rotate-mobile
Martedì, 19 Marzo 2024
Cronaca Castelvetro Piacentino / Via Roma

Delitto di Castelvetro: a giudizio il marito che strangolò la moglie

Omicidio volontario aggravato, udienza dal gip. La madre e un fratello della vittima si costituiscono parte civile. La difesa chiede il rito abbreviato e chiede di sentire due testimoni per il delitto avvenuto un anno fa a Castelvetro

E’ stato rinviato a giudizio con l’accusa di omicidio volontario aggravato Gianpietro Gilberti, 53enne, l’uomo che il 26 settembre dello scorso anno ammazzò, soffocandola, la moglie Cinzia Agnoletti, 51 anni, nella loro abitazione a Castelvetro. Questa mattina, 20 agosto, si è svolta l’udienza preliminare davanti al giudice Giuseppe Bersani e al pm Antonio Colonna.

Il difensore di Gilberti, l’avvocato Luigi Ruggeri, ha chiesto il rito abbreviato condizionandolo all’ascolto di due testimoni: un figlio della coppia e un medico. I parenti di Agnoletti, invece, si sono costituiti parte civile con l’avvocato Sara Palmisano, del Foro di Forlì (Agnoletti era originaria della città romagnola). A costituirsi sono stati la madre della donna uccisa, Gabriella Albini e un fratello della vittima, Paolo Agnoletti. All’udienza era presente anche il presunto omicida, attualmente detenuto nel carcere delle Novate. Palmisano, oltre alla costituzione di parte civile, ha anche depositato un verbale di investigazioni difensive. Il giudice ha fissato due udienze, entro le quali si dovrebbe arrivare alla sentenza: il 15 ottobre e il 10 novembre.

«Il mio cliente è tranquillo - ha affermato Ruggeri - ed è una persona mite. In carcere non crea alcun problema ed è un accanito lettore». Una situazione che si è creata, con probabilità, dopo l’omicidio frutto di diverse variabili come una forte depressione, la perdita del lavoro, i problemi economici e il difficile rapporto con la moglie. Un mix che ha fatto esplodere una violenza inaudita condensata in un raptus.

Secondo la ricostruzione dei carabinieri di Fiorenzuola e del Nucleo investigativo di Piacenza, Gilberti si accanì con furia sulla donna, che aveva bevuto e non era in condizione di difendersi (da qui l’aggravante della minorata difesa): prima tramortendola con pugni e calci, poi stringendole le mani attorno al collo, legandole al collo il laccio di una tapparella, premendole un cuscino sul volto e infine chiudendole il capo in un sacchetto di plastica. Subito dopo Gilberti aveva anche tentato di togliersi la vita con o stesso sacchetto di plastica, ma non c’era riuscito. Un comportamento al limite, dove la perdita di controllo era stata totale. E per questo la difesa aveva anche chiesto una perizia psichiatrica al gip, nei mesi scorsi, ma il giudice l’aveva respinta.

Una violenza che i parenti di Agnoletti - presenti in aula e con un atteggiamento composto e dignitoso - si attendono venga ora punita con una condanna. La procura della Repubblica di Piacenza, che ha coordinato le indagini dei carabinieri  aveva spiegato che il delitto era maturato in un ambito famigliare «compromesso nei rapporti e profondamente logorato»: la coppia viveva insieme da 25 anni, ma lui era disoccupato da tanto tempo e lei, che spesso si appoggiava all’alcol, aiutava la famiglia con un lavoro precario come lavapiatti. Il tutto inserito in una relazione sentimentale ormai agli sgoccioli, in un equilibrio psicologico costantemente in bilico, e in un contesto abitativo degradato dalla povertà e dall'incuria. Molte le liti tra i due, udite spesso dai vicini che erano a conoscenza della situazione. La sera del delitto fu un episodio banale a scatenare la violenza mortale: una porta sbattuta e che non si riapriva più perché era caduta la maniglia.

Si parla di

In Evidenza

Potrebbe interessarti

Delitto di Castelvetro: a giudizio il marito che strangolò la moglie

IlPiacenza è in caricamento