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Caso Levante in Cassazione: quasi dieci anni a Montella, per gli altri si torna in Appello

A poco più di tre anni dalla maxi operazione Odyssèus che portò anche al sequestro della caserma Levante e all'arresto di sei carabinieri, la sentenza della Suprema Corte

Sta per essere scritta la parola fine sulla vicenda della caserma Levante che nel 2020 portò Piacenza alla ribalta nazionale per l'arresto di svariati carabinieri di via Caccialupo accusati di una sfilza di reati gravissimi al termine di una lunga indagine coordinata dai magistrati Matteo Centini ed Antonio Colonna. Furono arrestati il 22 luglio e l'anno dopo furono condannati dal gup (in cinque scelsero il rito abbreviato, solo uno scelse di andare a dibattimento) in primo grado dal tribunale di Piacenza, poi ci fu l'appello a Bologna e ora la Cassazione.

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Nella giornata del 4 ottobre dopo quasi dieci ore di camera di consiglio la Suprema Corte si è espressa su Giuseppe Montella (avvocati Emanuele Solari e Giuseppe Dametti), Giacomo Falanga (avvocati Daniele Mancini e Paolo Molaschi), Marco Orlando (avvocato Antonio Nicoli), Salvatore Cappellano (avvocato Paolo Fiori) e Daniele Spagnolo (difeso dall'avvocato Aldo Truncè). 

La sentenza della Cassazione ha comunque confermato il reato di tortura per i 3 militari che ne erano accusati (LEGGI QUI) mentre ha rivisto alcuni altri capi d'imputazione. Spagnolo sarebbe stato assolto da altri tre capi di imputazione circa l'induzione allo spaccio di droga, pertanto gli rimarrebbe un solo capo d'accusa di falso in un verbale: di questo se ne occuperà la corte d'appello di Bologna. Anche Marco Orlando sarebbe stato assolto dai capi relativi al falso ideologico e allo spaccio, anche in questo caso dovrà essere rideterminata la pena. Stessa sorte "bolognese" per Falanga e Cappellano: la Cassazione avrebbe rigettato alcuni capi di imputazione annullandoli. Infine Giuseppe Montella: anche per lui qualche annullamento senza rinvio per una determinazione di pena a 9 anni, 8 mesi e 38mila euro di multa.

PRIMO E SECONDO GRADO DI GIUDIZIO

In appello i carabinieri sono stati condannati: Giuseppe Montella dieci anni (con dissequestro della casa), Marco Orlando un anno, 8 mesi e 20 giorni (pena sospesa e riconosciute le attenuanti generiche), Salvatore Cappellano sei anni e 4 mesi (assolto per un capo), Daniele Spagnolo un anno e due mesi (pena sospesa, è stato assolto da 8 capi di imputazione su 11), Giacomo Falanga - in un primo momento era presente nel dispositivo un mero errore materiale - 5 anni, 3 mesi e due giorni.  In primo grado erano stati condannati a 12 anni Montella, Cappellano a 8, Orlando quattro anni, Spagnolo 3 anni e 4 mesi, Falanga a sei anni.

I COMMENTI DEGLI AVVOCATI

«Sono estremamente soddisfatto per questo terzo grado di giudizio. Daniele Spagnolo - ha dichiarato il suo legale, Aldo Truncè -  è stato chiamato a difendersi, nel primo grado di giudizio, da trenta capi d'imputazione: lesioni, percosse, violenza privata, spaccio di droga, induzione alla cessione di stupefacenti, numerose ipotesi di falso, omissione d'atti d'ufficio e il più disdicevole dei delitti per un esponente della polizia giudiziaria: la tortura. Già all'esito del processo di primo grado abbiamo avuto un ottimo risultato, con assoluzioni per quasi la metà delle imputazioni, a dimostrazione di quanto azzardato fosse il teorema accusatorio postulato dalla pubblica accusa nei confornti del mio assistito». Truncè in aula ha voluto esporre considerazioni tecniche sugli episodi di induzione allo spaccio ribadendo in maniera forte al procuratore e all'avvocatura dello Stato la propria tesi poi accolta.   «All'esito del processo di secondo grado - spiega - sono rimaste in piedi solo le accuse di induzione alla cessione, violenza privata ed alcune ipotesi di falso, e ciò grazie ad un lavoro certosino di contestazione di ogni singola incolpazione. Su ciò che residuava abbiamo poi effettuato una lavoro di chirurgia del diritto, portando le nostre tesi su un'erronea applicazione della legge penale in riferimento ai reati ancora tenuti in piedi dalla Corte d'Appello, e la Suprema ci ha dato pienamente ragione, con un annullamento pressoché globale della sentenza di secondo grado. 
L'ex carabiniere Daniele Spagnolo, però, nel frattempo ha dovuto spogliarsi dalla divisa, ha subìto un lungo periodo di arresti domiciliari per reati dai quali è stato poi assolto con formula piena, e, soprattutto ha dovuto rinunciare al suo sogno di prestare servizio nella Benemerita. A distanza di tre anni dai fatti, forti di questo brillante risultato, possiamo affermare che tanto dolore e tanta sofferenza poteva essere evitata, ma la constanzaione anziché sollevarci, lascia tanta amarezza».

«Effettivamente la Corte di Cassazione, nell’annullare senza rinvio la sentenza impugnata, ha accolto i motivi proposti e pervicacemente sostenuti nei due gradi di giudizio di merito dall'ex comandante della caserma, il maresciallo Marco Orlando - commenta il suo legale, Antonio Nicoli -, assolvendolo definitivamente per non aver commesso alcun falso materiale ed ideologico e per la insussistenza di qualsiasi ipotesi di partecipazione del medesimo a qualsiasi spaccio di sostanze stupefacente. Ovviamente attendiamo ora di leggere le motivazioni della Cassazione, ma è certo che le stesse altro non ribadiranno che l’estraneità del mio assistito alle gravi accuse che lo avevano privato della libertà personale per lungo tempo».

«Con tutte le cautele dovute alla necessità di leggere prima la motivazione - afferma l'avvocato Daniele Mancini, difensore di Giacomo Falanga - non possiamo che accogliere con favore la decisione della Suprema Corte di annullare la sentenza di secondo grado per alcuni capi d'imputazione, uno addirittura senza rinvio. Aspettiamo quindi il nuovo giudizio di Appello, fiduciosi. Anche se la Cassazione non ha accolto l'impugnazione sul capo relativo alla tortura, abbiamo apprezzato la richiesta del Procuratore Generale di annullare la sentenza d'Appello su questa imputazione, richiesta condivisa persino dallo stesso Ministero, costituito parte civile».

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