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La Psa

«Per la peste suina africana nessun allarmismo ma massima attenzione»

L’incontro con il commissario Vincenzo Caputo organizzato dal Consorzio Salumi Dop piacentini

Controllo capillare sul territorio, abbattimenti selettivi e controllati in base ai dati forniti dall’Ispra (Istituto Superiore per la Protezione e la Ricerca Ambientale), recinzioni diffuse e, soprattutto, sinergia tra tutti i soggetti istituzionali, dalla Regione, alle Province, alle Asl. E’ infatti di cruciale importanza limitare la diffusione della Psa (peste suina africana) attraverso l’adozione di drastiche misure di biosicurezza, che dovranno riguardare anche lo svolgimento dell’attività venatoria.

Si apre una fase in cui la gestione del cinghiale nelle aree infette e nelle zone circostanti richiederà uno sforzo molto impegnativo alle Regioni e alle Aree protette interessate, alle quali Ispra garantisce fin da subito il proprio supporto tecnico, in stretto coordinamento con le autorità sanitarie. La Psa infatti è una malattia infettiva altamente contagiosa in grado di provocare un’elevata mortalità nei suidi sia domestici sia selvatici di qualsiasi età e sesso. Il virus rimane vitale per lungo tempo anche dopo la morte dell’animale, rendendo le carcasse ancora infettanti e in grado di trasmettere il virus. Per tale motivo è di cruciale importanza la segnalazione immediata del ritrovamento di cinghiali morti, anche se incompleti o in avanzato stato di decomposizione, ai Servizi Veterinari localmente competenti (anche per tramite di Carabinieri forestali, Polizia provinciale, Polizia locale). Grande è la preoccupazione anche nel Piacentino perché la diffusione della peste suina aumenterebbe il rischio di ingresso della malattia in tutta la Pianura Padana dove vengono allevati più di 5 milioni di suini, quegli stessi che forniscono le carni per la preparazione dei nostri straordinari salumi Dop, con Piacenza, unica in Europa, che ne vanta ben tre, coppa, pancetta e salame.

Per questo il Consorzio salumi Dop piacentini (presente con il presidente Antonio Grossetti ed il direttore Roberto Belli) ha indetto un incontro con il Commissario straordinario Vincenzo Caputo, direttore dell'Istituto zooprofilattico sperimentale delle Marche e dell'Umbria, nominato dal Governo per affrontare e, soprattutto, prevenire, la peste suina presente, per fortuna ancora in casi sporadici, sul territorio italiano (anche nella vicina Lombardia); una riunione tecnica alla quale sono stati invitate le istituzioni territoriali, l’Arma dei Carabinieri, rappresentanti delle Asl, delle associazioni professionali agricole ed alla quale ha partecipato anche l’assessore regionale Alessio Mammi. Un dato è certo: la malattia non è trasmissibile all’uomo, ma se non arginata subito con adeguate misure preventive, potrebbe causare danni incalcolabili al settore della suinicoltura e di converso a tutte le industrie di trasformazione presenti in Emilia- Romagna e, ovviamente, nel territorio piacentino.

«Insomma - ha commentato in un brevissimo incontro con la stampa il Commissario Vincenzo Caputo - nessun allarmismo ma massima attenzione e misure adeguate con abbattimenti selettivi e controllati, recinzioni, onde evitare anche il minimo contatto tra i suini e cinghiali potenzialmente infetti, presenti, per esempio, nella vicina Croazia. Gli allevatori e tutta l’industria di trasformazione per cui siamo famosi nel mondo, devono poter continuare ad operare in totale sicurezza».

«C’è preoccupazione tra gli addetti dei nostri salumifici sia perché potrebbe venire a mancare la materia prima, sia per possibili aumenti dei costi delle carni ed anche perché un eventuale blocco delle importazioni dei salumi, li riverserebbe sui mercati italiani che già sono poco ricettivi a causa della crescete inflazione. La diffusione della Psa e le possibili conseguenti chiusure dei mercati verso i prodotti  - dice - comporterebbero gravi danni al territorio emiliano-romagnolo a forte vocazione agroalimentare e che esprime numerose Dop e Igp nell’ambito dei salumi. Nessun pericolo per le persone, ma pesanti sarebbero le conseguenze per l’intera filiera zootecnica: dalle imprese agricole ai prosciuttifici e salumifici, alle aziende di trasformazione e lavorazione del prodotto suinicolo. Occorre fare presto e bene perché, se non bloccata, potrebbe rappresentare un grave danno economico per l’economia dell’Emilia-Romagna e delle aziende che operano nel settore della zootecnia, che conta circa 1200 allevamenti, 1,2 milioni di capi e una produzione lorda vendibile stimata in quasi 310 milioni di euro».

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