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Cronaca

Gragnano, domenica si apre il processo di beatificazione di don Beotti

Il 21 novembre prossimo a Gragnano Trebbiense si terrà la solenne apertura del processo di beatificazione di don Giuseppe Beotti. Venne fucilato nel 1944 dai nazisti. Morì con il breviario in mano

Il 21 novembre prossimo, domenica, alle ore 16, nella chiesa parrocchiale di San Michele Arcangelo di Gragnano Trebbiense, si terrà la solenne apertura del processo di beatificazione e canonizzazione dei servo di Dio don Giuseppe Beotti. Presiede il vescovo mons. Gianni Ambrosio. Già una precedente commissione, nominata dal vescovo l’8 febbraio 2002 (promotrice la parrocchia di Gragnano), ha provveduto a raccogliere le testimonianze sul sacerdote; vi è stata poi la concessione del nulla osta della Santa sede per procedere con la causa ed ora il vescovo ha provveduto a nominare i componenti del tribunale.

LA VITA - Don Giuseppe Beotti nasce il 26 agosto 1912, quarto dei sei figli di Emilio Beotti e Ernesta Mori. Ammesso al Collegio Alberoni, il 2 aprile 1938 riceve l’ordinazione sacerdotale e celebra la prima messa a Gragnano la Domenica in Albis. Inviato a Borgonovo, vi trascorre 15 mesi, intensi a livello umano e pastorale.Viene trasferito a Sidolo di Bardi (Parma). Nel periodo della guerra si distingue per la sua indefessa carità verso partigiani, ebrei, soldati feriti. Il 20 luglio 1944 viene ucciso insieme a un chierico, Italo Subacchi, e a un sacerdote, Francesco Delnevo, che avevano trovato riparo presso di lui. Nel 1945 la salma viene traslata nel cimitero di Gragnano, dove ancora riposa. La memoria di don Beotti è rimasta viva. Nel luglio 1977 sul monte Penna gli fu assegnata la medaglia d’oro per l’opera caritativa svolta durante la guerra. Gragnano, Borgonovo e Piacenza gli hanno dedicato una via. La diocesi di Piacenza-Bobbio ha aperto il processo di beatificazione nel 2002.

LA MORTE PER MANO TEDESCA - Il rastrellamento operato dai tedeschi nel Luglio 1944 fu terrificante. La gente terrorizzata fuggiva mentre i paesi venivano saccheggiati e incendiati. A Sidolo i tedeschi arrivarono tra il 19 e il 20 Luglio. In preda al panico molti fuggirono. Don Giuseppe, no. Quella notte di vigilia, fu davvero una notte di Passione. I tre religiosi la trascorsero in preghiera, come Gesù nell'orto degli ulivi. Terminata la recita del rosario, don Giuseppe chiese alla sorella di preparargli della biancheria pulita, perché nel caso l'avessero ucciso, non voleva esser toccato. Il mattino, nel giro di poco tempo, Sidolo venne invasa dai tedeschi, che si precipitarono da don Giuseppe annunciando lapidari: "Uccideremo tutti i pastori". Lo presero, insieme a don Delnevo e al seminarista. Furono allineati al muro di sostegno della strada. Da casa, la sorella Savina osservava disperata quanto stava accadendo. A un certo punto, i tre religiosi si scambiarono l'assoluzione e si diedero un ultimo abbraccio. Partì una raffica di mitra. Erano le 16.15 del 20 luglio 1944. Don Giuseppe aveva nella mano sinistra il breviario e la destra alla fronte, nell'atto di farsi il segno della croce. Morì subito, colpito alla tempia.

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