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Martedì, 30 Aprile 2024
In tribunale

Fatta spogliare davanti all'amico per umiliarla: «Sei grassa», 50enne condannato a tre anni per maltrattamenti

I due hanno alcuni problemi mentali e si erano conosciuti in una comunità, poi le botte e le umiliazioni subite dalla donna durante la relazione durata un anno circa

E’ stato condannato a 3 anni e 5 giorni di reclusione un 50enne accusato di maltrattamenti e stalking nei confronti della sua ex compagna, una ragazza poco più che ventenne. L’uomo attualmente si trova alle Novate ed era difeso dall’vvocato Giovanna Fanelli, mentre la giovane era parte civile con l’avvocato Monica Giuppi. E’ stato anche condannato a risarcire la vittima con una provvisionale di 8mila euro. I fatti risalgono al 2021 quando i due si conoscono in comunità. Lei è affetta da un grave deficit cognitivo mentre lui ha un disturbo di personalità di tipo paranoide. Una storia  - è emerso – da subito problematica che ha visto un’escalation di violenze. La responsabilità penale dell’imputato è stata ritenuta provata dal pm Sara Macchetta che nella sua requisitoria ha chiesto 4 anni di pena e ha ripercorso la storia tra i due: «Le sofferenze morali e fisiche dei maltrattamenti hanno trovato conferma sia nella sua testimonianza sia negli elementi raccolti dalle forze dell’ordine e risulta credibile in ogni aspetto». Da quanto emerso l’uomo da subito ha operato un’opera di manipolazione mirata all’isolamento e alla denigrazione spingendola ad uscire dalla comunità per avere un controllo sulla sua vita. E poi ci sono le lesioni fisiche dovute a calci e lanci di bottiglie in faccia. «Per contro la sua fame d’amore che la rende fragile – ha spiegato Giuppi – l’ha porta a credere a quell’uomo che la umiliava e che la denigrava. In due occasioni l’ha fatta uscire dalla comunità per convivere, ma dopo pochi giorni la situazione degenerava. Botte, insulti (sei grassa, non vali niente, etc), in un caso l’avrebbe fatta spogliare davanti ad un amico allo scopo di deriderla, in un’altra occasione le ha gettato i suoi effetti personali in un bidone. Le ha cancellato tutti i contatti sulla rubrica del telefono così da isolarla completamente, in un altro momento avrebbe voluto farla sposare con un uomo anziano a scopo economico. La ragazza ogni volta che veniva soccorsa o si allontanava da lui era preoccupata che lui non la vedesse tornare e che si potesse arrabbiare, era spaventata e sotto choc». Circa l’accusa di procurato allarme: in un’occasione l’uomo avrebbe chiamato il 113 dicendo che la sua ragazza era morta e che l’aveva uccisa la madre, all’arrivo della polizia (in prima battuta aveva dato un indirizzo sbagliato apposta) però la giovane era viva in stato confusionale. «La sua condizione mentale fa venire meno la consapevolezza della natura persecutoria e maltrattante della sua condotta. E’ una persona che non è in grado di potersi relazionare e comprendere quello che fa perché vede il mondo in maniera alterata e non ha una percezione della realtà corretta. Quanto sostenuto dall’accusa ha spiegato la difesa - è l’elemento oggettivo, ma quello soggettivo invece non trovo ci sia e pertanto chiedo l’assoluzione».

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