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Agricoltura

«Pomodoro da industria, il rischio è una drastica riduzione delle superfici investite»

Fabio Girometta, presidente Cia Piacenza, sulla prossima campagna: «Non possiamo continuare ad assumerci tutti i rischi della coltivazione di una coltura che ogni anno deve fare i conti con eventi climatici sempre più estremi»

Costi produttivi in perenne crescita, rischio elevatissimo di carenza idrica, remunerazioni che coprono a malapena i costi, riduzioni drastiche di contributi e vincoli sempre più cogenti dalla Pac, debolezza cronica all’interno della filiera: con questi “chiari di luna” la storica coltura del pomodoro da industria a Piacenza rischia una radicale diminuzione degli ettari investiti, complicata ulteriormente dalla fase di stallo della trattativa per l’accordo-quadro tra associazioni di prodotto ed industria di trasformazione che, ad onor del vero, ha dovuto subire decisi rincari per energia e packaging, pur in un mercato tutt’ora favorevole. «Un pericolo imminente - evidenzia il presidente di Cia Piacenza Fabio Girometta commentando l’attuale situazione - senza nascondere il rischio che, nonostante il costante ed importante lavoro svolto dalle associazioni dei produttori e dall’organizzazione interprofessionale del nord Italia, gli agricoltori si orienteranno, se non dovessero arrivare chiare indicazioni su un aumento del prezzo contrattato, verso altre colture meno costose, rischiose ed impegnative, che nelle ultime campagne hanno comunque ottenuto una buona remunerazione».

«Non possiamo - sottolinea Girometta - continuare ad assumerci noi tutti i rischi della coltivazione di una coltura che ogni anno deve fare i conti con eventi climatici sempre più estremi; siamo stanchi di fare da schermo protettivo sia per l’industria, che per la grande distribuzione; il mondo della trasformazione e quello dei consumi hanno sino ad oggi beneficiato della sicurezza del prodotto; se i consumatori possono poter contare su un prodotto garantito, di grande qualità e sostenibile, lo debbono agli imprenditori agricoli che non possono subire sempre in toto queste situazioni, con i concimi che sono aumentati del 300%, con l’aumento esponenziale dei prezzi dei mezzi tecnici, dell’energia, nonché del costo del denaro, con un’ormai cronica carenza idrica per fronteggiare la quale non è stato fatto nulla». 

«Il pomodoro, com’è noto, ha costi di produzione elevati strettamente collegati all’irrigazione. Non è possibile programmare le produzioni senza avere la garanzia della disponibilità d’acqua, di fronte a prospettive di siccità anche quest’anno, con le dighe semivuote, con i pozzi sempre più bassi e le falde carenti di un’acqua che oltretutto è prioritariamente indispensabile per gli usi civili. Ed intanto la traversa di Mirafiori è bloccata e l’acqua del Po, che sta conoscendo una riduzione delle portate mai osservate prima, se ne va tutta verso il mare, quando una parte potrebbe essere utilizzata per incrementare le risorse e gli stoccaggi che continuano a non essere autorizzati, in un mortificante “balletto” di responsabilità. Così- ribadisce Girometta - è davvero sempre più complicato pensare di piantare pomodoro da industria, sia per quanto riguarda la disponibilità d’acqua, sia per i rischi connaturati alle colture tardive e precoci; c’è sempre più interesse a seminare e coltivare altri prodotti. Intanto è aumentata l’inflazione ed è diminuito quindi il potere di acquisto delle famiglie, anche se pasta e pomodoro resteranno sempre la base della loro alimentazione, ma oggi, non a caso, gli acquisti si stanno orientando più verso i discount, che verso la Gdo».

«Noi - prosegue il presidente di Cia Piacenza - crediamo nella filiera del pomodoro, nelle nostre organizzazioni; la vogliamo sostenere, ma non a discapito delle nostre aziende, perché la tutela del reddito è la nostra prima priorità. E’ giusto che gli aumenti dei costi li paghino coloro che lo consumano, non le aziende che lo producono. Noi garantiamo un pomodoro tracciato, certificato, che tutela le industrie anche nel caso di grandinate, perché tramite le organizzazioni lo assicuriamo agli stabilimenti per la trasformazione attraverso una contingentazione produttiva».

«Anche la nuova Pac non ci aiuta: il pomodoro è stato accoppiato riconoscendo cifre ridicole, penalizzando i produttori “storici”; dobbiamo lasciare a set-aside il 4% della superficie, con obbligo di rotazione, per cui avremo sempre meno ettari a disposizione per la coltivazione. Anche la mano d’opera specializzata costa sempre di più ed è difficile da reperire. L’incremento che ha caratterizzato i prezzi di vendita dei trasformati di pomodoro deve essere ridistribuito lungo la filiera e ne devono beneficiare anche gli agricoltori che fino ad oggi sono accontentati di coprire i costi di produzione. Quindi o ci assicurano al più presto prezzi adeguati, acqua garantita (servono al più presto invasi, inutile ed assurdo usare acqua del sottosuolo) e la possibilità di poter programmare in modo regolare, o il pomodoro piacentino subirà una drastica riduzione delle superfici, con il rischio di vanificare una storia radicata di professionalità che garantisce tanti posti di lavoro e che ha fatto, di Piacenza, la capitale dell’(ex) oro rosso».

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