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«Fermare il depotenziamento della rete ospedaliera e definire un piano di medicina territoriale è possibile»

Queste le richieste del Coordinamento provinciale dei comitati su sanità e medicina territoriale. «Le ultime dichiarazioni del presidente Bonaccini aprono una riflessione anche sulla sanità piacentina a cui Asl e Conferenza sociosanitaria provinciale si sono sempre dimostrate poco disponibili»

«Modificare gli indirizzi del piano sociosanitario piacentino (approvato nel 2017), fermare il depotenziamento della rete ospedaliera provinciale e definire un piano organico e credibile di medicina territoriale è possibile». Queste le richieste del Coordinamento provinciale dei comitati su sanità e medicina territoriale. «Il presidente della regione Bonaccini ha recentemente riconosciuto l'errore in merito alla decisione di concentrare i punti nascita esclusivamente negli ospedali principali, chiudendoli in quelli più periferici della rete ospedaliera. Lo ha fatto rivolgendosi alla platea modenese ma analoghe considerazioni vanno riproposte sulla rete ospedaliera piacentina, anche rivedendo il piano sociosanitario approvato del 2017 che ha sancito che il nosocomio del capoluogo diventasse l'unico riferimento provinciale come punto nascite, tagliando fuori Bobbio, Fiorenzuola e Castel San Giovanni» commenta il Comitato, facendo riferimento alle recenti dichiarazioni del presidente della Regione Emilia Romagna raccolte in un articolo pubblicato l’11 marzo scorso su La Gazzetta di Modena. «Certo può darsi che l'autocritica di Bonaccini sia motivata da valutazioni elettorali (nel Modenese diversi comuni andranno al voto alle prossime amministrative) ma le sue ultime dichiarazioni aprono una autostrada per riprendere una riflessione anche sulla sanità piacentina a cui Asl e Conferenza sociosanitaria provinciale si sono sempre dimostrate poco disponibili» scrive il Coordinamento. «Prendiamo appunto l'esempio dei punti nascita. Anche nel piano provinciale piacentino questa risposta sanitaria viene di fatto concentrata solo sull'ospedale del capoluogo sulla base dell'idea che così facendo si sarebbe potenziata una maggiore qualità degli interventi. Nulla toglie al fatto che gravidanze e parti particolarmente difficili trovino nel capoluogo un punto di eccellenza specifica a cui rivolgersi in caso di complicazioni, ma nulla esclude la necessità che l'intera rete ospedaliera (Castel San Giovanni, Fiorenzuola, Bobbio) sia dotata di punti nascita, in grado cioè di prendersi cura, di assistere e aiutare a partorire chi vive distante dal capoluogo, su un territorio vasto, frantumato, come è la nostra provincia».

«Tutti ultimamente vantano l'importanza della medicina territoriale» prosegue la nota. «Su questo come comitato salute provinciale abbiamo già denunciato la scarsità di progettazione, ma soprattutto abbiamo denunciato come la medicina territoriale sia vista solo come strumento per ridurre l'ospedalizzazione e non invece come una rete di cura ed assistenza che richiede anche un rapporto stretto con i presidi ospedalieri dei singoli distretti. Medicina territoriale non può essere ridotta solo ai Medici di medicina generale (MMG) ma richiede investimenti per dotare i vari distretti di reti di presa in cura, di punti per esami diagnostici e visite specialistiche, di reti assistenziali, di supporto alle fragilità, alle politiche di prevenzione. Una rete che non può funzionare senza connessione con la presenza di presidi ospedalieri che garantiscano pronto soccorso, reparti (chirurgia e medicina, ortopedia, punti nascita ecc). Osservazioni queste che abbiamo più volte esposto alla direzione Ausl ed ai sindaci della Conferenza Socio Sanitaria. Non si può avere una sanità territoriale efficace senza investimenti. La razionalizzazione della rete ospedaliera centrata sul contenimento dei costi non porta a nessuna distribuzione sanitaria sul territorio, anzi, al contrario la riduce ulteriormente e come sta succedendo, viene rimpiazzata da strutture private. È questo l’obiettivo?» «Da parte nostra nulla in contrario sulla scelta di puntare per ogni presidio ospedaliero provinciale ad una propria specifica specializzazione - conclude il Comitato -  ma questo non deve impedire che ogni ospedale sia messo in grado di prendersi cura della popolazione del proprio distretto in rapporto stretto con la propria rete di medicina territoriale e le patologie a cui questa deve rispondere. L'autocritica di Bonaccini sulla chiusura dei punti nascita nei presidi periferici del Modenese conferma proprio gran parte delle nostre preoccupazioni e la necessità (possibilità) che si rimetta mano finalmente al piano sociosanitario provinciale con l'obiettivo, non già di razionalizzare la risposta sanitaria ma di costruire un sistema di presa in cura che veda lavorare assieme sia la medicina territoriale che la rete ospedaliera provinciale».

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