapie neurologiche, in previsione dei peggioramenti legati ai cambiamenti climatici.

L’analisi delle ricerche ha evidenziato una relazione tra variabilità delle temperature e peggioramento dei sintomi di malattie neurologiche, riscaldamento globale e infezioni trasmesse da zanzare e inquinanti ambientali e tassi di gravità di malattie cerebrovascolari.   

Meccanismi di ingresso dei contaminanti nel cervello  

L’inquinamento atmosferico si riferisce ad una vasta gamma di gas, liquidi o solidi sospesi nella atmosfera. Oltre ad avere effetti dannosi sui sistemi respiratorio e cardiovascolare, i contaminanti sono ora implicati in danni al cervello.

Respirati attraverso il naso, possono entrare in contatto diretto con il bulbo olfattivo, una struttura neurale nel cervello anteriore dei vertebrati.

Alcune ricerche sull’uomo suggeriscono che il particolato fine più piccolo (inferiore a 2,5 micrometri) può raggiungere la corteccia olfattiva e altre regioni del cervello, attraverso questa via. La maggior parte dei gas può facilmente attraversare l’epitelio nei polmoni per penetrare nel flusso sanguigno e alcuni studi sull’uomo suggeriscono che il particolato fine può fare lo stesso.  I contaminanti circolanti possono logorare la barriera ematoencefalica e/o attraversarla per interagire con il tessuto neurale.

In particolare, è stato dimostrato che l’esposizione prolungata al particolato atmosferico PM 2,5 aumenta la probabilità di ricovero per malattia di Alzheimer e malattia di Parkinson, in modo lineare rispetto ai livelli di concentrazione di PM 2,5, anche quando questi sono bassi. L’esposizione ad insetticidi, pesticidi, solventi, metalli pesanti come: arsenico, cadmio, mercurio, manganese e piombo ed il traffico urbano sono stati chiamati in causa come fattori di rischio per la malattia di Parkinson. Secondo un recente studio danese, il rischio assoluto di sviluppare schizofrenia è maggiore per soggetti esposti dalla nascita all’età di 10 anni a concentrazioni medie quotidiane di NO2 (diossido di azoto) superiori a 26.5 µg/m³.

I meccanismi attraverso i quali l’inquinamento induce le patologie neurologiche non sono noti, ma studi recenti suggeriscono che l’infiammazione e lo stress ossidativo svolgono un ruolo cruciale nel danneggiamento del sistema nervoso centrale, in particolare, attraverso l’attivazione della microglia e modificazioni della barriera ematoencefalica e l’inquinamento può essere considerato come la più importante fonte ambientale di infiammazione e stress ossidativo. Inoltre, studi in vitro e nell’animale da esperimento indicano come inquinanti urbani inducono a livello cerebrale accumulo della proteina beta amiloide, componente delle placche senili tipiche della malattia di Alzheimer, sia della proteina alfa-sinucleina, componente dei corpi di Lewy, la lesione cerebrale tipica della malattia di Parkinson.

In particolare, il danno vascolare, la neuro-infiammazione e la neuro degenerazione indotte dall’inquinamento si verificano attraverso 4 meccanismi principali: infiammazione sistemica con attivazione delle citochine; azione del particolato atmosferico che induce un danno neurotossico diretto o indiretto, attivando un processo di neuro infiammazione; azione di composti assorbiti attraverso aria inquinata, per cui inquinanti dispersi nel pulviscolo atmosferico facilitano l’assorbimento di sostanze neurotossiche, come il manganese, presente negli scarichi delle auto; eccessi di ozono che favorisce lo stress ossidativo e di conseguenza neuro-infiammazione, perossidazione dei lipidi nell’encefalo, danno neuronale, disturbi cognitivi e motori.

Le sostanze inquinanti che penetrano nell’intestino, nell’aria ingerita, possono essere assorbite dalla parete intestinale e nel flusso sanguigno dove possono viaggiare fino al cervello. Recenti ricerche mostrano che una alta espressione dell’inquinamento  atmosferico è associata a microbiomi intestinali alterati nell’uomo, mentre la ricerca sui topi mostra che il particolato malato può modificare la composizione del microbioma in poche settimane.

I cambiamenti del microbioma sono stati recentemente collegati alla funzione cognitiva, suggerendo che l’inquinamento atmosferico potrebbe agire sul cervello anche attraverso questo percorso indiretto.

                                   

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