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Economia

Ristorazione sostenibile, per fare marketing ci vuole una visione

Ha preso il via il percorso di formazione in “Food&Beverage: gestione e sostenibilità dei servizi di ristorazione” organizzato dall’Università Cattolica del Sacro Cuore

Con un collegamento via streaming ha preso il via il percorso di formazione in “Food & Beverage: gestione e sostenibilità dei servizi di ristorazione” organizzato dall’Università Cattolica del Sacro Cuore nei campus di Piacenza e Cremona, un master di primo livello della durata complessiva di un anno accademico per 60 crediti, pari a 1500 ore tra lezioni in aula, studio e stage, alternando lezioni in presenza e contemporaneamente in streaming.

«L’obiettivo - ha ricordato il direttore del Master, il professor Ettore Capri - è di formare i professionisti e i responsabili dei servizi di ristorazione collettiva e commerciale (Food and beverage manager), fornendo una solida preparazione tecnica, gestionale e legislativa volta alla riqualificazione del servizio anche sotto l’ottica della sostenibilità. «Il master- ha specificato Capri- è soprattutto un progetto di nuova formazione, è la sfida educativa per un mondo produttivo – quello della ristorazione – che richiede una effettiva transizione ecologica verso atti concreti di sostenibilità che trasferisca l’innovazione della ricerca universitaria e privata in una moderna ristorazione Made in Italy».

I laureati triennali con la passione per il cibo potranno acquisire competenze relative a legislazione e norme internazionali ed europee per la gestione dei requisiti igienici, delle caratteristiche di qualità e nutrizionali degli alimenti, nonché relative alla sicurezza nutrizionale e alla gestione di menu per la collettività e alla produzione e controllo di qualità nelle aziende di ristorazione e banqueting. Formazione che consentirà loro la collocazione in aziende della ristorazione collettiva e commerciale (servizi di refezione, ristoranti, catering…), aziende ed enti in ambito privato e pubblico (Asl, Case di riposo, Comune)  e attività di consulenza a tutti coloro che nel settore del turismo ed ospitalità intendono svolgere programmi si sviluppo sostenibile. È garantita anche l’interazione con il mondo dell’impresa, dal momento che durante l’anno l’offerta formativa si avvarrà della partnership con gli attori della filiera ristorativa.

Pertanto, a conclusione delle attività didattiche che si articolano su una durata di un massimo di 8 mesi, è previsto un progetto di stage in azienda. In occasione dell’apertura sono intervenuti i professori Daniele Fornari, esperto in marketing, Angela Bassoli, esperta in chimica dell’alimentazione, e Silvana Chiesa, storica dell’alimentazione.

«Il marketing - ha spiegato Fornari - ci dice come stanno cambiando i processi economici ed aziendali. Può creare dei bisogni o soddisfarli ma se poi non li realizza si va verso l’insuccesso. Oggi- ha chiarito- convincere il consumatore è sempre più difficile. In più la pubblicità ingannevole è monitorata da una autority ed inoltre alla fine, se di questo si tratta,viene meno la fiducia del consumatore».

«Oggi ci sono sempre più tipologie di consumatori e cicli generazionali con nuovi paradigmi: sono sempre più informati, emancipati, con soggetti sempre più reattivi, che si pongono domande, sempre più istruiti, attenti al benessere,e quindi in cerca di una maggiore qualità, quindi di sostenibilità. Bisogna comunicare ai clienti prodotti e servizi per informare, più che convincere. Relazione è adattamento alle situazioni (pensiamo alla pandemia…) ed è necessario far conoscere le contropartite di valore. Per fare marketing- ha concluso- è necessaria una visione, per guardare lontano, leggere i cambiamenti ed i nuovi bisogni».

Di chimica e ristorazione ha parlato Angela Bassoli. Ha iniziato trattando della scoperta dei dolcificanti ed ha ricordato l’importanza dei recettori portando alcuni esempi per spiegarne i meccanismi. Ha parlato poi del Taste lab progetto di ricerca finalizzato allo studio delle preferenze alimentari degli italiani. Nato da un’idea della Società Italiana di Scienze Sensoriali, il progetto vede il coinvolgimento dei soci SISS appartenenti alle principali università e centri di ricerca italiani e prevede la raccolta di informazioni relative ai comportamenti e alle preferenze alimentari, oltre che di sensibilità ai gusti, tratti psicologici e informazioni genetiche di 3000 italiani in 3 anni.  L’obiettivo è la costruzione di una banca dati che permetterà di studiare il nesso tra sensibilità, gradimento e abitudini alimentari degli italiani. «Una ricerca che compendia businnes ed educazione. Ecologia del gusto - ha sostenuto - è studiare per avere ricadute in termini di salute, educazione, aspetti culturali e nuovi modelli nutrizionali. Aumentare la biodiversità gustativa significa accrescere o recuperare biodiversità vegetale. In questo senso anche la chimica è importante per questo futuro».

«Nel passato - ha chiarito la dott. Chiesa- avevano un rapporto maggiormente sensoriale con il cibo e quindi un “vocabolario” più ampio per illustralo. Prima la cucina era soprattutto quella “di strada”, di consumo immediato, diffusa in tutto il mondo. I viaggiatori poi di sera si fermavano nelle locande per avere a disposizione piatti semplici, soprattutto zuppe o prodotti conservati come pane, formaggi, salumi. Il cibo dei pellegrini, dei viaggiatori che conoscevano e denominavano i prodotti.

I ristoranti invece nascono con la Rivoluzione francese e con la borghesia. Il primo è Boulanger con i suoi brodi cui si aggiungono altri piatti e sale per ricevere chi avrebbe mangiato. Intanto i cuochi di corte e della nobiltà vanno in crisi e usano questa nuova opportunità di lavoro, con la borghesia disponibile a pagare per quello che un tempo mangiavano i nobili». «Un lavoro dove prevale - ha detto - l’uomo, con la donna in un ruolo marginale in cucina, come in casa. In cucina c’è un ordine “militare”, con divise, ruoli, gerarchia.

Le regole le hanno scritte per primi Carenne ed Escoffier e poi le ricette: metodici, scientifici ed organizzati, con i ristoranti che nel tempo diventano vere e proprie scuole, con un modello che poi si estende in Europa. Il turismo, soprattutto in Italia, spinge per l’apertura di ristoranti all’interno degli alberghi con una cucina “internazionale” che solo successivamente diventa più territoriale. Quella vegetariana per esempio è un’esigenza soprattutto dei viaggiatori inglesi. In tempi più recenti si è andati verso la ristorazione collettiva da non confondersi con le mense. E’ entrata nelle scuole anche come momento di educazione alimentare. Ed è ristorazione perché ritempra, come il momento, sempre più popolare, del pasto fuori casa, ma anche fuori azienda, come pausa di rilassamento».

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