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Politica

La Regione vara il programma triennale per facilitare l’inclusione dei cittadini stranieri

Sul territorio regionale gli stranieri rappresentano il 12,8% della popolazione e producono ricchezza per circa 16 miliardi di euro. Tra le sfide da affrontare, il basso il tasso di occupazione delle donne straniere

«Nessuno deve sentirsi estraneo in Emilia-Romagna, perché la pluralità è un valore. Per realizzare questo obiettivo occorre equità per ridurre le disuguaglianze e per puntare all’inclusione dei cittadini stranieri. Superando la logica dell’emergenza, della prima accoglienza, per realizzare azioni di integrazione di ampio respiro e che guardino al lungo periodo». Questa è la sfida da percorrere nei prossimi anni, e lo strumento definito dalla Giunta guidata dal presidente Stefano Bonaccini, e approvato oggi in Assemblea legislativa, ha l’obiettivo di andare in questa direzione: è il “Programma 2022-2024 per l'integrazione sociale dei cittadini stranieri - Emilia-Romagna Plurale, Equa, Inclusiva”.

Frutto di un anno di lavoro, che ha coinvolto in maniera trasversale diversi settori regionali, e lanciato da Elly Schlein, fino a ieri vicepresidente della Regione con delega al Welfare, che nel biennio in cui è stata alla guida dell’assessorato al contrasto alle diseguaglianze ha fortemente voluto che il percorso realizzativo fosse partecipato e basato sul dialogo. Il lavoro svolto ha visto la partecipazione di tecnici della Regione e più di 500 operatori del terzo settore e tecnici comunali, che attraverso focus group, incontri territoriali ed eventi pubblici hanno contribuito alla redazione del programma, fondamentale anche in mancanza di linee guida organiche e aggiornate da parte del Governo nazionale. In questo modo si è potuto lavorare su contenuti trasversali sia a livello regionale che a livello locale. In una regione, come l’Emilia-Romagna, dove i cittadini stranieri residenti al 31.12.2021 sono 569.460, pari al 12,8% della popolazione complessiva; di questi, 131.000 sono residenti comunitari. La ricchezza complessiva prodotta dagli occupati stranieri sul territorio è stimata all’11,6% del totale del valore aggiunto regionale (corrispondente a circa 16 miliardi di euro); una delle incidenze più elevate a livello nazionale, dove in media il valore aggiunto è pari al 9%.

LE NOVITÀ DEL PROGRAMMA

Il programma è stato elaborato analizzando il fenomeno migratorio non solo alla luce della provenienza geografico-culturale delle persone, ma prendendo in considerazione la complessità dei percorsi individuali che coinvolge più dimensioni, per esempio il genere, l’età, le abilità, la condizione giuridica, economica ed occupazionale. Si tratta dunque di un contributo che la nostra Regione intende offrire al dibattito nazionale ed europeo in tema di integrazione. Attraverso politiche di inclusione consolidate nel tempo, è più facile infatti rispondere ad emergenze o situazioni non programmate, come il recente caso dell’arrivo dei profughi ucraini.

I CONTENUTI

Il programma, frutto di un lavoro che ha coinvolto tutti i settori regionali, individua 5 aree trasversali: comunità e prossimità, equità tra i generi e le generazioni, promozione dell’autonomia, delle capacità e delle abilità, mobilità e flussi emergenziali, semplificazione e accesso digitali a servizi e prestazioni. Particolare attenzione viene posta per l’autonomia e l’emancipazione delle donne straniere, visto che è ancora troppo alto il numero di quelle disoccupate, e dei giovani, attori fondamentali dei processi di inclusione. L’arrivo delle donne in regione è quasi sempre silenzioso, perché di solito si ricongiungono ai compagni in un secondo momento, ma non per questo meno consistente.

Se da un certo punto di vista la presenza delle donne è un elemento di stabilità familiare, dall’altro richiede investimenti mirati in formazione e mediazione culturale. Un altro passaggio significativo del programma riflette sul fatto che partire dal 2011 si è assistito a flussi non programmati di persone in arrivo nella regione: non si tratta però di flussi “emergenziali”, perché in realtà, pur con caratteristiche differenti, costituiscono una costante dell’ultimo decennio. Per anticipare e gestire queste situazioni bisogna imparare dalle esperienze, aggiornare le politiche ordinarie di inclusione nei contesti locali, attivare un approccio multidimensionale sulle persone vulnerabili, lavorare con una consolidata rete interistituzionale e del terzo settore. Alle 5 aree trasversali sono affiancate 17 schede sui singoli temi, a conferma dell’attenzione e della sensibilità delle politiche regionali su migrazione e interculturalità. Si va dall’accoglienza alla cooperazione internazionale, dalla lotta allo sfruttamento e alle discriminazioni al contrasto alla violenza di genere, dalle politiche abitative allo sport, senza dimenticare politiche sanitarie, per i giovani, per la scuola e la cittadinanza e altro ancora. Le schede consentono un’analisi di contesto specifica, precisano le questioni più urgenti da affrontare, suggeriscono tipologie di azione, individuano i target dei beneficiari, evidenziano quali sinergie o alleanze vanno predisposte per migliorare l’efficacia degli interventi, individuano potenziali fonti di finanziamento per garantirne la sostenibilità. I prossimi passaggi riguarderanno la concreta attuazione degli interventi a livello locale ed il monitoraggio regionale.

L’immigrazione in Emilia-Romagna: alcuni dati


I cittadini stranieri residenti in Emilia-Romagna al 31.12.2021 sono 569.460, pari al 12,8% della popolazione complessiva: dato che conferma l’Emilia-Romagna al primo posto in Italia. Se si escludono i residenti comunitari (131.000), i cittadini di Paesi Terzi scendono a quasi 439mila pari al 9,8% dei residenti in regione, con un aumento di circa 3.700 unità nel corso del 2021. Nell’ultimo decennio il numero di stranieri residenti in regione è cresciuto del 7,4% a fronte di una popolazione complessiva in leggera diminuzione (-0,09%). L’ultimo decennio mostra però un rallentamento del tasso di crescita del numero di stranieri residenti in regione, sia per una riduzione dei flussi a causa di contingenze economiche negative, cambiamenti normativi e limiti alla mobilità a causa della pandemia da Covid-19, sia per un maggiore radicamento e stabilizzazione della popolazione straniera che porta a un aumento di acquisizioni della cittadinanza italiana. Da non trascurare anche un graduale invecchiamento della popolazione straniera e il fatto che l’acquisizione dei modelli di vita italiani incide sulla fecondità delle famiglie.


Le nuove generazioni
In un contesto di natalità in diminuzione, i nuovi nati con cittadinanza straniera (7.300) rappresentano nel 2020 quasi un quarto (24,5%) del totale dei nati nell’anno e ben più della media nazionale (14,7%). I minori stranieri residenti al 1° gennaio 2022 sono quasi 119mila (pari al 17,4% del totale dei minori, un dato sostanzialmente stabile nell’ultimo decennio). Di questi, sono nati in Italia poco più di 92 mila (quasi il 79%) di quanti ora hanno meno di 18 anni e la quasi totalità (circa 41mila, pari al 93,6%) di quanti hanno meno di 6 anni.


La pluralità


In regione risiedono cittadini di 175 differenti Paesi. Il 38,8% degli stranieri residenti in regione appartiene alle prime 3 comunità più numerose: rumena (98.000), marocchina (62000) e albanese (59000). Poi seguono ucraini (5,9%), cinesi (5,3%) e moldavi (4,7%), pakistani (4,4%), tunisini (3,5%), indiani (3,4%) e nigeriani (3,0%). Per l’insieme degli stranieri residenti in regione si conferma al 31.12.2021 la prevalenza femminile (52,7% del totale degli stranieri residenti) che si ritrova in tutte le province. Ci sono cittadinanze a netta prevalenza femminile, in particolare per le provenienze da Ucraina (79,1% donne), Moldova (67,2%) e Polonia (77,9%), e altre a netta prevalenza maschile come per i cittadini provenienti da Senegal (72,2% uomini), Pakistan (65,8%) e Bangladesh (64,5%).


I dati dei permessi indicano stabilità (Fonte Ministero dell’Interno)

Le persone fornite di permesso in regione sono 383.356 all’1.1.2021. È significativo che la maggior parte dei permessi (il 67,7%) sia di lungo periodo e dunque indicatore di una ampia stabilità e che i soggiornanti a scadenza (32,3%) richiedano il permesso principalmente per motivi di famiglia (59%) e motivi di lavoro (25%). Ciò conferma l’intenzione degli stranieri a insediarsi stabilmente nella regione. Poi abbiamo permessi per asilo e umanitari (10,8%) e studio (2,5%).


Il Pil del “lavoro straniero”
La ricchezza complessiva prodotta dagli occupati stranieri in Emilia-Romagna è stimata nell’ordine del 11,6% del totale del valore aggiunto regionale (corrispondente a circa 16 miliardi di euro); una delle incidenze più elevate a livello nazionale, dove in media il valore aggiunto è pari al 9%. (Elaborazione Fondazione Leone Moressa su dati ISTAT, in “Rapporto annuale sull’economia dell’immigrazione”, Ed. 2021)


Occupati e disoccupati: un problema soprattutto femminile

Nel 2020 l’incidenza degli stranieri sul totale degli occupati in regione è passata dal 12,8% al 13,1%, confermando un valore ben al di sopra la media nazionale (10,2%). Il dato però, rispetto alla composizione, non è “neutro”. Diminuiscono infatti in modo significativo le donne straniere occupate (da 122.867 a 115.952), che rappresentano il 44,6% degli stranieri occupati in regione. Essendo molte donne impegnate nei lavori di cura, l’occupazione femminile ha risentito dell’effetto Covid 19 più di quella degli uomini. Complessivamente il tasso di occupazione degli stranieri, cioè il rapporto tra gli occupati e la corrispondente popolazione, è inferiore a quello degli italiani di oltre otto punti percentuali (61,7% rispetto 70%) ma se per gli uomini tale tasso è addirittura superiore di 1,2 punti (76,6% rispetto 75,4% degli italiani), è guardando alla componente femminile che osserviamo un tasso di occupazione di quindici punti in meno: il 49,3% rispetto 64,4% delle occupate italiane. Nonostante la forte partecipazione attiva al mercato del lavoro gli stranieri registrano un tasso di disoccupazione - il rapporto tra le persone in cerca di impiego tra i 15 ed i 74 anni e le corrispondenti forze di lavoro, risultato della somma degli occupati e dei disoccupati - quasi doppio di quello degli italiani, 11,1% rispetto il 4,9%, distanza osservabile per entrambi i generi. Tuttavia, il tasso di disoccupazione femminile è sensibilmente più alto di quello maschile, 12,9% rispetto a 9,6%. I disoccupati stranieri sono il 26,8% delle persone in cerca di occupazione.


Lavoro autonomo in crescita
Al 31 dicembre 2020 le imprese attive straniere in Emilia-Romagna sono più di 50mila, in netto aumento nel corso dell’ultimo decennio di oltre 10.000 unità (+27%). Per quanto riguarda il settore di attività economica, al primo posto, con quasi il 36% del totale delle imprese straniere della regione, si trovano le ditte operanti nel settore delle costruzioni, a cui segue il commercio all’ingrosso e al dettaglio (25%) e le attività manifatturiere (10,3%). In relazione alla tipologia, queste si mostrano, come immaginabile, in gran parte come ditte individuali (40.354) che rappresentano il 79,7% del totale.

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