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Venerdì, 26 Aprile 2024
Vestiti fai da te / Galleana / Via Giulio Arata

A scuola di sartoria per professione o passione: «Mestiere con un futuro, soprattutto ora»

Dalle neodiplomate alle pensionate tra le partecipanti dei corsi organizzati dall’Atelier di Stefania Leoni: «Può esistere un made in Piacenza, soddisfazione enorme vedere chi poi si fa strada»

C’è chi lo fa per esprimersi, chi sta costruendo delle competenze e chi lo ritiene quasi una terapia. Le motivazioni sono diverse, il luogo lo stesso; la scuola di sartoria dell’Atelier di Stefania Leoni a Piacenza. Un’istantanea locale sul mestiere di sarta - lunghissima la tradizione, nell’immaginario dal sapore un po' retrò - che non appare datato nei commenti o nelle aspirazioni raccolte dalle persone che scelgono di trascorrere tempo libero (o quasi), tra forbici, cartamodelli e scampoli.

Il target? «C’è un po' di tutto, dalla ragazzina alla signora in pensione» spiega Leoni, creative director e titolare dell’attività, avviata nel 2018 «perché qui non c’era e poi è la mia passione fin da bambina». Prima l’Istituto di moda Burgo, poi il lavoro da Loro Piana e negli uffici stile di Dolce&Gabbana e Armani, a 32 anni l’apertura dell’Atelier che porta il suo nome in via Arata, dove alla creazione di abbigliamento su misura si affiancano le lezioni di sartoria. Attualmente sono una trentina le partecipanti ai corsi - nettissima la maggioranza femminile - che nel tempo «sono sempre andati in crescendo» precisa Leoni. «Non si è vincolati a un programma, le basi sono uguali per tutte, ma dopo aver realizzato il primo campione, ognuna sceglie come fare i successivi; in pochi mesi inizi a fare le cose da sola».

«Ho studiato lingue, un campo completamente diverso, poi un paio di anni fa ho iniziato qui, mi dà più soddisfazione che non acquistare qualcosa di già fatto» racconta Elena Maffi, 25 anni. «Sarebbe sicuramente bello poter lavorare nel settore o aprire qualcosa di proprio» risponde alla domanda su un possibile domani, anche se gli sbocchi le appaiono più probabili oltre i confini provinciali: «Magari a Milano, ma anche a Piacenza alla fine ci sono delle possibilità». Tre top, un abito, una giacca e due gonne compongono (per ora) il guardaroba confezionato con le proprie mani da Nadia D’Alessandro, 52 anni: «Ho saputo della scuola da un passaparola - spiega - lavoro in azienda, per me questa è una passione e un modo per rilassarsi».

Idem per Irene Cigola, 32 anni, a cui la pandemia ha fatto riprendere il filo di un discorso interrotto tempo prima: «Mi occupo di eventi, anni fa avevo frequentato un corso di sartoria che però non mi aveva appassionata. Poi durante il lockdown ho iniziato a cucirmi le mascherine e ho deciso di riprovare. È bello indossare quello che si crea e mentre cuci ti concentri, pensi solo a quello, è quasi una terapia». Da sola ha realizzato un abito da indossare in un’occasione speciale, categoria a cui appartiene anche la maggior parte della domanda di capi su misura che raggiunge l’atelier: «Soprattutto cerimonie - commenta Leoni - oggi le spose chiedono anche abiti meno principeschi, che si possono poi riutilizzare».

«Arrivo da otto ore di ufficio, a casa ho tre figli, ma per me è troppo bello potermi esprimere» racconta Elisabetta Salvini, 49 anni. «Mia mamma era sarta, però mi ha sempre sconsigliato di fare questo mestiere, diceva che serve troppa pazienza. Poi ho scoperto per caso la scuola e non posso più farne a meno: progettiamo, disegniamo e cucendo realizziamo qualunque cosa, è arte allo stato puro».  A dare supporto e indicazioni c’è anche Greta Ghezzi, 23 anni, collaboratrice dell’Atelier: «Ho studiato design della moda allo Iad e cercavo uno stage. Dopo mi sono laureata, ho fatto un’esperienza anche in un’altra azienda, ma poi sono tornata qui».

Nuove leve e strade percorribili secondo Leoni: «Il made in Italy ha qualcosa in più e non è possibile che non lo si mandi avanti, quando dovrebbe trainare un Paese intero. Questo mestiere in crisi non andrà mai e ha un futuro soprattutto adesso; le sarte non si trovano, nei negozi che fanno riparazioni ci sono pile di borse a terra in attesa».

 «Può esistere un “made in Piacenza” - risponde - ed è una soddisfazione enorme vedere le ragazze passate di qui trovare lavoro, aprire sartorie o avere delle proprie linee di abbigliamento. Vogliono tutti fare gli stilisti, però uno stilista un tempo era sarto. Consiglio il contrario: prima sarta poi stilista».

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