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Cronaca

«Quel giorno nessun poliziotto della Penitenziaria picchiò Assarag»

Seconda udienza del processo che vede imputati per lesioni aggravate due graduati della polizia penitenziaria di Piacenza nei confronti del detenuto Rachid Assarag. L'episodio risale al 16 maggio 2016

«Nessuno ha picchiato Assarag. Il detenuto è ststo solo spostato». Sono concordi le versioni delle tre guardie della polizia penitenziaria che hanno deposto in aula nella giornata del 22 marzo come testimoni dell’accusa nella seconda udienza del processo che vede imputati per lesioni aggravate due graduati della polizia penitenziaria nei confronti del detenuto Rachid Assarag, Mauro Cardarelli e Giovanni Marro. I due poliziotti (ex comandante del corpo e ispettore superiore) erano in aula e sono difesi, rispettivamente, dagli avvocati Fabio Maria Giarda (foro di Milano) e Vittorio Antonini (l’altro legale è Mauro Pontini). Il marocchino Rachid Assarag (per ora in Marocco) si è costituito parte civile con il legale Bernardo Gentile (che ha sostituito il collega Fabio Anselmo, foro di Ferrara). I tre erano in servizio quel giorno e hanno riferito davanti al pm Monica Bubba e al giudice Camilla Milani, di quanto hanno visto accadere nella mattinata del giorno in questione e che ha portato al processo.

Assarag nel maggio 2016 (alle Novate scontava una condanna per stupro) aveva denunciato di aver subìto violenza da parte del personale della casa circondariale piacentina. Partì l’inchiesta e il sostituto procuratore Emilio Pisante, indagò per lesioni aggravate tre agenti della penitenziaria intervenuti dopo l’ennesima protesta del detenuto che si era barricato in cella. Nel 2017 però Pisante chiese l’archiviazione per tutti e tre, ma l’avvocato Anselmo si oppose e il fascicolo finì al gip Luca Milani il quale rigettò due delle tre richieste del pm ordinando l’imputazione. Di lì quindi il processo.  Nella prima udienza erano stati ascoltati due agenti e la moglie del marocchino, EmVittorio Antonini Mauro Pontini-2anuela D'Arcangeli. Due le posizioni che si contrappongono davanti al giudice Camilla Milani: la parte offesa che sostiene di essere stata picchiata e invece la difesa che nega le percosse e le violenze, in mezzo c’è il video delle telecamere di sorveglianza del reparto di isolamento e che riprendono però solo il corridoio. Nel processo si tratta di due episodi distinti avvenuti il 16 maggio 2016: una nella mattina, uno nel pomeriggio. Durante l’udienza del 22 marzo si è parlato dell’episodio della doccia nelle prime ore del 16 maggio, in quella scorsa di quanto accaduto nel pomeriggio.

La moglie dell'uomo che lo aveva incontrato due giorni dopo il presunto pestaggio aveva raccontato una versione opposta quando presentò denuncia ai carabinieri: suo marito era stato picchiato sia la mattina sia al pomeriggio.

«Nella mattinata - hanno raccontato i poliziotti che hanno risposto alle domande - Rachid Assarag voleva fare la doccia ma pretendeva di non andare da solo (come invece è previsto in quella sezione) e di essere accompagnato da un detenuto amico o da un’infermiera ma non voleva assolutamente l’aiuto che qualcuno di noi gli aveva offerto: “Non mi appoggio alle vostre divise blu, mi fate schifo”, ha detto. A quel punto gli abbiamo offerto una seconda stampella ma lui non voleva usarla e si è seduto su uno sgabello sulla porta della cella rifiutando qualsiasi tentativo di mediazione, persuasione e aiuto bloccando di fatto quindi il servizio e creando una situazione che non poteva non evolvere. Dopo diverso tempo fu preso con la forza contro la sua volontà e portato in cella come prevede la legge. Usare la forza non è usare violenza: anche in una situazione di non pericolo il detenuto in quella sezione, ossia l’isolamento, deve rimanere in cella con la porta chiusa».

«Nessuno - hanno detto -  lo ha picchiato né quando ha fatto resistenza attiva né quando ha usato la resistenza passiva. Quando è stato portato in cella ha urlato che stava subendo un pestaggio e ha incitato gli altri detenuti a fare confusione in ogni modo: i vicini di cella hanno cominciato ad urlare e a battere le suppellettili contro le porte in ferro. Uno in particolare minacciava di auto lesionarsi con alcune lamette». Tutti e tre i poliziotti sono stati concordi nel dire che «Assarag era un detenuto problematico tanto che appunto era in isolamento per motivi disciplinari. Non teneva mai un comportamento rispettoso delle regole e delle persone che lavoravano in quella sezione. Ogni occasione era buona per creare disordine, aveva una pretesa in ogni situazione e poi fomentava altri detenuti, minacce, insulti erano all’ordine del giorno. Non è stato alzato un dito su Assarag, nessuno l’ha picchiato quel giorno».

polizia penitenziaria-4Una volta rimesso in cella dopo la doccia mancata, gli agenti erano andati a verificare la situazione del detenuto vicino di cella e hanno visto che aveva alcune lamette: a quel punto gliele hanno tolte e bonificato la stanza e richiuso la cella. Passano pochi secondi e qualcuno ha sentito odore di bruciato, ripassando davanti alla cella di Assarag si vede che sta cercando di bruciare qualcosa. A quel punto si è preso un secchio d’acqua che è stata lanciata all’interno della stanza per spegnere il principio d’incendio. Infine, sul numero di agenti presenti in quella situazione, ossia 13, la risposta è stata fornita da un agente che ha spiegato che «in situazioni concitate di questo tipo, ossia quando viene messa a repentaglio la sicurezza e la normalità di una sezione particolare come quella dell’isolamento, è pressoché la norma la presenza di parecchi poliziotti, specialmente se la situazione è creata da un detenuto problematico come Assarag che aveva anche messo in agitazione tutti gli altri detenuti».

RACHID ASSARAG - Assarag nel 2016 stava scontando una pena di 9 anni e 4 mesi per violenza sessuale nei confronti di due ragazze avvenuta nel 2008. E nel tempo aveva cambiato tredici carceri diverse. Sposato con una donna italiana (Emanuela D'Arcageli che ha testimoniato) aveva già denunciato alcuni poliziotti del carcere di Parma, dopo aver registrato alcune loro frasi, grazie a un registratore nascosto e poi consegnato alla moglie. L’inchiesta partita nel 2014 venne archiviata dal Tribunale di Parma nel 2016. Dopo Parma venne trasferito alla Novate e successivamente a Bollate per terminare infine la pena a Sassari. Prima girò altri penitenziari (13 in totale) dai quali veniva ciclicamente trasferito per motivi disciplinari. Fu arrestato anche nel giugno 2018 dopo un inseguimento con la polizia: a maggio era stato espulso e rimpatriato ma gli venne data l'autorizzazione a comparire in tribunale a Piacenza per un'udienza che lo vedeva coinvolto, non si presentò e venne scovato dalla polizia nel Comasco dove abita la moglie. Alla vista dei poliziotti ingaggiò con loro un inseguimento che finì con un incidente. All'altezza di Albavilla (statale Como-Lecco) la sua auto si era scontrata con una vettura di passaggio e si era ribaltata. Tentò di evitare l'arresto minacciando e colpendo di striscio gli agenti con un rasoio. Successivamente venne espulso definitivamente, commutando quindi la pena. Ad oggi è ancora in Marocco. 

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