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Tradizioni piacentine

Tutti i segreti dei salumi tipici o tradizionali piacentini: ecco quali sono e come vengono realizzati

Prosegue il viaggio nella tradizione di norcineria piacentina, la più variegata al mondo

Questo libro vuole essere la testimonianza di ciò che siamo stati, ma soprattutto di ciò che desideriamo essere per il prossimo futuro». Così il presidente del Consorzio salumi Dop piacentini Antonio Grossetti chiude la sua prefazione al libro del giornalista Giuseppe Romagnoli pubblicato per l’importante anniversario per i 50 anni della costituzione del Consorzio e per i 25 dell’attribuzione del marchio Dop (unici in Europa) per ben tre salumi: coppa, pancetta, salame (in basso, la copertina del libro). Un riconoscimento ottenuto grazie all’impegno delle istituzioni locali, in primis la Camera di Commercio, ma soprattutto da parte dei soci produttori che sono riusciti nel tempo a migliorare sempre la qualità sia grazie all’innovazione tecnologica che conservando la tradizione produttiva. IlPiacenza.it, grazie al Consorzio salumi Dop piacentini, pubblica a puntate, alcune delle parti più significative del libro.

Il nostro breve “girovagare” dentro le osterie ci ha pertanto introdotto verso i salumi tipici piacentinii cui produttori fanno parte di quel Consorzio di cui tratteremo successivamente. Fino a non molto tempo fa gran parte del patrimonio salumiero piacentino, quello non Dop per intenderci, sembrava dover soccombere dall’imperversare delle diete anticolesterolo ed anti-lipidiche, ma oggi grazie alla selezione genetica e alla alimentazione, le carni dei suini sono molto più idonee ad una dieta equilibrata. Queste prerogative valgono non solo per il consumo di carni “fresche” ma altresì per i prodotti di salumeria per i quali le moderne tecniche di produzione, pur rispettose del passato, soprattutto in una produzione ancora artigiana, si sono “addolcite” diminuendo il sale e rinunciando praticamente ad ogni additivo. 

Del maiale un tempo si mangiava quasi tutto, o soltanto trasformato in prodotti della salumeria, ad iniziare dalla salsiccia pronta all’uso immediatamente dopo la macellazione (salsiccia fresca) sovente per la preparazione di tipici condimenti di celebri primi piatti, in particolare per ragù, salse e condimenti. Anche per i salumi tipici piacentini è stato predisposto un apposito disciplinare a dimostrazione che anche le parti del maiale consumate più precocemente, sono predisposte con l’adeguata professionalità garantita dai salumifici piacentini, in ottemperanza a cogenti normative sanitarie. 

COTECHINO - Cominciamo con il cotechino piccolo: ne esistono certo diversi tra loro sia per involucro che per composizione del contenuto, però sempre caratterizzati da un trito di carne di maiale. Devono essere cotti in acqua prima di essere portati in tavola, caldi e fumanti. In generale si consiglia di avvolgere questi salumi in un canovaccio e metterli quindi a sobbollire per alcune ore; se si vuole ridurre il sale, a metà cottura va cambiata l’acqua di cottura. Vanno serviti, infine, ben caldi, su piatti riscaldati e coniugati con un vino rosso locale frizzante o anche fermo, ma sempre rigorosamente piacentino. Da provare anche la variante in umido con patate. 

CICCIOLI - Seguono a ruota, per un consumo abbastanza fresco, i ciccioli (grassèi), un prodotto caratteristico di tutta la regione come dimostrano numerosi sinonimi con cui vengono denominati: siccioli, grassoli, lardinzi, grépòle, cicoli o sfrizzoli. I ciccioli di Piacenza, noti anche come sbrislòn (grosse briciole) sono in effetti i residui di carne e cartilagini della lavorazione dei salumi e degli insaccati in genere, principalmente costituiti da sottoprodotti (scarti) della lavorazione di carne di maiale. Si presentano come pezzettini irregolari di carne di color nocciola più o meno scuro, a seconda che la fusione sia avvenuta a fondo e ad alta temperatura. Eccellenti con la polenta che deve essere piuttosto densa. A parte si prepara, a fuoco lento, un soffritto con strutto e cipolle; dopo circa sette otto minuti si può mescolare il tutto con la polenta ed assaporare. Se si avanza, si può gustare anche il giorno dopo, tagliata a fette di circa un paio di centimetri, abbrustolita sulla brace o fatta friggere in una padella unta di strutto. Piatto tipico nelle case povere piacentine. Ma c’è pure la cicciolata, salume tipico della provincia di Piacenza, preparato artigianalmente con le parti meno nobili (testa, orecchie, coda, resti di tagli) del maiale che vengono cotte, tritate ed ancora cotte insieme ai ciccioli. Prima vengono aggiunti ai vari tagli alcune spezie come alloro, pepe e sale per conferire al tutto un aroma deciso e unico. Alla fine della cottura si avvolge la cicciolata in un telo di lino, pressato con un apposito strumento di legno per far fuoriuscire il grasso in eccesso. Si consuma tagliata a coltello, meglio se la fetta è un po’ spessa, per dare il giusto gusto nel palato. In questo caso, oltre che in un panino, è eccellente sulla polenta abbrustolita, una vera leccornia. 

SALAME DA CUOCERE - Restiamo in tema di consumo di prodotti abbastanza freschi con il salame da cuocere (salàm da cotta), altro importante prodotto della tradizione, ottenuto da un impasto di rifilature di carne magra e grasso di suino nazionale adulto con aggiunta di sale e aromi. Ovviamente il tempo di cottura dipende dalla dimensione; una volta pronto si propone su un letto di purè di patate o, con lenticchie. Noto anche come “salcicciotto alla piacentina”, era conosciuto già ai tempi del cardinale Giulio Alberoni che, allo scopo di accontentare Elisabetta Farnese, consorte di Filippo V Re di Spagna figlia di Odoardo, nipote e figliastra di Francesco Duca di Parma e Piacenza, non mancava di far avere alla Regina Elisabetta, tra i salumi, anche questo da cuocere. 

Pure il Cappello del prete veniva inviato alla corte spagnola. Il nome è assai esplicativo: deriva dalla tipica forma del cappello che indossavano i sacerdoti dalla fine dell’800. È caratterizzato da un “contenitore” di cotica di suino che viene successivamente riempito da un impasto di carni suine. Qualcuno lo prepara anche con un pezzo unico derivato dal muscolo degli arti anteriori del suino. La cottura è un po’ laboriosa, ma il risultato è eccellente. Va posto in acqua fredda e lasciato per tutta la notte. Poi deve sobbollire per ore fino a che la cotenna è facilmente perforabile con un lungo spiedino. Si consuma come i più noti cotechini e zamponi e lo si accompagna con purè di patate, lenticchie o spinaci. 

LARDO - Il lardo (gras). Il maiale è il simbolo stesso del grasso ed è sempre stato allevato proprio perché ne fornisse in abbondanza. Il grasso suino per eccellenza è il lardo cioè lo strato adiposo più o meno ampio sotto la pelle o cotenna. Veniva consumato salato ed aromatizzato in due metà. Il lardo è bianco, rosato, sodo e morbido al tempo stesso e pronto a sciogliersi al calore delle cotture o della bocca. Era tanto apprezzato che rientrava in tutti i contratti di pagamento, dai legionari romani, agli artigiani medievali, ai carrettieri dell’800. Il lardo trasformava le minestre di verdure in gustose leccornie, pezzi di pane in straordinari stuzzichini. Di lardo vengono prodotte alcune varianti in funzione del tipo di grasso utilizzato (lardo di guanciale e lardo di schiena), dalla forma (steso, arrotolato, in budello o nudo, integro o tritato con spezie), dal tipo di aromatizzazione utilizzata. Si aggiunge sale, salvia, aglio, alloro, chiodi di garofano, ginepro, pepe in grani, rosmarino, spezie di composizione variabile da produttore a produttore, budello bovino. La forma è variabile dal parallelepipedo al cilindro, legata e/o insaccata. È prevista una stagionatura in funzione della pezzatura, da minimo 30 giorni fino ad oltre un anno. Delizia con crostini caldi. Era presente un po’ in tutte le case. Anche l’etimologia, per quanto dubbia, sembra attribuire al lardo valore centrale nei legami familiari, ovvero lardo da “laridum”, gli dei lari protettori della casa. Ma va menzionato anche lo strutto riscoperto per friggere “chisolini” e torta fritta. Era usato molto in passato perché più economico rispetto all’olio, ma ormai è in disuso nelle nostre cucine, sostituito dall’olio, burro e margarina. Lo strutto, a differenza di olio e burro, però si presta particolarmente per le fritture perché ha un punto di fumo più alto rispetto all’olio di oliva. 

SALAME GENTILE - Salame gentile (salàm gentil). Il “Gentile” è il salame della tradizione piacentina da non confondersi con quello Dop di cui tratteremo. Il nome deriva dalla parte del budello che viene utilizzata. “Gentile” in quanto è il più prelibato dei salami, sia per il sapore, sia perché utilizza solo una parte del budello del maiale, la più preziosa. Era spesso oggetto di omaggio ai signori dell’epoca, i “Gentili”. Viene infatti considerato il principe dei salami ed è prodotto utilizzando solo carni nobili del maiale come coscia, lombo e filetto e una piccola dose di pancetta di prima qualità. La macinatura è relativamente più fine del salame piacentino Dop, la pezzatura varia dagli 800 grammi a 1.5 Kg. La legatura viene sempre fatta a mano, le caratteristiche del budello “Gentile” non permettono una legatura meccanizzata. Le caratteristiche del budello usato hanno una rilevanza particolare nella produzione e stagionatura casalinga di questo salame. La parete grassa del budello infatti rallenta l’essiccazione della carne macinata e questo consente una stagionatura lunga anche di 8-12 mesi a seconda della pezzatura del salame (salami molto grossi fino a 12 mesi; salami più piccoli intorno agli 8 mesi), pur mantenendo morbidezza dell’impasto ed una buona omogeneità di essiccazione fra l’interno e la parte esterna del salame. Da gustarsi rigorosamente in un croccante panino. 

MARIOLA - Un altro salame straordinario come il Gentile è la Mariola il cui nome deriva da quello del budello utilizzato che ha la caratteristica di essere piuttosto spesso e, dunque, particolarmente adatto per portare avanti nel modo migliore il lungo periodo della sua stagionatura. Esattamente come il Gentile da cui differisce per la sua particolare forma, compatta e sferica con fette rotonde e non oblique che, una volta tagliate, risultano piuttosto grandi e particolarmente invitanti. Si ricava dalla lavorazione della carne magra di suini di qualità allevati localmente che viene macinata in maniera da ottenere una grana piuttosto grossa. La carne viene poi valorizzata ulteriormente dalla fusione con un mix speziato e aromatizzata con il tono peculiare del vino bianco e con un sottofondo agliato che definisce il gusto deciso e evidente di questo salame. Una volta distribuito nel suo budello, deve essere fatto stagionare almeno per 60 giorni, ma tranquillamente anche ad un anno, una vera e propria eccellenza da gustarsi sempre con pane e magari un po’ di giardiniera di accompagnamento. 

CULATELLO - Infine chiudiamo la nostra rassegna dei salumi tipici con il culatello (culatel), un salume di lunghissima stagionatura, boccone da gourmet, tanto ricercato che nel passato i contadini lo vendevano per comperarsi il maiale. Il culatello piacentino, conosciuto in zona anche come “Culatello delle nebbie”, utilizza per maturare il microclima particolare che è quello del Po, della “Bassa”. Il culatello deriva dai muscoli crurali posteriori ed interni della coscia del suino pesante italiano con aggiunta di sale, aromi e conservanti. La preparazione e la legatura che gli conferiscono la caratteristica forma a “pera” è rigorosamente manuale. La stagionatura è almeno di un anno. Come i salumi migliori si esalta con un buon pane, accompagnato da qualche ricciolo di burro. Questo per quanto concerne i salumi tipici o tradizionali, in attesa di trattare delle Dop: Coppa piacentina, Pancetta piacentina e Salame piacentino. Per questo non si può contestare l’affermazione che nessuno al mondo ha una tradizione di norcineria così variegata e di qualità come la provincia di Piacenza.

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