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Economia

La valorizzazione del formaggio Tombea e del fagiolo della Val Vestino

Le filiere minori, il contributo di Cerzoo e dell'Università Cattolica di Piacenza

Si è parlato di filiere minori in occasione di due Convegni di Studio promossi dal Consorzio Forestale Terra fra due Laghi, con sede a Valvestino, nel Parco Alto Garda Bresciano: il primo denominato ValVes - per la caratterizzazione e implementazione dell’attività zootecnica nell’ area della Val Vestino - è stato realizzato in partenariato con CERZOO Centro di Ricerche per la Zootecnia a l’Ambiente, mentre il secondo, denominato Il Fagiolo della Valvestino e la sua Valorizzazione Territoriale, è coordinato dall’Università Cattolica del Sacro Cuore – Dipartimento di Scienza delle Produzioni Vegetali Sostenibili.

In apertura dei lavori, dopo i saluti di Davide Pace, Sindaco di Valvestino e Presidente del Consorzio Forestale Terra tra i Laghi, Omar Venturini, attraverso i dati, ha motivato l’iniziativa che si propone, tramite “ValVes”, di riscoprire e attualizzare le tradizioni di questa area legata alla presenza dei prati e dei prati pascoli ed il latte di montagna e alla produzione del Tombea, il tipico formaggio locale, che insieme al Fagiolo della Val Vestino, costituisce un punto di forza delle iniziative per implementarne la produzione e legarla indissolubilmente al territorio, con importanti ricadute economiche, produttive e paesaggistiche.

La riscoperta e i valori della tradizione caratteristici di questa area, che per la tenacia delle sue popolazioni sono arrivati fino ad oggi, è stato l’argomento ripreso e sviluppato dalla piacentina Marilena Massarini, dottore agronomo e direttore del Consorzio, la quale ha illustrato le finalità del progetto che, partendo dalla valorizzazione della storia e dell’attuale resilienza, tramite gli interventi tecnici proposti diviene uno strumento di propulsione e valorizzazione dell’agricoltura e del turismo attraverso attività informative e dimostrative che ne sono elemento qualificante.

Non poteva mancare, nella valorizzazione della Val Vestino, l’intervento di Erminio Trevisi del Centro di Ricerca per la Zootecnia e l’Ambiente CERZOO focalizzato sull’importanza della produzione del latte vaccino in Italia, con particolare riferimento alla valorizzazione delle aree marginali, cui contribuiscono anche gli allevamenti della Val Vestino, soffermandosi, con un forte richiamo, contro le propagande limitative dell’uso del latte. L’Italia si fregia oggi di 340 denominazioni di formaggi, delle quali 54 sono della Lombardia: questo è stato il punto di forza della relazione di Donatella Parma della Regione Lombardia, direzione Generale dell’Agricoltura, Alimentazione e Sistemi Verdi, a cui va il merito di aver indicato chiaramente il percorso di tutela che deve intraprendere il Formaggio Tombea per essere indissolubilmente legato al proprio territorio di produzione.

Per avere il formaggio con i requisiti del disciplinare di produzione occorre un buon foraggio e un ottimo fieno, come recitava il testo sul foraggio e il fieno dello Scalmana di inizio del ‘900, i cui concetti sono stati ripresi ed ampliati, specie per le tecniche di pascolamento, da Fiorenzo Piccioli dell’Università Cattolica di Piacenza, perché da un buon latte si producono ottimi formaggi, fra i quali il Tombea della Val Vestino, magistralmente descritti da Ferdinando Calegari, sempre dell’Università Cattolica di Piacenza.

Il Fagiolo della Val Vestino è stato il protagonista del secondo convegno nell’ambito del quale è stato spiegato che il Faseolus coccineus, originario delle Americhe, fin dal XVI secolo è noto in questa area delle Alpi, fra le province di Brescia e di Bergamo, dove fu probabilmente introdotto da Venezia e si diffuse, poi, nei cinque comuni dell’ampio territorio di questa vallata, dove si creò una popolazione di fagiolo particolare e molto produttiva grazie al microclima locale, tanto da essere denominato Fagiolo della Valvestino, dai bellissimi fiori bianchi e rossi, che però solo in Valvestino ancora oggi producono baccelli sani e vigorosi.

E’ stata poi la volta di Lorenzo Stagnati, pure dell’Università Cattolica di Piacenza, che ha parlato delle agro-biodiversità della Val Vestino, rappresentata, sia da esemplari di flora che hanno qui trovato particolari condizioni di isolamento, che da linee di mais antiche e oggi in fase selezione, sempre da parte del predetto Ente.

Nell’ambito della conservazione delle biodiversità si è sviluppato l’intervento di Marilena Massarini che ha fornito un quadro delle indagini che hanno portato alla riscoperta del fagiolo della Val Vestino, descrivendone le caratteristiche vegetative, le tonalità e la colorazione dei semi, il rosso e il bianco dei racemi fiorali, soffermandosi poi sulle tecniche di coltivazione.

Sul Fagiolo locale e sugli studi tesi ad individuarne il genoma ha riferito Matteo Busconi, sempre dell’Università Cattolica, le cui ricerche tutt’ora in corso hanno evidenziato caratteristiche del patrimonio genetico segno di adattamento a particolari caratteristiche ambientali come quelle della Val Vestino.Le tecniche di produzione del seme in purezza, mediante isolamento, porteranno all’inclusione del Fagiolo della Valvestino nell’Anagrafe Nazionale delle Biodiversità. La due giorni ha avuto il patrocinio dell’Ordine dei Dottori Agronomi e Forestali e del Collegio dei Periti Agrari di Piacenza e ha riscosso molto interesse sia da parte dei presenti, sia dai numerosi agricoltori e tecnici collegati on line.

In conclusione della due giorni è stato attribuito un caloroso plauso al Consorzio Forestale Terra tra i due Laghi e al direttore Marilena Massarini, cui va il merito di aver ideato e realizzato i progetti che, dalla rimessa in valore dell’alpeggio alla riscoperta del fagiolo, continuano la tradizione dei luoghi valorizzando la Val Vestino, attraverso il ritorno all’allevamento e alla coltivazione degli orti.

 Paolo Jacopini

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