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L’intervento

«Ospedale in situazione tale da non permettere più di svolgere la propria funzione: non è vero»

Il comitato Salviamospedale: «Rischio che venga abbandonato a un inesorabile degrado quanto mai probabile, l’idea del fondo ad hoc non può lasciare assolutamente tranquilli»

«Una notizia. A Piacenza c’è uno ospedale funzionante i cui padiglioni son stati ristrutturati da poco tempo mentre il complesso del Polichirurgico con il reparto di Ponto Soccorso sono stati costruiti di recente. All’indomani della seduta surreale del consiglio comunale del 19 luglio scorso ed ancor prima, i medici ospedalieri, tutte le forze politiche, il sindaco di Piacenza in prima linea, il direttore dell’Ausl, le forze sindacali, le associazioni di categoria (da ultimo l’Associazione industriali) si sono coalizzate per sostenere che il nostro ospedale è in una situazione tale da non permettere più di svolgere la propria funzione. Questo non è vero! Anzi è falso».

A intervenire, con una lunga nota stampa a firma del referente Augusto Ridella, il Comitato Salviamospedale, che ritiene utile «ricordare a tutti i piacentini le principali affermazioni che sono state fatte dai vari protagonisti che sostengono l’opzione nuovo ospedale in una sede diversa dalla attuale, lungo un percorso che dura ormai da 8 anni».

Finanziamenti - «”Queste risorse economiche sono vincolate: possono essere spese per operazioni straordinarie (cioè, un nuovo ospedale) e non sono disponibili per coprire i costi ordinari (tecnologie, manutenzioni, ristrutturazioni, ecc.)”. (Documento Asul Futuro in Salute-Piacenza i nuovi percorsi della sanità- il nuovo ospedale di Piacenza 7 ottobre 2016). «Non è vero» - scrive il comitato. «Tutti i finanziamenti fanno riferimento alla legge numero 67 del 1988 articolo 20, richiamato in tutte le delibere della Regione Emilia-Romagna (e ribadito in sede di consiglio comunale dal direttore generale dell’Ausl) che recita: “È autorizzata l'esecuzione di un programma pluriennale di interventi in materia di ristrutturazione edilizia e di ammodernamento tecnologico del patrimonio sanitario pubblico…”. Questi finanziamenti vengono poi ripartiti attraverso gli accordi di programma dalla Regione Emilia-Romagna nelle diverse realtà provinciali. Si tratta quindi di una decisione politica della Regione Emilia-Romagna vincolare questo finanziamento alla costruzione di nuovo ospedale. Decisione che può essere tranquillamente modificata se vi è questa volontà. Gli esempi di cambiamento di indirizzo da parte della Regione non sono una novità, si veda da ultimo la vicenda area 5 area 6».

Spazi e Parcheggi - «In base all’analisi – continua il comunicato - SWOT è stato dichiarato che “l'insediamento dell'intero plesso ospedaliero ha esaurito la possibile espansione delle strutture dei blocchi di fabbrica e delle corrispondenti capacità di sosta sia di breve che di lungo periodo” (Documento di sintesi 2.0 punto 1-pag.41-luglio2023).  Abbiamo dimostrato attraverso il rendering predisposto gratuitamente dai nostri tecnici che è possibile incrementare l’attuale superficie del Polichirurgico di 46.850 mq di ulteriori 43.500 mq. Quanto ai parcheggi quelli attuali al servizio dell’ospedale sono circa 800 di cui 201 all’interno. Quelli previsti nel nuovo sono 1418. Anche in questo caso abbiamo indicato possibili soluzioni per implementare il numero di posti auto (Via XXI Aprile possibile multipiano raddoppiando i posti attuali, Via Anguissola parcheggio multipiano 250 posti, area ex Acna parcheggio a raso di circa 800/900 posti, area ex Cral Arsenale)».

Consumo di suolo - «La legge regionale E.R 24/2017 – spiega il comitato - dispone che “il consumo di suolo non dovrà superare il 3% del territorio urbanizzato e sarà consentito solo per opere pubbliche per progetti capaci di sostenere lo sviluppo e l’attrattività del territorio e comunque nei soli casi in cui non esistano ragionevoli alternative consistenti nel riuso di aree già urbanizzate e nella rigenerazione delle stesse.” Leggiamo nel programma di mandato dell’attuale Giunta: “la vera sfida di Piacenza e diventare una città ecosostenibile… che preferisce la pianificazione urbana rigenerativa al consumo di suolo” Il nuovo ospedale sottrarrà ulteriori 256.834 mq di territorio agricolo. La verità è che non si è mai preso in esame seriamente la possibilità di rigenerazione riqualificazione dell’attuale ospedale e non si è proceduto, una volta acquisite le necessita di spazi dagli operatori sanitari, alla predisposizione in prima istanza di un progetto approfondito ed articolato che prevedesse questa opzione. La verità è che non si è mai pensato a questa soluzione nell’ambito di quanto previsto dal “Piano di organizzazione e sviluppo della sanità di Piacenza” 16 marzo 2017, che a pagina 17 punto 3.2. afferma: “l'obiettivo principale della riorganizzazione proposta è quello di assicurare alla popolazione della provincia il mantenimento dei quattro ospedali Piacenza Castel San Giovanni, Fiorenzuola Bobbio… la proposta è quello di rendere i quattro ospedali in rete perfettamente complementari”».

Invecchiamento della popolazione - «Piacenza – aggiunge la nota stampa - ha l’indice di vecchiaia più alto della ragione 202,7, RERR 192,9, IT 187,4. Questo dato porta ad una trasformazione di una parte della domanda di assistenza “in termini di consumo di servizi sanitari, assistiamo a un calo della domanda di ricoveri ospedalieri e un forte incremento, potenzialmente esplosivo nel medio periodo i bisogni legati alla cronicità” (pagina 9 del Piano citato). Oggi in Italia il 20% della popolazione ha poli-cronicità. Nessun sistema sanitario al mondo può reggere il 20% di cronicità in ospedale o in strutture sanitarie. La pandemia ha messo in discussione il modello ospedale-centrico. Per arginare una situazione che rischiava di travolgere si sono attivate/inventate le Usca per portare le cure a domicilio. Il Pnrr missione 6 Sanità ha programmato investimenti su quattro aree di intervento (case della comunità, ospedali di comunità, centrali di coordinamento dell'assistenza domiciliare, ammodernamento tecnologico e digitalizzazione, telemedicina) ma non destina un solo euro per nuovi ospedali per acuti. Il DM 77/2022 detta i parametri per la medicina territoriale e indica fra le misure principali il potenziamento delle cure domiciliari affinché la casa possa diventare il luogo privilegiato dell'assistenza. Case e ospedali di comunità, assistenza domiciliare, telemedicina dovranno liberare gli ospedali da accessi impropri che oggi intasano ad esempio i pronto soccorso, rendendo necessari minori posti letto. La sfida prioritaria, quindi, non è quella della costruzione di un nuovo ospedale ma quella di reperire le risorse finanziarie per la spesa corrente per pagare meglio gli attuali operatori sanitari e poter sanare le carenze di organico con nuove assunzioni di medici e infermieri. Senza medici e infermieri mattoni e siringhe non servono a niente».

Costi per il nuovo ospedale: 2019 185 milioni, 2021 260 milioni, 2023 309 milioni - «Stiamo parlando di studi di fattibilità e non di progetti esecutivi, è quindi logico presupporre che questi costi siano destinati a lievitare. Ricordiamo che si tratta di un ospedale di sostituzione, come ribadito nei vari studi di fattibilità:

“Il nuovo ospedale è da considerarsi un ospedale di sostituzione, nel senso che sostituirà in tutto e per tutto, in una versione aggiornata e migliorata, l’attuale struttura piacentina… tutte le funzioni ora esistenti troveranno una migliore collocazione, attraverso la disponibilità di spazi più razionali, e anche la valorizzazione e il potenziamento delle aree principali” (pag. 27 relazione di sintesi studio di fattibilità 2.0 luglio 2023). Avremo quindi un migliore confort alberghiero e una migliore distribuzione degli spazi di lavoro. Non avremo nessuna nuova specializzazione. Questo risultato vale l’investimento richiesto?»

Lo vogliono i medici - «È questo l’argomento forte – riporta la nota stampa - che viene opposto a chi come noi sostiene la possibilità di rigenerare l’attuale nosocomio. Su questo tema si sono recentemente espressi pubblicamente otto capi dipartimento. Se il punto di vista e i desiderata di chi opera nella struttura ospedaliera, medici, infermieri in primis è senz’altro da tenere in alta considerazione, compito di chi amministra una comunità e quello di portare a sintesi i diversi interessi in campo, quali ad esempio il consumo di suolo accennato, il destino di quella parte di città che verrà dismessa, l’utilizzo corretto delle risorse pubbliche. Se da una parte è comprensibile che i medici subiscano il fascino di poter operare in una struttura ospedaliera di nuova progettazione e realizzazione, dall'altra è stupefacente come gli stessi (il cui curriculum di studi peraltro non ricomprende la materia di cui trattasi) non si rendano conto che le loro motivazioni cozzano con i più elementari dati di realtà, quando non sconfinano in vere e proprie affermazioni che, se non risultassero evidenti forzature dialettiche a sostegno di un' opinione e di un auspicio, avrebbero conseguenze ben più serie. Ripercorriamo, i punti principali delle loro argomentazioni. Le esigenze della medicina moderna non sono più quelle di 20-30 anni fa e quindi l'Ospedale di Piacenza, in particolare il polichirurgico che contiene il 70% dei posti letto, progettato 40 anni fa e inaugurato nel 1994, non sarebbe più adeguato né, vista la loro presa di posizione, adeguabile. I sostenitori della inevitabilità dell'ospedale nuovo non fanno discendere da questa loro affermazione, la conseguenza che, se avesse un senso ciò che loro sostengono, l'intera rete ospedaliera italiana sarebbe inadeguata e da sostituire. La rete ospedaliera italiana è stata innovata mediante le risorse (30.000 miliardi di lire in 10 anni, poi diventati già 40) stanziate dal governo di allora con l'art.20 della legge 67/1988. Il nuovo ospedale, se si farà, sarà residualmente finanziato ancora da quello strumento normativo. Come già ricordato il Pnrr in fase di attuazione, che pur avrebbe potuto essere un'occasione epocale per risolvere ciò che i nostri medici evidenziano, non stanzia un solo euro per l'edilizia ospedaliera per pazienti acuti. Quindi tre governi (Conte2, Draghi e Meloni) hanno ritenuto che la rete ospedaliera italiana, innovata 40 anni fa, non necessiti di altri interventi strutturali, se non per la parte informatica e delle dotazioni di alte tecnologie diagnostiche e terapeutiche. Non solo tre Governi di diverso colore politico hanno condiviso tale scelta, ma nessuna forza politica, di maggioranza o opposizione, nè alcuna voce tecnico scientifica si è levata per sostenere una tesi diversa, pur condividendo tutti, i sacrosanti allarmi circa il futuro della sanità pubblica italiana, sul versante della formazione e del reclutamento di personale sanitario, ma non certo sul versante dell'edilizia ospedaliera per acuti. Perciò la prima argomentazione risulta essere un'opinione, tanto rispettabile, quanto assolutamente isolata e contraddetta dalla realtà. Punti 2, 3 e 4. Spazi, servizi igienici, rischi infettivologici, sicurezza, sterilità delle sale operatorie, criteri di accreditamento. I medici, evidenziando le criticità di una struttura di 30 anni fa, sembrano suggerire, poiché il Polichirurgico è ugualmente datato, che lo stesso non sia a norma. Chi si occupa professionalmente di gestione ospedaliera sa che il provvedimento di accreditamento di una struttura sanitaria è l'atto conclusivo di un procedimento di verifica di tutti i requisiti obbligatori riguardanti proprio rischi, spazi, sterilità, procedure, servizi accessori e, in sintesi, tutto quanto concerne la garanzia della sicurezza per pazienti e operatori, oltre che della parametrata e misurata qualità dell'assistenza. Sa anche che il possesso dei requisiti è oggetto di verifica periodica da parte della Regione, mediante codificate procedure di auditing. Affermare che "i criteri di accreditamento e sicurezza di oggi non collimano con quelli di allora (di 40 anni fa)" è innanzitutto una perdonabile inesattezza per chi non si occupa professionalmente di queste materie. Quarant'anni anni fa si iniziava appena a parlare di accreditamento; senonché all'Ospedale di Piacenza si applicano i criteri di accreditamento di oggi, non quelli, peraltro inesistenti, di quarant'anni anni fa. E l’Ospedale di Piacenza risulta essere accreditato, checché incautamente scrivano i medici firmatari del pezzo su Libertà. Ergo delle due l'una: o le "criticità" da loro evidenziate sono un artificio retorico a sostegno di un loro personale auspicio o, se sono frutto di una meditata convinzione professionale, le stesse aprono un problema gravissimo per la salute e la sicurezza di tutti i piacentini e non solo, perché risulterebbe che l'Ospedale di Piacenza non sarebbe accreditabile e quindi andrebbe semplicemente chiuso. Poiché non è credibile che le autorità locali e regionali siano tutte complici nel mantenere aperta una struttura non a norma, per la tranquillità di tutti e soprattutto della sindaca di Piacenza, preferiamo propendere per la prima ipotesi. Ma suggeriremmo ai medici di fare attenzione nell'argomentare le loro opinioni». 

Trasporti interni - «Di ospedali a padiglioni, accreditati e funzionanti, oltre che prestigiosi, è piena l'Italia e il mondo. Uscendo dal generico, le necessità di trasporto interno di un paziente, sono assai limitate, se è vero come è vero che per la diagnostica di laboratorio si trasportano i reperti, per i consulti si muovono i consulenti e per l'imaging di bassa-media fascia, in genere i padiglioni, se non i reparti, hanno una dotazione autonoma. Resta l'imaging di alta fascia (Tac, PET, RMN...), per cui il dato andrebbe quantificato, non agitato genericamente. Gli altri centri starebbero "avanzando". Quali? Parma e Pavia, per citare i viciniori, stanno progettando e realizzando padiglioni aggiuntivi, non certo pensando a ospedali sostitutivi di nuova realizzazione. Conclusione: la scelta di fare un ospedale nuovo, anziché di adeguare l'esistente, non è una scelta tecnica, bensì meramente politica e quindi come tale opinabile sotto i molti aspetti (costi-benefici, consumo di suolo, tempi ecc.) che investono la responsabilità degli amministratori pubblici. 

Quale futuro per la struttura esistente? - «Dopo le proposte abbastanza indefinite se non sciagurate – conclude il comitato - abbattimento del Polichirurgico, avanzate nei primi studi di fattibilità, abbiamo appreso dal Direttore Generale dell’Ausl, nella seduta di Consiglio ricordata, che la Regione creerà un fondo regionale ad hoc per il recupero e la valorizzazione degli immobili e delle aree dismesse di Piacenza, Carpi e Cesena. Se da un lato questa scelta conferma quanto da noi sempre sostenuto, e cioè che ad oggi - dopo otto anni! - non si sa ancora cosa fare di questo patrimonio, patrimonio stimato in oltre 150 milioni, e il rischio che venga abbandonato ad un inesorabile degrado è quanto mai probabile, dall’altro l’idea del fondo ad hoc, non può lasciare assolutamente tranquilli, specialmente noi piacentini, che abbiamo purtroppo una lunga esperienza di beni in capo al demanio o alla difesa, inutilizzati e abbandonati (si veda l’ultimo crollo in via Castello) e non abbiamo assolutamente bisogno di aggiungervi la struttura dell’ospedale di via Taverna, condannando al declino una parte importante della città».

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