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Caro bollette, Tarasconi (Pd): «Torniamo a utilizzare le risorse nazionali di gas»

Aziende a rischio chiusura per i costi energetici nonostante le commesse siano in aumento. Presentata un’interrogazione in Regione per sensibilizzare il Governo

«L’incredibile aumento dei prezzi di energia, gas e materie prime rischia di mandare all’aria gli sforzi fatti negli ultimi due anni dalle nostre imprese, soprattutto quelle piccole e medie che sono particolarmente penalizzate dal sistema attuale». 

E’ il commento di Katia Tarasconi, consigliere regionale in Regione Emilia-Romagna a margine della seduta d’aula di ieri a Bologna durante la quale il gruppo assembleare Pd di cui fa parte ha presentato un’interrogazione a risposta immediata con cui si chiedeva alla Giunta quali misure intendesse adottare per sensibilizzare il Governo sul tema in questione. 

«E’ un’emergenza che si aggiunge all’emergenza - prosegue Tarasconi - Un’emergenza che sta minando alla radice lo slancio positivo delle produzioni e dell’export, particolarmente sentito proprio in Emilia-Romagna». «Il pericolo concreto - aggiunge - è che il rincaro dei costi energetici costringa molti imprenditori a fermarsi e di conseguenza a non agganciare la ripresa post-pandemia, e non possiamo permettercelo». 

I numeri in effetti sono impressionanti: secondo le stime, il rincaro della bolletta per le imprese italiane ammonta a quasi 36 miliardi di euro. Parliamo di costi raddoppiati per l’elettricità rispetto al 2019, prima della pandemia. «Oggi per molte realtà - spiega la consigliera regionale - i prezzi dei prodotti coprono a malapena i costi sostenuti per pagare l’energia utilizzata per produrli. Basti pensare al settore della ceramica, che per il 90% è insediato nella nostra regione: queste imprese nel 2021 pagavano 250 milioni di euro in bollette energetiche mentre oggi a poco tempo di distanza il costo che devono sostenere si avvicina al miliardo di euro. Nel giro di pochi mesi il prezzo medio del gas è passato da 20-25 centesimi al metro cubo a 180 centesimi. Parliamo di aumenti del 500%! La situazione è insostenibile e a cascata si ripercuote su ogni settore. In particolare sulle Pmi che in media pagano il 35% in più dispetto alla media europea e, guardando all’Italia, spendono il quadruplo rispetto alle grandi imprese in base al meccanismo del “meno consumi, più paghi”. 

«L’Italia è un Paese che importa energia e i suoi costi non sono destinati a scendere nel prossimo futuro - si legge nell’interrogazione presentata in Aula - Occorre dunque una strategia, senz’altro europea ma anche nazionale». A rispondere è stato Vincenzo Colla, assessore regionale allo Sviluppo economico, e ha spiegato che il dialogo con il Governo è in corso e auspica una risposta in tempi brevi. Anche secondo l’assessore la situazione è paradossale: le imprese emiliano-romagnole sono piene di ordini e commesse ma ad oggi per loro è più conveniente rinunciare alla produzione proprio per i costi smisurati. Secondo Colla è fondamentale che l’Europa diventi un “soggetto calmierante” per i prezzi dell’energia. 

Katia Tarasconi tuttavia, sempre a margine della seduta, pone l’attenzione su quella che ad oggi potrebbe rappresentare una delle strade principali da percorrere per tornare a spese energetiche sostenibili per imprese e anche per le famiglie italiane: «Sono convinta che si debba riconsiderare seriamente la possibilità di utilizzare le risorse nazionali per l’approvvigionamento di gas in modo da ridurre l’impatto sulle bollette. Le strutture ci sono: si tratterebbe di tornare a utilizzare a pieno regime piattaforme già esistenti nell’Adriatico dopo la moratoria dell’attività di estrazione decisa tre anni fa dal Governo Conte. Come si diceva, siamo un Paese che importa gas; ridurre l’importazione aumentando la quota di gas prodotto in territorio nazionale sarebbe conveniente per tutti, imprese e cittadini, e sarebbe conveniente anche in tema di impatto ambientale visto che il gas che arriva via pipeline o via nave produce inquinamento».  

«Va fatto ora - conclude Tarasconi - per fare in modo che la sospensione di molte, troppe produzioni sia solo temporanea e per evitare chiusure che si rivelerebbero drammatiche per la nostra economia e per la nostra intera società».

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