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La Via Francigena non è una sola, tante le varianti dettate

Da re, papi, principi, guerre, carestie, epoche, stagioni

Più note come “viefrancigene”, al plurale, sono tutte quelle vie di pellegrini cristiani, soldati, commercianti sorte quando i popoli Franchi attraversarono l’Europa, da nord a sud, dalle Api a Roma. Da qui la denominazione di “francisca” o franca” per Carlo Magno. Prima erano strade romane e longobarde, i primi che curarono la viabilità. Dal 790 al 1190 d.C. fu la strada imperiale, la strada cristiana per eccellenza. Considerata la “viamaestra” secondo il diario di viaggio dall’arcivescovo Sigerico del 990-994 d.C..

Pellegrini e mercanti sceglievano le strade più sicure, salubri, in base alle stagioni, carestie, guerre e malattie. Da qui la centralità del crocevia padano identificato in Piacenza, più che in altre città come Milano, svincolo verso le vie Postunia, Via Scauri, via Fulvia, via Gallia Romea della val di Susa, via Teutonica, via Postumia verso Venezia, la stessa via Emilia a Piacenza unisce Ravenna e Milano. A Piacenza giungevano i germanici dalla via Claudia Augusta, dal passo dello Spluga e dello Stelvio, dal San Bernardo, dai monasteri potenti di Clarivaux, di san Gallo, di san Michele, di san Maurizio, di san Giovanni, di san Bernardo. Per questo, nel solo alto medioevo, il solo territorio della Diocesi di Piacenza-Bobbio, fra le più estese e potenti già dal IV° sec. d.C., vede sorgere oltre 200 castelli, borghi militari, case torri. Da qui le varianti naturali.

A Piacenza nasce il primo comitato scientifico e culturale “Tratta Piacenza” a sostegno delle istituzioni nazionali e regionali nella candidatura Unesco che sarà discussa nel 2023 cui bisogna arrivare con tutte le carte in regola, a cominciare dalla sicurezza del percorso, assistenza e servizi garantito ai viandanti moderni. Ma il comitato intende anche studiare e definire la forte identità “patrimoniale” di Piacenza, castrum fondata nel III° secolo a.C. dalle Legioni Romane sul fiume Po che può caratterizzare, personalizzare la tappa piacentina di tutti i cammini, le strade e i percorsi culturali che si snodano in città e in provincia. Piacenza è da 2250 una meta obbligatoria, un punto strategico di controllo e di conquista, di difesa e di passaggio per viandanti, pellegrini, commercianti, abati, monaci e perfino banchieri da tutta Europa per le “fiere del cambio” delle monete nel Rinascimento. Il luogo di riferimento, come appare su tutte le carte geografiche antiche, era dato dai due “guadi” sicuri sul grande fiume Po, un tempo ostacolo non da poco per chi scendeva dalle Alpi della valle di Susa, o dal San Bernardo, o dal passo dello Spluga e voleva andare a Roma, a Venezia, a Ravenna. Oggi la destinazione fra pianura-appennino ha una impronta di paesaggio culturale, una biodiversità botanica e faunistica espressa in più valli fluviali, una attrazione per il turismo lento e la vita in campagna, un riconoscimento della autenticità salutare del buon mangiare e buon bere. Piacenza è capitale del crocevia padano, da cui si potevano prendere più percorsi e più varianti per oltrepassare gli appennini e arrivare alla Lunigiana sulla costa tirrenica, ma anche per andare a Venezia-Aquileia oppure a Genova-Arles, oppure alla Sacra di San Michele verso Santiago de Compostela…oppure anche da Canterbury a Roma. Placentia Romana divenne sinonimo di accoglienza, sosta in pace, crocevia, scambio di merci, contaminazione di prodotti e di lingue. I primi documenti scritti certi, oltre a quelli già visibili nelle Tabule toponomastiche Traiana (coltivazione agricole e proprietà di epoca repubblicana) e Peutingeriana (di epoca imperiale romana con indicate tutte le strade esistenti dall’isola Britannica fino al medio Oriente e Asia centrale) sono quelli lasciati da due pellegrini anonimi che citano Piacenza come luogo obbligatorio di sosta, sicuro, accogliente per rifocillarsi: nel 333 d.C. dell’Anonimo di Bordeaux che da Lione, passa a Torino, poi a Piacenza per Ravenna e nel 570 d.C. dell’altro anonimo Piacentino che illustra il tragitto passando per Milano fino alla Lunigiana quale era la variante al tempo dei Longobardi e frequentata da svizzeri, teutonici, germanici, olandesi. Il territorio pianeggiante umido e quello collinare appenninico offriva ai viandanti e pellegrini non solo sosta e pernotti, ma anche un cibo “da viaggio” molto importante nei secoli passati, ma ancora oggi molto apprezzato. Piacenza ha sempre fornito una alimentazione che durasse nel tempo, che fornisse energia per i camminatori. Piacenza ha nel Dna una produzione di “cibo resiliente e conservato”, prodotto in borghi castellieri autonomi e in piccole aziende famigliari e artigianali molto antiche. Una tradizione che non ha fatto nascere grandi marchi commerciali globalizzati e ricchi, ma vive di imprese attente alla qualità salutare e alla funzione primaria del cibo, all’importanza di una nutrizione sana pulita genuina, strettamente collegata alla ospitalità diffusa sostenibile e sussidiaria. La Via Francigena Piacentina non è una sola, ma una ragnatela di percorsi che dal fiume Po, dalla pianura confinante di Pavia, Lodi, Cremona conduce direttamente al Tirreno superando gli impervi appennini. Da sempre, non come moda dell’ultimo momento, a Piacenza il cibo non si spreca: quante ricette locali notissime sono dettate dal riuso, riciclo di avanzi come picula di cavallo, pisarei e faso, saracca, tortelli con le code, malfatti, torte di verdure e ortaggi….  . In più quanti prodotti Dop-Igp di Piacenza durano nel tempo come insaccati, formaggi a pasta dura, miele, conserve, biscotti duri, pane…Quanto il cibo accogliente e duraturo è segno di pace fra i popoli. Allora come oggi.

Giampietro Comolli

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