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«Carestia e crisi delle risorse primarie: la soluzione dalla ricerca scientifica»

L'intervento del rettore Franco Anelli al Dies Academicus dell’Università cattolica di Piacenza

All’auditorium Mazzocchi della Cattolica di Piacenza il rettore Franco Anelli ha tenuto il discorso introduttivo, a cui sono seguiti i saluti del preside della facoltà di Scienze agrarie alimentari e ambientali Marco Trevisan, della presidente della Provincia di Piacenza e amministratore unico di Epis Monica Patelli e del sindaco di Piacenza Katia Tarasconi. 
«La costante crescita della sede piacentina dell’Università Cattolica - ha detto Anelli - è stata sospinta dal rapporto con le istituzioni locali. Non un semplice sostegno, ma un’autentica condivisione dei nostri progetti lungo tutto l’arco di questi sette decenni. Siamo stati investiti in questi due anni dalle grandi paure ancestrali dell’umanità: la paura e la guerra. E ora che si affaccia il timore della carestia, di una meno agevole disponibilità di risorse primarie, l’acqua e i prodotti della terra, cioè il cibo». 

«Non voglio dipingere un fosco scenario - ha detto - la risposta a queste preoccupazioni sta nella ricerca scientifica, nello sviluppo di conoscenze che ci permettano di affrontarle. Questa facoltà, questa sede universitaria, sono nate per cercare quel genere di risposte e hanno dato prova di essere all’altezza del compito».

Dopo averne tratteggiato le origini, il rettore ha spiegato che «le scienze agrarie hanno una visione culturale ed antropologica, ed in questo senso le discipline che qui si studiano e insegnano corrono sul filo di una costante tensione tra tradizione e modernità. Le cosiddette rivoluzioni agricole, che hanno costellato la storia dell’uomo ponendosi proprio negli snodi fondamentali, hanno avuto sempre almeno due forze propulsive. In primo luogo, l’approfondimento della conoscenza dei processi biologici alla base della dinamica delle piante e degli animali che servono al nostro sostentamento; secondariamente, l’impiego di strumenti artificiali – macchine e sostanze di sintesi sempre più evolute ed efficaci». 

«Anche nell’agricoltura, come nella manifattura, abbiamo assistito a quel progressivo passaggio cui facevo riferimento in precedenza da un’attività umana diffusa, che impegnava la quasi totalità della forza lavoro disponibile applicandola in pratiche tradizionali, a un settore produttivo penetrato e altamente influenzato dalla tecnologia».

Anelli ha ribadito che «sarà sempre più necessaria conoscenza o, più precisamente, uno sforzo dell’intelligenza, sotto molti e connessi profili. Gli scienziati, infatti, non bastano. Lo ha già detto chiaramente Papa Francesco nella "Laudato Si’": quella ambientale non è questione che si possa risolvere con la tecnologia. Non possiamo aspettarci che la soluzione esca dai laboratori: è necessaria un’azione politica.
In primo luogo, perché la stessa ricerca è condizionata da scelte politiche, che attengono all’allocazione delle risorse volte a finanziare un certo progetto di ricerca invece che un altro. E poi è questione di scelte politiche l’uso che si fa delle nuove conoscenze. La scienza produce sapere; il sapere produce tecnologia. Ma come questa tecnologia viene usata dipende dai valori che si vogliono privilegiare nella costruzione della società, nell’assetto dei rapporti tra gli individui e in quello delle relazioni tra gli Stati (non alludo solo alla drammatica attualità dei conflitti: lasciare intere popolazioni in condizioni di insufficienza alimentare o pensare le misure per alleviarne le sofferenze sottintende, innegabilmente, una scelta); dipende, ancora, dal ruolo che si assegna, o si concede, alle grandi entità economiche sovranazionali che governano i mercati e condizionano lo sfruttamento e la distribuzione delle risorse».

Ha concluso ricordando che «il lavoro della nostra Facoltà di Agraria, anche nel quotidiano impegno di indagare la realtà naturale, i suoi meccanismi e le possibilità di intervenire su di essi, si svolge, per l’ispirazione di questo Ateneo, che avverte la costante urgenza di porre ogni sua azione in uno scenario di senso, nella piena coscienza di questi significati più profondi: curare la quantità e la qualità del cibo significa prendersi cura della natura e dell’uomo, attraverso l’esercizio della conoscenza». 

«Si tratta - ha detto Marco Trevisan - per la Facoltà che ho l’onore di presiedere di un anno particolare che coincide con il settantesimo dalla fondazione. La facoltà fu fondata nel 1953 da padre Agostino Gemelli, con l’obiettivo di creare una struttura modello, in cui al progresso delle scienze si affiancasse il primato dell’uomo. Il segno distintivo della facoltà è rappresentato fin dall’inizio, dall’attrezzatura scientifica presente nei laboratori. Furono fatti arrivare da tutto il mondo apparecchi tra i più moderni, stanziando una somma di denaro pari quasi a quella investita per costruire e arredare l’edificio sapientemente progettato dall’architetto Baciocchi, di cui ancora oggi ammiriamo le forme moderne ed essenziali. Se negli anni ‘50 l’obiettivo prioritario del sistema agroalimentare era quello di incrementare la produttività, oggi questo settore è al centro di una vera e propria rivoluzione scientifica e tecnologica, finalizzata a rendere i prodotti sempre più eco compatibili, di migliore qualità, sempre più competitivi nei mercati internazionali. Per meglio rappresentare questa evoluzione continua, il nome della facoltà è stato cambiato nel 2013, in facoltà di scienze agrarie, alimentari e ambientali basata su tre pilastri».

«Il primo è l’agricoltura, settore nel quale operiamo per valorizzare il contributo dei prodotti tipici alla promozione dello sviluppo rurale, al tempo stesso esplorando le nuove frontiere della genetica e della genomica per permettere il mantenimento della agro-biodiversità, la tracciabilità dei prodotti alimentari, il miglioramento animale e delle colture agrarie, la ricerca di microorganismi di interesse agrario, alimentare ed ambientale tra i quali lo studio delle variazioni del microbioma del suolo, degli animali e dell’uomo in risposta a diversi fattori. Ma la nostra ricerca è rivolta anche all’implementazione dell’Agricoltura 4.0 con l’obiettivo di coniugare le tecniche tradizionali con nuove soluzioni digitali e tecniche di cui la “agricoltura di precisione” è parte integrante. Inoltre, per una agricoltura sempre più sostenibile, la nostra attività di ricerca continua a sviluppare mezzi e tecnologie per aumentare la protezione delle colture e ridurne l’impatto ambientale. Tra le innovazioni in questo campo, le tecniche di biocontrollo delle malattie delle piante da stress biotici e abiotici e i biostimolanti sono molto promettenti. Infine le tecniche che prendono il nome di Carbon Farming, come la non-lavorazione del terreno sono i capisaldi di un’agricoltura sostenibile in grado di mitigare il cambiamento climatico».

«Agricoltura è anche allevamento. Il sistema di zootecnia che promuoviamo è basato su uno sviluppo che deve avvenire nella logica di salvaguardare tutti gli esseri viventi (One Health), senza compromettere la continuità del sistema pianeta e che deve prevedere il mantenimento del Benessere Animale. Il secondo pilastro è quello degli alimenti. La nostra Facoltà è stata sempre attenta ai temi di Food Safety, lungo l’intero sistema agroalimentare, il cosiddetto
“farm to fork” che mi piace tradurre “dal campo al consumatore”, occupandosi sia di contaminanti microbiologici, sia chimici (pesticidi, metalli e micotossine). 
Il terzo dei pilastri su cui si basa la nostra attività è l’ambiente, la nostra casa comune. La preoccupazione per la salvaguardia della natura è uno dei segni del nostro tempo e questo tema appare in maniera significativa nella dottrina sociale della Chiesa.  Ma prendersi cura dell’ambiente significa anche ridurre l’impiego di risorse attraverso approcci di bioeconomia o economia circolare e la produzione di energia da fonti rinnovabili, a discapito di quelle fossili. Si pensi per esempio alla prossima realizzazione di un impianto agro-fotovoltaico presso la sede». 

Anche per questo proteggiamo e promuoviamo la biodiversità nell’agro-ecosistema. La variabilità genetica è alla base della capacità delle specie di adattarsi ai cambiamenti ambientali. Una corretta gestione e conservazione di tale variabilità è quindi la conditio sine qua non per rispondere alle future esigenze del mercato alimentare o per selezionar e razze di animali e varietà vegetali in grado di adattarsi a nuovi metodi di allevamento e coltivazione o a condizioni ambientali mutate e potenzialmente difficili (impoverimento dei pascoli, scarsità d’acqua, aumento delle temperature, esposizione a nuove malattie legate al cambiamento del clima ecc.).
Mi piace chiudere questo mio intervento con un concetto espresso da padre Gemelli nel discorso tenuto in occasione dell’inaugurazione della Facoltà, che ben raffigura il nostro modo di essere: “ Noi non ci stimiamo migliori di nessuno. Abbiamo solo un’ambizione: fare bene e compiutamente il nostro dovere nella ricerca scientifica e nella preparazione degli studenti».

«Oggi è un momento di grande importanza- ha affermato Monica Patelli – con il ruolo strategico di Provincia e Epis nel cammino che ha portato piacenza ad essere città università. In 70 anni sono stati tagliati importanti traguardi, sempre più ragazzi si iscrivono qui, grazie all’ampliamento dell’offerta formazione. Avere e difendere centri di ricerca significa promuovere anche la nostra economia. Fin dall’inizio si era intuito quello che avrebbe rappresentato questo progetto per il territorio piacentino, ne erano consapevoli i promotori del corso di Agraria oltre 70 anni fa».

«È emozionante essere qui oggi e portare il saluto della amministrazione piacentina -ha puntualizzato il sindaco Katia Tarasconi. Il Dies Academicus rappresenta qualcosa di più profondo e consolidato di una cerimonia: sappiamo quanto sia importante questa università, per le istituzioni e il tessuto produttivo. L’università è un luogo che genera relazioni e connessioni, tra studenti e professori e il territorio che la ospita. È innovazione, non solo per la formazione di studenti, ma per lo stimolo che offre a tutto il territorio. Vorrei dire ai ragazzi che l’università è il momento più bello della loro vita, io ancora oggi faccio tesoro di quello che ho imparato. Un mio professore mi disse che non è importante sapere tutto, quanto piuttosto sapere dove poter andare a recuperare le informazioni necessarie. Ai professori vorrei dire che dobbiamo dare fiducia e spazio ai ragazzi, la politica parla molto dei giovani ma quando si tratta di dare loro delle possibilità si dice che non hanno esperienza o sono troppo giovani; ecco, io dico che invece dovremmo dare a loro più fiducia».

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