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Referendum, Lega: «No a una riforma accentratrice che mina la democrazia»

Dibattito nella sala dell'ex Circoscrizione 3 a Piacenza al quale hanno preso parte i consiglieri regionali, i sindaci e gli esponenti di spicco del centrodestra piacentino

«Una forma di difesa contro l’attacco alla democrazia sferrato dal governo dei poteri forti». Così Pietro Pisani, segretario provinciale della Lega Nord, definisce il no alla riforma costituzionale che ieri sera è stato al centro di un dibattito nella sala dell’ex Circoscrizione 3 a Piacenza, al quale hanno preso parte i consiglieri regionali, i sindaci e gli esponenti di spicco del centrodestra piacentino. Tra i presenti i consiglieri regionali Matteo Rancan del Carroccio e Tommaso Foti di Fratelli d’Italia, il vice coordinatore regionale di Forza Italia, Fabio Callori, il coordinatore provinciale degli azzurri Jonathan Papamarenghi, il referente provinciale per i Comitati per il No di forza Italia, Gianluca Argellati, ed il sindaco di San Giorgio, Giancarlo Tagliaferri (FdI).

«Inserire nel quesito referendario un riferimento alla riduzione dei costi della politica – attacca Pisani - è un falso invito a votare per il sì, poiché non sono previste riduzioni delle spese. Altro elemento non corrispondente al vero è la fine del bicameralismo perfetto. Si avrà invece un Senato di nominati in grado di bloccare l’iter della Camera su certe tipologie di leggi, come quelle riguardanti gli enti locali. In questo caso non è però chiaro come risolvere la diatriba: viene data ai presidenti delle due camere la facoltà di accordarsi ma, in mancanza d un loro accordo, il contenzioso rimarrebbe e dovrebbe intervenire la Corte costituzionale. Ciò accentua un bicameralismo senza regole».

Prosegue sulla stessa linea Rancan: «Il risparmio di 500 milioni propagandato da Renzi è una boutade: risulterebbero – sottolinea - solo 50 milioni, il 10 percento della somma indicata dal premier. Peccato che allo stato bastino trenta minuti per spendere quella cifra e il debito pubblico cresca proprio di 50 milioni in un’ora e cinquanta minuti. Quello che si ottiene è solo un maggiore centralismo che favorirà l’ascesa di un uomo alla testa di un partito unico e del governo, che avrà la maggioranza parlamentare per scegliere presidente della repubblica, ministri, organi di garanzia e membri della Corte costituzionale. Dai territori il potere passerà così nelle mani del segretario del partito egemone».

La perdita di competenze delle regioni è infatti il principale pericolo intravisto dalla Lega Nord. «È una riforma è accentratrice – continua il consigliere del Carroccio - che svuota le regioni delle proprie competenze. Renzi fa credere che sindaci e consiglieri regionali rappresenteranno i territori in Senato, ma come faranno a farsi carico al meglio del ruolo di amministratore e senatore?  Il senato, che costerà come oggi, non potrà incidere sulle decisioni riguardanti i trasferimenti dello Stato alle regioni e ai comuni. Si prevede che il parlamento possa legiferare al posto delle regioni per salvaguardare le costituzione, una formula ambigua che costringerà la Corte costituzionale a capire se certe decisioni spetteranno al governo. Tutto il contrario di quanto avviene in altri paesi europei, dove è presente un vero senato delle regioni».

In bilico, secondo Rancan, sono alcuni meccanismi democratici interni ed internazionali. «Nella riforma – insiste - vengono inseriti i rapporti con l’Unione europea, ma ancora una volta non si dà ai cittadini l’opportunità di esprimersi su temi quali l’euro, l’agricoltura, il commercio e le regole comunitarie. Segno, questo, di una mancanza di democrazia che non viene meno  per la convocazione dei referendum, per i quali le firme raccolte dovranno essere 800mila e non più 500mila: 500mila saranno ammesse solo se cinque regioni  daranno l’ok. Anche le firme necessarie per presentare una legge d’iniziativa popolare, da 50mila, saliranno a 150mila. Rischi che la nostra democrazia non può correre».

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