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Economia

Pac, approvato il decreto di applicazione con alcune sorprese

Approvato il 20 febbraio il decreto che completa il quadro normativo. Il presidente di Confagricoltura Enrico Chiesa: «Inaccettabile esproprio ai danni degli allevatori»

La Conferenza Stato Regioni ha approvato il 20 febbraio il decreto che completa il quadro normativo nazionale di attuazione della riforma della Politica agricola comune fino al 2020 per i pagamenti diretti, che valgono per l’Italia circa 27 miliardi di euro totali. Il nuovo provvedimento modifica ed integra il decreto del 18 novembre 2014, completando le norme su attività agricola, agricoltore in attività, mantenimento delle superfici agricole, attività minima su quelle naturalmente mantenute, calcolo del valore dei diritti all’auto e alcuni adempimenti connessi al greening. “Il decreto doveva definire le norme applicative di quanto deciso dall’Italia e notificato a Bruxelles il 1° agosto 2014; in realtà su due aspetti fondamentali va al di là di questo e introduce in modo retroattivo delle forti restrizioni alle decisioni prese lo scorso anno. In particolare – spiega Enrico Chiesa, presidente di Confagricoltura Piacenza - sui premi accoppiati per il latte introduce il criterio secondo cui il pagamento accoppiato è destinato solo “ai produttori per i capi appartenenti ad allevamenti iscritti ai libri genealogici o nel Registro anagrafico e sottoposti ai controlli funzionali”: registri e controlli, questi, gestiti monopolisticamente da AIA. Una scelta – rimarca Chiesa - decisamente miope e sicuramente discriminatoria. Vien da pensare che la modifica sia utile per il finanziamento dell’Associazione Italiana Allevatori, utilizzando le risorse destinate agli allevatori medesimi, attraverso un’inevitabile partita di giro. 

E’ intuibile che legare gli aiuti accoppiati all'iscrizione ai Libri Genealogici presti il fianco a molte perplessità, non ultime quella della sorte di aziende ove non siano presenti animali in purezza e dunque non iscrivibili ad un Libro Genealogico, ma non per questo meno “meritevoli” di accedere ai sostegni della Pac. Si tratta, insomma, di una restrizione inaccettabile e probabilmente illegittima perché penalizza ulteriormente gli allevamenti andando, tra l’altro, contro la logica dei regolamenti europei sui pagamenti accoppiati, che è quella di sostenere settori e mercati in difficoltà”.   L’altra restrizione retroattiva riguarda “l’agricoltore attivo”: il DM prevede che tutte le partite Iva attivate “in campo agricolo” dopo il 1° agosto 2014 devono dimostrare di rispettare le condizioni dell’art.13 del Regolamento Ue 639/2014, cioè che l’attività agricola ‘non sia insignificante’. “Questa nuova versione modifica in modo importante i deliberati precedenti – commenta Agrinsieme, l’aggregazione di Confagricoltura, Cia e alleanza delle Cooperative  - e crea pesanti oneri burocratici, perché comporta, per gli agricoltori che ricadono in questa condizione, la verifica dei ricavi agricoli ed extra agricoli. Peraltro, i criteri per definire che l’attività agricola sia ‘insignificante’ non sono del tutto definiti dai regolamenti comunitari e quindi permangono margini di incertezza”.  Agrinsieme si oppone a queste misure e sta verificando la possibilità di un’azione in sede comunitaria su un provvedimento che appare “discriminatorio perché crea disuguaglianze tra ‘tipologie’ di agricoltori”. “Non c’è più tempo, se mai ce ne fosse stato, per gli interessi di parte – conclude Chiesa – se vogliamo salvare il settore dobbiamo riprogettarlo mettendo al centro il futuro di tutti gli agricoltori, francamente mi sembra che questi provvedimenti non vadano in tal senso, per cui ci impegneremo in tutte le sedi per una loro rettifica”.

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