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Domenica, 28 Aprile 2024
Bovina da latte

Prevenzione alla mastite continua sfida per allevatori e tecnici: analisi e ricadute

Il punto anche sulle ultime indicazioni terapeutiche nel convegno organizzato dalla Facoltà di Scienze agrarie dell’università Cattolica e dalla “Protec” animal nutrition

La mastite è certamente la malattia più diffusa negli allevamenti animali che producono latte per l’alimentazione umana. Essa causa una grave infiammazione della ghiandola mammaria, con danni più o meno severi del tessuto mammario e con ricadute sul benessere della bovina, sulla quantità e qualità del latte, sulle trasformazioni casearie.

Per fare il punto sulle ultime indicazioni terapeutiche, sulle modalità di analisi e sulle ricadute nella caseificazione, si è svolto presso l’Università Cattolica un convegno organizzato dalla Facoltà di Scienze agrarie, alimentari ed ambientali e dalla “Protec” animal nutrition. Nell’introduzione il professor Erminio Trevisi, direttore del dipartimento Diana, ha ricordato che il costo di una mastite nei primi trenta giorni di lattazione supera i 400 euro; una stima per difetto.

Solitamente la mastite si origina per l’invasione di microbi dallo sfintere del capezzolo, ma aumentano gli indizi che suggeriscono come fattori fisiologici correlati a scompensi digestivi possano avere un ruolo sulla patologia. Gli agenti eziologici sono vari, spesso subdoli da identificare, ed includono molti “banali” batteri ambientali. Lo sviluppo della patologia è in stretta relazione alle capacità di resistenza dell’organismo. La sintomatologia è assai varia, a volte tumultuosa e quindi facilmente riconoscibile; spesso subclinica, con sintomi lievi seppur ben identificabili (esempio la comparsa di stoppini), talora asintomatica.

La prevenzione alla mastite rappresenta pertanto una continua sfida per allevatori e tecnici, che si accompagna alla pressione della società civile, che chiede di contenere l’uso degli antibiotici per limitare le conseguenze negative che potrebbero scaturire dalla diffusione di antibiotico-resistenze tra i microbi ubiquitari. Ciò renderebbe inefficaci gli antibiotici, aumentando i rischi per l’uomo e gli animali domestici in caso di infezioni. Questa pressione sociale ha anche motivato le norme che impongono limitazioni all’uso preventivo degli antibiotici alla messa in asciutta. La gestione della ghiandola mammaria si fa quindi più complessa sia in termini sanitari che economici e richiede continui aggiornamenti per allevatori e tecnici.

«Ecco perché - ha detto Trevisi - abbiamo proposto una giornata di studio e discussione aperta all’intera filiera lattiero-casearia, per condividere utili informazioni che provengono dalle ultime ricerche. I dati sul latte e sulla caseificazione vanno utilizzati in modo corretto in ambito gestionale, puntando ad una formazione continua degli allevatori. Anche il latte è preziosa fonte di informazioni della salute; dai parametri possiamo trarre un importante aiuto predittivo sul metabolismo. Certo ci sono ancora limiti tecnici da superare, ma la strada è tracciata e deve crescere anche la preparazione dei manager di stalla».

La professoressa Renata Piccinini dell’Università degli Studi di Milano ha affrontato la salute della ghiandola mammaria, con argomenti quali prevenzione e trattamento delle mastiti, tracciando una cronistoria dell’evoluzione dei controlli: da pochi parametri a quelli introdotti in Usa, che comprendono anche aspetti gestionali, come la pulizia della mammella, la mungitura, gli aspetti terapeutici e l’immunizzazione. «È necessario nel controllo dei batteri contagiosi ed ambientali -  spiega - un approccio terapeutico differenziato, ma bisogna agire nella prevenzione e nella gestione della mandria ed i trattamenti commisurati ai valori di soglia». Ha poi trattato delle mastiti cliniche e dei pericoli di contagio di certi microrganismi.

«Per le lettiere sarebbe meglio la paglia, ma è costosa, oggi si utilizza compostato e digestato, ma nella paglia la carica batterica è più bassa. Importante soprattutto il “pre” come anche il “post dipping”, per l’igiene dei capezzoli. Pochi i vaccini in commercio; sono in corso valutazioni. Per la terapia in lattazione è necessario l’antibiogramma; anche gli antinfiammatori finalmente stanno entrando nella terapia delle mastiti. Oggi sono cambiati i principi attivi; per la terapia della messa in asciutta, no a quella selettiva se sono presenti batteri contagiosi in azienda. Bisogna pulire bene il capezzolo ed utilizzare il sigillante. Ogni stalla è una realtà a sé per la quale va predisposto un adeguato protocollo».

Della corretta messa in asciutta e delle procedure di asciutta selettiva hanno trattato il dottor Luca Cattaneo e il professor Andrea Minuti, dell’Università Cattolica del Sacro Cuore. «In quello stadio - hanno evidenziato - si verifica un importante stress che influenza la lattazione successiva con una involuzione mammaria durante lo svezzamento e profondi cambiamenti nel profilo metabolico. La durata ottimale è di sessanta giorni. Le strategie consistono in una corretta restrizione alimentare, in una riduzione della frequenza della mungitura e nell’uso di sostanze acidogeniche; insomma sono necessarie restrizioni moderate che non accentuino lo stress, anche con l’utilizzo di nutraceutici come aloe liofilizzato, utilizzando il sigillante interno per evitare mastiti ed utilizzare antibiotici solo le infezioni presenti». Hanno poi citato l’esempio dell’Olanda con l’obbligo di una asciutta selettiva e una quasi totale riduzione degli antibiotici, «ma anche l’ambiente ha un ruolo importante nei fattori di stress».

Delle conseguenze delle affezioni mammarie sulla caseificazione ha parlato il professor Andrea Summer dell’Università degli Studi di Parma, che ha subito chiarito come «vada considerata tutta la filiera, distinguendo bene latte alimentare e per uso caseario, che concerne l’indice di caseificazione, la sostenibilità economica, etica e ambientale - ovvero animali sani – e quella della mammella. Inoltre, la conta delle cellule somatiche che incidono, se il numero è elevato, sul calo della caseina perché peggiorano la qualità del latte, quindi un indicatore importante». «In conclusione - ha detto- la combinazione della conta totale e differenziale delle cellule somatiche, fornisce preziose indicazioni, sulla coagulazione, sulla resa e sui recuperi (efficienza di resa). Valori Dscc bassi con Scs elevato, compromettono la coagulazione del latte».

Il dottor Carlo Paglia, Ceo di Pro Tech Srl, ha parlato delle esperienze di campo sull’utilizzo di boli ruminali nutraceutici nella salute della mammella. «Il nostro obiettivo - ha rimarcato- è portare valore aggiunto alle aziende. Va preservata la sanità della mammella per garantire quella della bovina e la qualità del latte. E per questo sono necessari scopi e obiettivi chiari. La mastite è una patologia complessa con diverse cause eziologiche. L’uso dell’antibiotico è una perdita economica. Con cellule somatiche elevate si perdono anche tre chilogrammi di formaggio per caldaia. Una mastite significa calo della qualità e della trasformazione, con un costo di 440 euro. L’eziologia è influenzata dalla stagione, ma anche le dismetabolie sono fattori di causa. È perciò necessaria la prevenzione, anche nella nutrizione, evitando acidosi acute che aumentano la permeabilità del tratto intestinale, accrescendo le infiammazioni. Per questo la Protec ha elaborato un mangime complementare per vacche da latte, con un bolo ruminale nutraceutico (phitofans) ad azione antinfiammatoria, antimicrobica, antiparassitica, immunomodulatoria che si accompagna con un altro bolo (Fisio dry) a lento rilascio per una messa in asciutta fisiologica».

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