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La riflessione

«Accusare gli allevamenti dell'inquinamento è dimostrazione di faziosità»

Maloberti (La Carne che Piace): «Un po’ di sana sovranità alimentare non guasta»

«Sempre più frequentemente assistiamo a prese di posizioni perentorie e apparentemente autorevoli in tema di alimentazione, agricoltura, cambiamento climatico, ambiente e sostenibilità. Prima di emettere giudizi perentori e di emettere sentenze, convinti di poter cambiare le sorti del mondo, soprattutto in un campo così delicato come quello alimentare - che ha effetti diretti sul bene più prezioso, ossia la nostra salute - bisognerebbe avere cognizioni di causa insindacabili. Siamo sicuri che il cibo sintetico non abbia nessuna controindicazione a livello di sicurezza alimentare? Nessuno, in questo momento, può averne. Già affermare che non sia sintetico - nonostante il processo di produzione avvenga in laboratorio, si parte da tessuti animali - lascia perplessi sulla conoscenza della materia, e forse anche sulla buona fede per le conclusioni che riguardano il settore agricolo. La guerra in Ucraina e la diffusione della pandemia legata alla diffusione del virus Covid-19 hanno dimostrato che la presenza del cibo sulle nostre tavole non è scontata come poteva sembrare. Un po' di sana sovranità alimentare non guasta. E' doverosa. Sovranità alimentare che non deve essere confusa con il sovranismo o con l’autarchia. Essere dipendente da altri Paesi dal punto di vista alimentare è, per l’Italia, estremamente pericoloso, non solo dai punti di vista dell’approvvigionamento ed economico. Non possiamo esporre il consumatore al rischio legato all'utilizzo di cibo proveniente da Paesi in cui il termine sicurezza alimentare è un optional. Vogliamo paragonare le nostre costate, i nostri traversini utilizzati per fare il bollito, i nostri hamburger (che abbiamo sempre chiamato svizzere), frutto di filiere ipercontrollate, alle farine proveniente da insetti allevati a qualche decina di migliaia di chilometri, dice non solo non c’è controllo di produzione ma non vengono rispettati i criteri minimi di sicurezza sul lavoro e di rispetto dei diritti umani? Accusare gli allevamenti di essere i maggiori responsabili dell'inquinamento è poi una ulteriore dimostrazione di faziosità. È dimostrato che, grazie alla coltivazione delle colture destinate agli animali, la Co2 assorbita è dodici volte superiore a quella prodotta. La pianura padana - il cuore della zootecnia italiana, dove si produce l'80% del latte, il 70% della carne bovina, il 75% della carne suina, il 65% della carne di pollame nazionale - è notoriamente l'area più inquinata a livello europeo. Durante il lockdown gli unici settori che fortunatamente - considerato che producono cibo - non si sono fermati sono stati l'agricoltura e la zootecnia: “magicamente”, tutti i valori relativi all'inquinamento sono scesi a zero. Dal letame e dal liquame (che, non dimentichiamolo sono prodotti da bovini, suini, equini e pollame) si producono fertilizzanti, metano ed energia. Direi non male, in questo momento. Energia che può essere prodotta in modo estremamente green ed economico utilizzando l'acqua stoccata in invasi. Non è pensabile che solo l'11% dell'acqua in eccesso possa essere stoccata ed utilizzata nei momenti in cui ne abbiamo necessità. Il termine sostenibilità, oggi, è di uso corrente. Bene: non è più sostenibile non avere una disponibilità di acqua, elemento essenziale per la vita, adeguata a soddisfare il suo possibile utilizzo potabile, irriguo ambientale e per produrre energia pulita. L'agricoltura e la zootecnia padana, in questi ultimi 30 anni, sono stati oggetto di attacchi scriteriati dall'Europa, dei quali a volte noi stessi abbiamo faticato a capire il senso. Quote latte, deflusso minimo vitale, normativa acqua, normativa nitrati, Nutriscore: tutte norme che ci hanno penalizzato, con riflessi negativi anche a livello occupazionale, sociale e anche ambientale, se pensiamo al progressivo e costante spopolamento della collina e della montagna. E se fra un po' scoprissimo che dietro a tutto ciò non c'è qualche emiro ma qualche presidente o amministratore delegato di qualche multinazionale del cibo che, in ossequio ai propri interessi, è riuscito ad accattivarsi i favori di qualche europarlamentare e di qualche funzionario al suo seguito? Dopo il Qatargate, dovremo digerire il bisteccagate? È un dubbio che sorge legittimo. Se così fosse, i danni peggiori sarebbero per il consumatore, per le nuove generazioni in primis. Prima di lasciarmi andare a considerazioni sulla salubrità del cibo sintetico starei molto attento, a meno che le proprie convinzioni non nascano da interessi personali o dalla ricerca di visibilità a buon mercato».

Giampaolo Maloberti, presidente Consorzio la Carne che Piace

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