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La polemica

Direttiva sulle emissioni industriali: «Non previene né riduce le emissioni»

Casagrande (Confagricoltura): «Un altro danno alla produttività delle imprese»

Non è valsa a molto la manifestazione pacifica organizzata dal Copa-Cogeca davanti al Parlamento europeo a Strasburgo. Il presidio, a cui ha preso parte anche la delegazione di Confagricoltura, ha esternato il proprio disaccordo verso alcune delle votazioni che si sono svolte il 12 marzo, in sessione plenaria, al Palazzo d’Europa, in particolare quella sulle emissioni industriali (Ied – industrial emission directive). Confagricoltura, insieme al Copa-Cogeca, contesta il voto del Parlamento che ha confermato la decisione del trilogo inserendo l’agricoltura tra i settori industriali e abbassando le soglie per l’applicazione dell’Aia (autorizzazione di impatto ambientale) per le aziende avicole e suinicole. Finora erano soggetti all’Aia solo due tipi di allevamento: quelli di pollame con potenzialità produttiva massima superiore a 40mila posti e quelli di suini con potenzialità produttiva massima superiore a 2mila posti da produzione (di oltre 30 kg) o 750 posti scrofe. Quando entrerà in vigore la direttiva appena approvata, verranno dimezzate le soglie a partire dalle quali è richiesta l’autorizzazione integrata ambientale (Aia).

«L’esito è fortemente negativo per le nostre aziende. La misura nasceva con l’intento di prevenire e ridurre le emissioni del settore industriale. Obiettivo che questa direttiva, per come è stata pensata, non potrà raggiungere. Il risultato è un ulteriore carico burocratico per le nostre imprese agricole le quali, invece, chiedono da tempo uno snellimento degli impegni amministrativi che frenano la produttività. Gli agricoltori sono i primi custodi della natura, ma con queste modalità si ostacola la loro competitività e capacità di impresa, senza benefici per la tutela ambientale», ha commentato Cristina Tinelli, Direttrice Relazioni Ue e internazionali di Confagricoltura. A rappresentare la Confederazione alla manifestazione erano presenti anche Rudy Milani, Presidente FNP suini Confagricoltura, Davide Berta, Vicepresidente FNP suini Confagricoltura, Simone Menesello, Presidente FNP avicunicola Confagricoltura e Mauro Zanotti, Vicepresidente FNP avicunicola Confagricoltura.

«7 voti hanno minato le speranze degli agricoltori europei - commenta Marco Casagrande direttore di Confagricoltura Piacenza -. Mentre le decisioni del trilogo sono normalmente ampiamente convalidate, se 7 eurodeputati avessero spostato il loro voto per sostenere una serie finale di emendamenti, la direttiva Ied avrebbe avuto la possibilità di essere finalmente resa ragionevole per tutti i modelli agricoli. Giusto per essere precisi – incalza Casagrande - dei nostri eurodeputati hanno votato contro gli emendamenti (quindi esprimendo voto favorevole) 8 dei Cinque stelle (oltre ad uno assente), 12 deputati del Pd (oltre a 4 assenti) e, senza alcuna sorpresa, 3 dei Verdi». Con 306 voti favorevoli e 293 contrari, il Parlamento europeo ha dunque deciso di non validare gli emendamenti del testo risultanti dal compromesso del trilogo, inviando un segnale storico ai tradizionali settori produttivi europei.

La palla ora passa alla Commissione europea e agli Stati membri per un’attuazione e un finanziamento più strutturati delle disposizioni. Di fronte a questa situazione senza precedenti e nel caos, la Commissione europea, per voce del commissario Virginijus Sinkevičius, si è già impegnata formalmente davanti alla plenaria europea affinché la revisione del 2026 vada verso una scissione della direttiva in due diversi strumenti legislativi, l’agricoltura da una parte e l’industria dall’altra. Inoltre, la Commissione Europea è impegnata nella valutazione di un nuovo approccio riguardo ai prodotti importati e nella ricerca di finanziamenti adeguati a garantire la transizione. «Queste disposizioni avrebbero dovuto essere incluse nel testo fin dall'inizio – rimarca Casagrande –. L'esito finale del voto sulla direttiva sulle emissioni industriali è particolarmente deludente perché il testo risultante è ingiusto nei confronti di migliaia di allevamenti. Ad ogni modo, non smetteremo di chiedere un radicale cambio di approccio da parte dell’Unione Europea nei confronti delle nostre imprese agricole. Nei momenti della protesta – conclude Casagrande - e anche nelle recenti occasioni di confronto, abbiamo assistito ad un andirivieni di esponenti politici che si dichiaravano pronti a recepire le nostre istanze, salvo poi, in pochi giorni, assistere a questa ratifica e a quella della legge sul ripristino della natura. Un messaggio quantomeno dissonante. L’invito che rivolgiamo a ciascuno, dunque, è di non sprecare l’occasione delle prossime elezioni per mandare un segnale chiaro».

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