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Il valore delle studio delle lingue classiche «come strumento di conoscenza di una civiltà»

La conferenza per la Dante Alighieri della professoressa Cinzia Susanna Bearzot, ordinaria di Storia greca alla Cattolica di Milano: «Studiare il mondo antico non può non interessarci»

In questi anni la cultura umanistica non gode di particolare favore. Buona parte dell’opinione pubblica, la vede come qualcosa di vecchio, di superato al punto di ritenere eccessivo lo spazio che i programmi scolastici riservano alla cultura classica, i cui studi richiedono una notevole fatica e un impegno costante: gli studenti sono chiamati ad affrontarli confidando in una utilità futura; mandare a memoria le declinazioni, le coniugazioni, il periodo ipotetico, gli aoristi terzi, sono azioni ormai superate, meglio dedicare il tempo dello studio a discipline più “moderne” (diritto, economia, lingue straniere moderne) meglio rispondenti agli interessi delle nuove generazioni. L’argomento è stato approfondito dalla professoressa Cinzia Susanna Bearzot (figlia del grande Enzo) - ordinaria di Storia greca presso la Facoltà di Lettere della Cattolica di Milano - in una colloquiale conferenza, organizzata dalla Dante Alighieri piacentina, ospitata a Palazzo Galli-Banca di Piacenza, dalla quale abbiamo estratto alcuni concetti che proponiamo:

«Tra le motivazioni che si sentono proporre quando si cerca di giustificare il valore dello studio delle lingue classiche, uno degli argomenti che più ricorre è che greco e latino allenano la mente. Lo studio delle lingue classiche, imponendo di confrontarsi con strutture grammaticali e sintattiche complesse e di appropriarsi di forme di espressione linguistica diverse, costituisce un esercizio intellettuale capace di sviluppare le capacità logico-deduttive ed ha quindi un elevato carattere formativo, poi applicabile anche a discipline diverse. Confesso che questo tipo di argomentazione non mi convince affatto, anche se personalità autorevoli come il matematico, fisico e storico della scienza Lucio Russo l’hanno riproposta con appassionata convinzione, ritenendo che la decadenza degli studi classici vada di pari passo con la caduta delle capacità logiche nelle generazioni più giovani. Proporre lo studio del greco e del latino come allenamento della mente è a mio parere assai scarsamente motivante: ci si potrebbe infatti domandare perché lo stesso risultato non si possa ottenere aumentando il numero di ore di matematica, o, per restare nel campo linguistico, introducendo lo studio di una seconda lingua europea oltre all’inglese, del cinese o dell’arabo. Non sarebbe forse molto più “utile”?». Conferenza alla Dante Alighieri-3

«Un argomento più interessante è quello che considera lo studio delle lingue classiche come un valido strumento per migliorare le competenze espressive nell’italiano parlato e scritto. Una buona conoscenza del greco e del latino favorirebbe, infatti, una maggiore consapevolezza nell’uso dell’italiano per quanto riguarda ortografia, grammatica, uso del lessico e della sintassi. Fin dai primi anni Sessanta si è parlato, in effetti, dello studio del latino come aiuto a una miglior comprensione dell’italiano, ma in realtà questa idea non ha mai trovato applicazione sistematica nella didattica. Benché non siano mancati inviti autorevoli a sfruttare le potenzialità dell’insegnamento delle lingue classiche per la formazione di una matura coscienza linguistica, con possibile applicazione anche alle lingue moderne diverse dall’italiano, e per la comprensione profonda dei meccanismi della comunicazione in contesti culturali diversi, questa motivazione mi sembra, come la precedente, sostanzialmente estrinseca e non sufficiente a giustificare il valore dello studio del latino e del greco. Il fatto è che le motivazioni estrinseche sono motivazioni “deboli” e assai facilmente contestabili. E non sfuggono alla facile contestazione: l’obiettivo (allenare la mente, intuire la terminologia tecnica, acquisire strumenti per una migliore conoscenza dell’italiano) vale lo sforzo? Io stessa sarei tentata di rispondere di no”».

«Credo - ha detto la professoressa Bearzot in un successivo passaggio - che la prospettiva esclusivamente linguistica sia ormai difficilmente sostenibile. Il greco e il latino che abbiamo studiato noi, su base pressoché esclusivamente grammaticale, con una quantità di versioni domestiche (dal greco, dal latino, dall’italiano, come minimo sei alla settimana: e non si trovavano traduzioni in Internet…), non è più proponibile perché percepito come fine a se stesso e perché richiede una fatica che non appare più proporzionata allo scopo. L’alternativa possibile, prima di tutto sul piano motivazionale, è mettere in primo piano il valore delle lingue classiche come strumento di conoscenza di una civiltà. Studiare il mondo antico perché questo mondo ci interessa; non può non interessarci. Questo mondo ha elaborato idee, concetti, valori (persona, politica, libertà, democrazia, tanto per citarne alcuni) e ha inventato discipline (la storia, la filosofia, la filologia, la scienza) che sono alla base della civiltà occidentale e degli aspetti più significativi della sua cultura e del suo stile di vita: un patrimonio che viene considerato ormai acquisito senza, forse, una sufficiente consapevolezza della sua origine e della sua stessa fragilità. È un mondo che, lo si voglia o no, ci riguarda molto da vicino: il nostro stesso modo di pensare è costruito sulle sue fondamenta».

I PROSSIMI APPUNTAMENTI DELLA DANTE

Trittico di Padre Stelio Fongaro alla Aula Magna Istituto Scalabriniano, via Torta, 14, ore 16. Possibilità di parcheggio auto gratuito con ingresso via Caccialupo 7:

 - Lunedì 8  novembre: In ricordo del 200° della nascita di Giacomo Zanella, conferenza “Gli emigranti di fine-secolo XIX e dei secoli XX-XXI”.

 - Giovedì 11 novembre: Conferenza “Il ‘900 poetico: la religiosità di Ungaretti, Montale, Quasimodo”; con letture.                                                     

 - Lunedì 15 novembre: Conferenza “La Mitologia nella Divina Commedia”, con letture.                     

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