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Il comitato terme di Bobbio: «Ecco le nostre perplessità sull’Università della montagna»

«La settimana scorsa ha avuto risonanza l’annuncio del contributo regionale di 4.5 mil di euro a 10 corsi di alta formazione, per 950 partecipanti e 4.500 ore di formazione  nel triennio. La notizia ha acceso grande interesse e soddisfazione, ma anche qualche fantasia di grandi opere-  un ateneo a Bobbio - tirando il collo ai fatti.  Vediamoli meglio questi fatti, dai documenti ufficiali della Regione Emilia-Romagna. L’assessore regionale all’Università e ricerca, Bianchi, chiarisce che i fondi vanno a sostegno di 10 progetti, in ambiti diversi e strategici, dall’intelligenza artificiale ai servizi per l’industria 4.0. Dalla mobilità intelligente alla sostenibilità alimentare. Dalla gestione del rischio correlato ai cambiamenti climatici al pluralismo religioso. Una scuola internazionale di politica e una di formazione musicale per strumenti solisti. Tra questi progetti uno in particolare riguarderà l’Alta Formazione per lo Sviluppo Sostenibile dell’Appennino, ovvero “AL FO NSA” , con capofila  l’Università di Modena. Lo scopo è “la valorizzazione delle ricchezze dell’Appennino in termini ecologico ambientali, sociali, culturali, economici, paesaggistici”. Come? Verranno attivati corsi di perfezionamento e specializzazione su “agricoltura di montagna, gestione integrata dei versanti, gestione forestale sostenibile, gestione delle acque, valorizzazione turistica del patrimonio culturale e paesaggistico”.  

Da chi? Per Piacenza sono indicati il dipartimento Diproves dell’Università Cattolica ed il dipartimento Dabc del Politecnico di Milano, polo territoriale di Piacenza. Accanto a queste due università piacentine, al progetto partecipano inoltre le università di Bologna, Ferrara e Parma, che parimenti si occupano di sviluppo sostenibile dell’Appennino. Quindi, per quanto riguarda le finanze, un primo fatto è che la cifra di 4,5 milioni di euro complessiva- mente è significativa, ma fatte le ripartizioni, la quota effettiva per il progetto di alta formazione/innovazione dell’Appennino diventa ben più modesta.

Dove si terranno i corsi? La candidatura di Bobbio è forte per quanto riguarda la parte piacentina, ma è da capire se le altre università partners Bologna, Ferrara e Parma, convergeranno su Bobbio o invece attiveranno corsi in località proprie. Molto resta ancora da definire. In questo scenario irrompe il sindaco di Bobbio con l’intervista del 13 agosto scorso. Non ha dubbi: a Bobbio ora ci vuole un ateneo e sorgerà sul terreno di San Martino. Il sindaco di Bobbio ama le promesse visionarie. Per decenni ha promesso la riapertura delle Terme, fallita come sappiamo.

Ora: un ateneo richiede un numero di studenti dell’ordine delle migliaia, come ben sanno le università che si strappano gli iscritti per non chiudere. Un corso - e il finanziamento regionale riguarda dei corsi - ha solitamente quindici/venti studenti. Può essere che dopo anni di ostilità a proposte di uso pubblico dell’area di San Martino ora il sindaco di Bobbio abbia deciso di cambiare. Bene, l’uso pubblico non è più tabù, però stiamo sul concreto. Sul terreno di San Martino - quello con gli scheletri di villette - siamo a questo punto: devono esser effettuati due scavi per accertare la presenza - o meno - di acque termali. Lo sa il sindaco di Bobbio che da presidente dell’Unione comuni val Trebbia- Luretta ha approvato la delibera per gli scavi, finanziati dalla regione. Scavi in tempi brevi: lo chiede il comitato per le Terme e lo chiedono anche tante persone, che da Agazzano, Sarmato o dalla val Tidone vanno a Salsomaggiore per fare le cure. Seguono la faccenda acque termali, perché farebbero volentieri un viaggio più corto. Si parla a ragione di rilancio della valle, delle sue risorse. Bene, chiarezza sia fatta sulla risorsa termale. Vediamo di portare a termine quanto è stato iniziato. Il sindaco di Bobbio, presidente dell’Unione - dove la delibera degli scavi è stata votata - ha l’onere di farla rispettare. E anche di rispettare la collegialità su cui si fonda l’Unione dei comuni. In val Trebbia-Luretta non siamo ancora arrivati alla Fusione, dove il capofila decide per tutti. Le decisioni sulle risorse della valle passano ancora per il confronto con gli altri amministratori e la popolazione. In democrazia».

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