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Venerdì, 26 Aprile 2024
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La via Francigena italiana candidata per diventare patrimonio Unesco

A sostegno di questa iniziativa nazionale è nato il primo Comitato Scientifico Culturale volontario per la Tratta Piacenza

La via Francigena Italia è candidata per diventare patrimonio Unesco rappresentando per secoli un itinerario che ha segnato la vita, la cultura, gli scambi e la storia di popoli, paesi, genti con alterne vicende. A sostegno di questa iniziativa nazionale è nato il primo Comitato Scientifico Culturale volontario per la Tratta Piacenza. Per quasi 2000 anni Placentia, fondata nel III° secolo a.C. dalle legioni romane all’inizio della conquista dei territori celtici e subalpini della pianura padana, è stata una tappa-sosta obbligatoria, un punto strategico di controllo e di conquista, di difesa e di passaggio per viandanti, pellegrini, commercianti, abati, monaci e perfino banchieri da tutta Europa per le “fiere del cambio” delle monete nel Rinascimento. Il luogo di riferimento, come appare su tutte le carte geografiche antiche, era dato dai due “guadi” sicuri sul grande fiume Po, un tempo ostacolo non da poco per chi scendeva dalle Alpi della valle di Susa, o dal San Bernardo, o dal passo dello Spluga e voleva andare a Roma, a Venezia, a Ravenna. Da qui anche il riconoscimento a Piacenza di capitale del crocevia padano, da cui si potevano prendere più percorsi e più varianti per oltrepassare gli appennini e arrivare alla costa tirrenica. Cammini nati in base ai cambiamenti epocali, climatici, stagionali, ma anche in base alle guerre, invasioni barbariche, carestie e malattie, lotte fra ducati e contee italiane. Piacenza assunse nel volgo il termine popolare di crocevia abbinato al termine Placentia. Da qui passarono per almeno XVII secoli le uniche “strade” percorribili, seppur non sempre sicure. I primi documenti scritti certi, oltre a quelli già visibili nelle Tabule toponomastiche Traiana (coltivazione agricole e proprietà di epoca repubblicana) e Peutingeriana (di epoca imperiale romana con indicate tutte le strade esistenti dall’isola Britannica fino al medio Oriente e Asia centrale), sono quelli lasciati da due pellegrini anonimi che citano Piacenza come luogo obbligatorio di sosta, sicuro, accogliente per rifocillarsi: nel 333 d.C. dell’Anonimo di Bordeaux che da Lione, passa a Torino, poi a Piacenza per Ravenna e nel 570 d.C. dell’altro anonimo Piacentino che illustra il tragitto passando per Milano fino alla Lunigiana quale era la variante al tempo dei Longobardi e frequentata da svizzeri, teutonici, germanici, olandesi. Poi nel 990-994 abbiamo il diario del vescovo Sigerico che delinea un altro percorso, diventato poi Francigena perché indicato dai Franchi e dai successivi imperatori e re che governarono l’Italia fino alle potenti Signorie locali.  L’importanza di Piacenza iniziò a manifestarsi in termini economici, religiosi, commerciali all’inizio del IV° secolo d.C. con la fondazione della Diocesi di Piacenza e grazie ai primi vescovi piacentini strettamente legati alla Diocesi Milanese per la loro santità, seguito, autorevolezza, impegno che determinò subito l’ampiezza enorme e catalizzante del territorio diocesano, con i confini dai guadi e dai porti sul fiume Po fino a pochi chilometri della diocesi toscana di Pontremoli. Ancora oggi la Diocesi di Piacenza-Bobbio si è ulteriormente consolidata diventando un punto di riferimento con molti conventi, monasteri, pievi, oratori, refettori, mansionari a segnare e a garantire un percorso.

Da qui anche una Provincia-Diocesi costellata oltre 200 castelli attivi per secoli, l’alto reddito che Michelangelo ricavava dalle gabelle di un solo guado del Po, la città di Piacenza con oltre 100 chiese, monasteri, conventi costituiti da tutti gli ordini monastici all’epoca conosciuti, dall’Irlanda alla Germania. A Piacenza passavano le consolari romane e le vie delle Legioni, come l’Aemilia, Postumia, Emilia Scauri, la Retia Teutonica, la Regia Pompeia (già attive nei secoli a.C.) e nel medioevo sorsero anche le vie degli Abati che univa i monasteri degli appennini fra cistercensi e benedettini, le scorciatoie dell’appennino e le strade commerciali della farina verso sud, del sale e dell’olio di oliva in primis verso i mercati del nord. Toponimi ricorrenti come “salini” o “pontedell’olio” o “fiera del cambio” ancora oggi esistenti, lo attestato. Piacenza diede i natali, ospitò e sostarono personaggi “europei” come San Colombano, Carlo Magno, Barbarossa, Teodorico, due Papi, molti vescovi cristiani diventati santi e beati e decine di cardinali fino al secolo XX°, vide nascere i Cavalieri del Santo Sepolcro o Templari, la prima Crociata del 1095 con la presenza di oltre 20 Re e principi di Stati  ... Nel Medioevo e Rinascimento, i 3 porti di attracco di Piacenza sul fiume Po (uno nella parrocchiale di San Rocco sulla sponda sinistra un tempo sotto il dominio di nobili famiglie piacentine come i Landi e gli Scotti e oggi in Lombardia) ricevevano tutte le merci da Venezia e da Ravenna destinate ai mercati locali ma soprattutto nel Ducato di Milano.

Il Comitato Scientifico Culturale “Tratta Piacenza” è nato per sostenere le istituzioni pubbliche locali e nazionali nella candidatura Unesco, quindi con la priorità di individuare le problematiche tecniche e criticità ambientali-logistiche e operative che potrebbero essere impedimento al riconoscimento, indicare e trovare soluzioni da sottoporre a chi ha il potere decisionale e deliberativo. Quindi ottenuta l’iscrizione fra i patrimoni mondiali dell’umanità essere un sostegno alla valorizzazione, promozione e diffusione delle produzioni, attrattive, servizi, viabilità locali. Per il Comitato oggi al primo posto c’è la necessità di individuare le migliori soluzioni per mettere in sicurezza l’intero tragitto piacentino in quanto circa ¼ dello stesso usufruisce di una grande arteria stradale trafficata e pericolosa come la via Emilia. Si è già individuata una variante viaria con annessi tutti i servizi igienici, segnaletica, assistenza al percorso, negozi, aree di sosta con sorgenti e piazzuole d’ombra che sia di massima sicurezza per tutti i fruitori del cammini, pellegrini religiosi ma anche escursionisti, camminatori, turisti. Dai documenti antichi trovati – grazie alla messa a disposizione dell’Archivio di Stato di Piacenza e achivi privati come quelli della Banca di Piacenza, archivio Malaspina, archivio Passerini Landi – emerge una distintiva e autentica matrice della “Tratta Piacenza” rispetto a tutte le altre tappe europee e forse per questo noto come crocevia obbligato. Il territorio pianeggiante umido e quello collinare appenninico offriva ai viandanti e pellegrini non solo sosta e pernotti, ma anche un cibo “da viaggio” molto importante nei secoli passati, ma ancora oggi molto apprezzato. Piacenza ha sempre fornito una alimentazione che durasse nel tempo, che fornisse energia per i camminatori. Piacenza ha nel dna una produzione di “cibo resiliente e conservato”, prodotto in borghi castellieri autonomi e in piccole aziende famigliari e artigianali molto antiche. Una tradizione che non ha fatto nascere grandi marchi commerciali globalizzati e ricchi, ma vive di imprese attente alla qualità salutare e alla funzione primaria del cibo, all’importanza di una nutrizione sana pulita genuina, strettamente collegata alla ospitalità diffusa sostenibile e sussidiaria. La Via Francigena Piacentina non è una sola, ma una ragnatela di percorsi che dal fiume Po, dalla pianura confinante di Pavia, Lodi, Cremona conduce direttamente al Tirreno superando gli impervi appennini. Da sempre, non come moda dell’ultimo momento, a Piacenza il cibo non si spreca: quante ricette locali notissime sono dettate dal riuso, riciclo di avanzi come picula di cavallo, pisarei e faso, saracca, tortelli con le code, malfatti, torte di verdure e ortaggi. In più quanti prodotti Dop-Igp di Piacenza durano nel tempo come insaccati, formaggi a pasta dura, miele, conserve, biscotti duri, pane…Quanto il cibo accogliente e duraturo è segno di pace fra i popoli. Allora come oggi.

Giampietro Comolli

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