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Il Festival della cultura della libertà, isola del libero pensiero nella dominante stagnazione dell’informazione

Conclusa con successo la seconda edizione del “Festival della Cultura della libertà” svolta a Palazzo Galli nelle giornate di sabato e domenica. Sull’onda del gradimento riscontrato, la manifestazione è già stata confermata per l’edizione 2019

Conclusa con successo la seconda edizione del “Festival della Cultura della libertà” svolta a Palazzo Galli nelle giornate di sabato e domenica. Sull’onda del gradimento riscontrato, la manifestazione organizzata da Banca di Piacenza, Confedilizia, Il Foglio, European students for Liberty e l’associazione dei Liberali Piacentini Luigi Einaudi - con il sostegno di Camera di Commercio, Fastweb, Posteitaliane e sorgente Group, tanto è già stata annunciata l’edizione 2019 nei giorni 26 e 27 gennaio.  Quest’anno l’eccezionale squadra di relatori schierata da Carlo Lottieri, direttore scientifico del Festival, oltre a catturare l’attenzione del numeroso pubblico, l’ha costretto compiere acrobazie per seguire le numerose interessanti sessioni che si sono susseguite nelle sale Panini, Verdi e nelle sessioni plenarie.

Il focus di questa seconda edizione, intitolata “Nuove frontiere, nuove sfide”, ha insistito sul rapporto tra libertà e cambiamento alternando temi politici e filosofici-scientifici ad altri di carattere tecnico, etico e sociale quali, in via esemplificativa: l’utilizzo degli OGM in agricoltura, il rapporto tra internet e libertà, la consistenza dei Bitcoin e delle criptomonete, la situazione politica in Catalogna, gli interrogativi che solleva la bioetica contemporanea. E ancora quali strategie sono opportune per ridurre spesa pubblica e tassazione, l’atteggiamento da tenere di fronte a quell’immigrazione di massa che sta cambiando in maniera radicale la società, Lenin e il comunismo in Italia.  Tutti argomenti ripresi e commentati nella conclusione del convegno,  dall’avv. Corrado Sforza Fogliani, il quale a proposito della sessione “Lenin, cent’anni dopo, perché il comunismo ha fallito”, ha rievocato la sua partecipazione come consigliere comunale, nei primi anni Sessanta del secolo scorso, a uno dei viaggi che l’industriale modenese Renato Crotti organizzava per i suoi operai un viaggio in Unione Sovietica per far conoscere loro le condizioni di vita dei paesi comunisti. Prima tappa del viaggio con Sforza Fogliani la Cecoslovacchia, dove la comitiva, festosamente accolta dalle autorità locali, era stata condotta in visita rigorosamente guidata, alle realtà civiche e agricole locali, illustrate nel segno della massima efficienza. Nel corso della visita il giovane consigliere comunale piacentino chiese spiegazioni sulla operatività nei seggi elettorali, ottenendo conferma del fatto che l’elettore consegnasse al presidente di seggio, la scheda di voto aperta; una modalità fu precisato, che non doveva stupire data la condivisione generale sulla linea politica del paese, chi non fosse stato d’accordo poteva comunque consegnare la scheda chiusa.  Poco dopo il rientro in albergo  Sforza Fogliani ricevette l’invito a scendere in reception.  Un commissario politico lo informava con fermezza che il mattino successivo avrebbe dovuto raggiungere la stazione dove sarebbe transitato il suo treno diretto verso l’Italia. Intuendo la ragione di sgradito ospite cercò di guadagnare tempo dicendo di preferire l’areo, confidando sul fatto che i voli non erano quotidiani; la sua richiesta fu accolta: “Prepari il bagaglio perché il volo è alle 14,30 e lei deve partire”.

Un secondo ricordo sempre degli anni Sessanta è stato per la visita al già presidente della Repubblica Luigi Einaudi che lo aveva accolto con grande affabilità nella sua residenza di Dogliani. Di Einaudi ha poi ricordato il rammarico espresso nel messaggio di insediamento  alla carica di Presidente (12 maggio 1948), per dover rinunciare con l’elezione, alla gioia di essere costretto a cambiare la sua opinione quando le argomentazioni degli altri erano più convincenti delle sue.

Un piacere quello di poter modificare opinione offerto dall’isola di libero pensiero che è stato il Festival, due giorni di non politicamente corretto dove la gente ha sentito cose diverse da quelle quotidianamente propinate da radio, televisione e giornali provando il piacere intellettuale di valutare convincimenti diversi  sulla base di un confronto leale non traviato da esigenze dagli schieramenti politici per cui, in Parlamento così come nelle aule dei consigli comunali, si sa in anticipo quanto dirà l’oratore che prende la parola.

Nei primi parlamenti dello Stato Unitario le maggioranze non erano precostituite, si realizzavano di volta in volta sui singoli problemi; il Presidente aveva così il controllo oggettivo delle convinzioni della assemblea presieduta. Sforza Fogliani ha quindi illustrato quanto culturalmente “ha personalmente portato a casa” dai lavori del convegno dibattuti da personalità di alto livello e indicato alcune contraddizioni dei nostri tempi. E’ il caso del giudizio sulla meritocrazia espresso da Papa Francesco e la Giornata della Memoria celebrata con enfasi e giusto concorso di autorità, le quali però, per calcolo politico dimenticano la Giornata del Ricordo dedicata ai crimini del comunismo e così gli insegnanti che spiegano i campi di concentramento nazisti, il cui nome vero è nazionalsocialisti, ignorando le vittime dei Gulag sovietici e il genocidio di Crimea.

Gli aironi simbolo del Festival - ha concluso Sforza Fogliani - voleranno ancora il prossimo anno e nel frattempo continuiamo nei nostri circoli la nostra battaglia ispirata alla frase di Victor Ugo “Nessun gruppo per quanto potente può fermare le idee nuove”, volta a proporre all’Italia un’informazione corretta.

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