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Cronaca

Festival del Diritto, Rosina: "Smettiamo di lasciare in panchina i giovani"

Rosina, professore dell'Università Cattolica di Milano: "Complessivamente i giovani italiani non sono né bamboccioni né schizzinosi. L'80% dei ragazzi è disponibile a fare un lavoro manuale per esempio. Hanno voglia di mettersi in gioco, di costruire un futuro"

Nella mattinata di sabato 26 settembre si è tenuta una conferenza nell'ambito del Festival del Diritto: "Il futuro dei giovani tra tradimenti e promesse. A proposito del rapporto giovani dell'istituto tecnico Toniolo". All'evento sono intervenuti Pierpaolo Triani, professore associato di Scienze della formazione dell'università Cattolica e Alessandro Rosina, professore ordinario di Demografia e statica sociale nella facoltà di Economia dell'università Cattolica di Milano.  
"Quello che manca in Italia - spiega Alessandro Rosina - è parlare di giovani, fare politiche per loro e soprattutto coinvolgerli, sentire le loro opinioni e i loro desideri perché non si è giovani allo stesso modo in tutte le epoche storiche. La nuova generazione deve inventarsi il suo futuro. I ragazzi possono decidere se essere protagonisti di questo tempo o se subire le contingenze. Ovviamente ci sono tanti fattori di cui tenere conto: le condizioni storiche per esempio. Siamo in una fase in cui ci sono evidenti difficoltà: dalla crisi economica alla poca sicurezza sul futuro. Si dice spesso che questa è una generazione senza futuro ma non è vero: il futuro prima o poi arriva, dobbiamo parlare della qualità del futuro piuttosto". 
"I giovani di questo periodo - continua Rosina - hanno due scelte: o rinunciare ad una buona condizione futura oppure andare all'estero proprio perché non vogliono rinunciare al futuro: il 60% dei giovani afferma di voler andare all'estero. Il Italia il ragazzo che va a vivere da solo ha circa 28 anni, in tanti altri paesi europei ne ha soltanto 22. Certamente questo fattore è dovuto anche al fatto che negli altri paesi ci sono aiuti anche a livello di politiche a favore dei giovani. Tuttavia dobbiamo darci da fare per eliminare questi ritardi che sembrano irrilevanti ma in realtà non è così: il nostro è il paese con la più alta percentuale di neet, i ragazzi che non studiano né lavorano". 
"In Italia - afferma il professore - siamo abituati a pensare che i giovani siano quella parte della società immatura: in questo modo pensiamo che essi non siano pronti e quindi li lasciamo in panchina. Questo è un grosso errore, bisognerebbe metterli in campo, in attacco. Siamo il paese europeo con la percentuale più bassa di giovani nella popolazione. Se consideriamo questa categoria come qualcosa su cui investire, prendiamo atto che ne abbiamo meno rispetto agli altri. Il nostro Pese dovrebbe compensare la misura quantitativa con quella qualitativa: in realtà non succede così, finora non si è investito sui giovani". 

"Complessivamente i giovani italiani - conclude Rosina - non sono né bamboccioni né schizzinosi. L'80% dei ragazzi è disponibile a fare un lavoro manuale per esempio. Hanno voglia di mettersi in gioco, di costruire un futuro. Ma attenzione, se non si dà loro la possibilità di farlo, si rischia di fare un grave danno. Bisogna incoraggiarli, dare loro stimoli, far spiccare loro il volo". 

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