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La voce e la chitarra di Adriano Vignola in un emozionante recital poetico musicale

Di ogni brano interpretato, Vignola ha illustrato annotazioni sul periodo e sull’autore evidenziandone, per taluni, temi sociali, problematiche reali, sofferenze e vizi dell’esistenza

Due ore fuggite in un attimo e con un intenso desiderio di continuità d’ascolto della voce di Adriano Vignola accompagnata dalle note della sua chitarra. E’ questa la sintesi dell’evento musicale “La Canzone d’Autore, quando la poesia incontra la musica”, realizzato dalla Società “Dante Alighieri” negli scorsi giorni alla Famiglia Piasinteina, del quale è stato protagonista Adriano Vignola. Un susseguirsi di indimenticabili canzoni degli anni ’50-’90, che hanno lasciato “il segno” nella storia della musica leggera riproposte con la bravura e tonalità “d’ambiente” da Vignola (medico di professione, ma con l’hobby non solo della musica e del canto, ma di vera “cultura musicale”, oltre che abile disegnatore): sia che si tratti di musica e canti “country”, sia di canzoni italiane o di etichetta straniera. Un compendio di musica cosiddetta “leggera” in grado però di esibire “pagine” di livello, benché racchiuse in pochi minuti; un “unicum” armonioso e di “contenuto”, anche con canzoni di contenuto allegro, e, talora, banale ma gradevolissime, capaci di “segnare” momenti e vissuti personali da parte dell’ascoltatore. Il recital ha proposto un perfetto connubio tra musica e poesia, frutto di musicalità e di sentimento inteso come “valore”, presentando oltre trenta canzoni della seconda metà del ‘900, portate al successo da “nomi eccellenti” del tempo; cantanti ma soprattutto cantautori, il cui appellativo desta sempre ammirazione e ricordi, gaiezza e nostalgie. 

Di ogni brano interpretato, Adriano Vignola ha illustrato annotazioni sul periodo e sull’autore evidenziandone, per taluni, temi sociali, problematiche reali, sofferenze e vizi dell’esistenza: da Gaber con “Le nostre serate” (brano “intenso” su un’epoca vissuta, di ambienti e incontri giovanili di un tempo oggi forse inimmaginabile) al clan genovese: Fabrizio De André e Bruno Lauzi, Umberto Bindi e Gino Paoli, con testi di “intima poesia”, intrisi di “vigore emotivo”, di dolcezza e di amarezza insieme; da “La canzone di Marinella”, “Via del Campo”, “Il pescatore”, “Il poeta”, “Arrivederci”, “La gatta”, “Che cosa c’è”, “Il cielo in una stanza”. 

Poi l’indimenticabile Lucio Battisti e lo sfortunato Luigi Tenco, e autori stranieri quali Cohen (“Suzanne” e “Hallelujah”), Bob Dylan, Aznavour /”Come è triste Venezia”), l’immortale “Imagine” di John Lennon e altri brani notissimi. In conclusione, un evento che ha mostrato quanto una dimensione musicale e una dimensione di parole anche di “musica leggera”, possa trascinare l’anima in un “infinito” difficile da rappresentare figurativamente. Sempre che non si tratti di meri rumori o di vacue mode. È l’effetto che l’Arte bella produce. Ed è quanto avvenuto in questo incontro con Adriano Vignola. 

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