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Maloberti: «Mai rinunciare alla nostra sovranità alimentare»

Il consigliere provinciale commenta il cambio di denominazione del ministero dell’agricoltura ora guidato da Francesco Lollobrigida

«La presidente del consiglio Giorgia Meloni ha comunicato il cambio di denominazione di alcuni ministeri: ad attirare particolare attenzione è il Ministero dell'Agricoltura e della Sovranità Alimentare, quello che finora si era chiamato Ministero delle Politiche agricole e forestali. Immediatamente qualcuno ha voluto associare il concetto di sovranità alimentare a quello di sovranismo politico, caratteristico - secondo costoro - di una ideologia fortemente conservatrice del nuovo governo. C’è invece chi intende la sovranità alimentare come un modello di gestione alimentare che ha come priorità e motore della propria politica - prima ancora della massimizzazione del profitto economico - la soddisfazione delle esigenze alimentari delle persone e la promozione di modelli di produzione alimentare sostenibili e rispettosi di chi produce il cibo, nonché la volontà di incoraggiare le economie alimentari locali riducendo sia la distanza tra fornitori e consumatori sia gli sprechi. In altre parole, la sovranità alimentare - secondo questa corrente di pensiero - si propone di lasciare il controllo delle risorse alimentari a chi le produce e le distribuisce, anziché alle multinazionali del cibo che le utilizzano come mezzo per arricchirsi.

A mio avviso, e molto concretamente, la guerra in Ucraina - oltre ad evidenziare tutte le criticità della nostra nostra politica energetica - ha mostrato, in misura esponenziale, le stesse problematiche a livello di derrate alimentari, con conseguente ed inevitabile aumento dei costi di acquisto, anche e soprattutto al consumo. Questi processi hanno forse, dopo oltre mezzo secolo, ricordato l’insostituibilità dell'agricoltura. Un comparto bistrattato, per non dire boicottato, nell'ultimo periodo: per troppo tempo tutto il settore, in particolare quello zootecnico, è stato visto e raccontato quasi come fonte di tutti i mali di cui soffre l’umanità. Gli agricoltori sono stati considerati e dipinti come inquinatori seriali, come coloro che sprecano acqua, e gli allevamenti bollati come lager e come i maggiori responsabili del cambiamento climatico.

Lo scoppio della guerra ci ha fatto (ri)scoprire che potrebbe mancare il grano per il pane e la pasta; mancano soia e girasole non solo per l'alimentazione animale, ma anche per quella umana. Improvvisamente ci rendiamo conto, insomma, che il cibo sulle nostre tavole potrebbe non essere così scontato. La cieca obbedienza alla burocrazia europea e al sistema ipercentralista di Bruxelles si sono rivelati nefasti non solo per l'agricoltura, ma anche per il consumatore. Perfino l’ex presidente del Consiglio Draghi si era infine accorto che la Pac è sbagliata e che è assurdo non coltivare parte dei nostri campi. Tutto questo ci ha resi dipendenti da altri Paesi del punto di vista alimentare, e quando si creano queste condizioni si è poi costretti ad accettare le condizioni altrui: non solo quelle economiche, ma anche quelle qualitative e di sicurezza alimentare.

A Bruxelles c’è chi ha utilizzato ogni mezzo possibile per bersagliare il nostro Paese: quote latte, Dmv e normativa nitrati erano tutte imposizioni funzionali a renderci dipendenti. Alla luce di tutto questo, ritengo che la sovranità alimentare vada e debba essere intesa come ferma e decisa opposizione a ulteriori penalizzazioni. Devono essere sospese la revisione della Pac e gli obblighi ambientali legati al Green deal. Stop ad ogni applicazione di superfici a riposo e obbligo di rotazioni. La sostenibilità ambientale è importante, ma deve procedere di pari passo con quella economica e sociale. Vale per oggi e vale soprattutto per il futuro: non possiamo rinunciare al nostro cibo, e dobbiamo garantire l'auto approvvigionamento agli italiani. Chi ipotizzava di fare “giardini nei campi” è stato smentito clamorosamente dalla crisi in Ucraina. Mai rinunciare alla nostra sovranità alimentare: noi produciamo alimenti di alta qualità, frutto di filiere super controllate. Non possiamo permetterci di disperdere questa nostra prerogativa storica, culturale ed economica: lo dobbiamo alle generazioni future. Buon lavoro al ministro Francesco Lollobrigida».

Giampaolo Maloberti, consigliere provinciale

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