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A lezione contro la discriminazione religiosa sui luoghi di lavoro

All'università Cattolica un'interessante lezione sulle discriminazioni religiose, analizzando sentenze emesse nei paesi dell'Unione Europea e comparando alcuni articoli della Costituzione italiana alla più innovativa Convenzione dei diritti dell'uomo

La discriminazione per motivi religiosi nei luoghi di lavoro nel diritto europeo. Di questo si è parlato nella mattinata del 10 aprile all’Università cattolica di Piacenza: ospite e relatore della lezione è stato il professore Angelo Licastro, ordinario di diritto ecclesiastico comparato all’università degli studi di Messina, autore di oltre 70 scritti e collaboratore in studi di rilevanza scientifica nazionale.

L’incontro è stato accompagnato e moderato dalla docente Anna Gianfreda, che ha sottolineato come «Il diritto ecclesiastico sia una materia che si interseca con tutto». La lezione ha trattato il tema del principio di uguaglianza e della non discriminazione in ambito religioso nelle fonti di diritto dell’unione europea nella più recente giurisprudenza sovranazionale. «La dimensione nazionale ed europea della disciplina del fenomeno religioso, per quanto restino distinte e separate, sono tuttavia fortemente connesse. Non si riuscirebbe a comprenderne bene una senza l’altra», introduce Licastro.

«I diritti ecclesiastici europei risentono delle tradizioni locali, della storia, della cultura. Nell’epoca attuale questo potrebbe essere un problema, perché è in crisi la dimensione nazionale di esercizio della sovranità. Questo vuol dire che non ci sarà la nascita di un omogeneo diritto ecclesiastico europeo, uguale per tutti: restano delle specificità che delineano l’identità costituzionale degli stessi paesi membri dell’Unione». Il professore ha citato anche la Convenzione europea dei diritti dell’uomo (Cedu) e in particolare lo studio casistico di alcune decisioni emanate dalla corte di Strasburgo in materia di  libertà religiosa, fondamentale per avere un quadro di esperienze unificate dalla circostanza della convenzione. «Le risposte ai nuovi problemi che il pluralismo culturale pone alla nostra società si possono trovare nelle garanzie comuni offerte dalla Convenzione europea dei diritti dell’uomo, in quanto è nata per tenere insieme i paesi membri e tiene naturalmente conto delle notevoli diversità tra stati in materia religiosa e non solo», continua Licastro.

La connessione tra dimensione nazionale ed europea è stata ancor più analizzata comparando alcuni aspetti della Cedu con la Costituzione italiana: citando l’articolo 9, la Cedu fa espressamente riferimento non solo all’attività di culto ma anche alle pratiche religiose, mentre la nostra Costituzione non parla mai né di libertà di pensiero, né di quella di coscienza. «La Cedu si è dovuta misurare con una realtà pluralistica diversa rispetto a quella che poteva esserci in Italia negli anni 40/50, ed ha avvertito l’esigenza di fare esplicita garanzia a certi aspetti religiosi, oltre al diritto di cambiare religione», puntualizza il docente.

Si è poi parlato dei vari tipi di discriminazioni esistenti a livello giuridico, da quella diretta – più grave ma più rara -  a quella indiretta, con cui è più facile avere a che fare in quanto mascherata. Inoltre, si sono affrontate anche le differenze relative alle discriminazioni in aziende pubbliche e private, dal loro grado di giudizio al diverso modo in cui vengono esaminate: numerose sono state le sentenze e i casi studio portati in esempio dal professor Licastro, con cui i ragazzi, che avevano già affrontato lo studio della tutela della libertà religiosa sotto molteplici aspetti, si sono confrontati e hanno potuto comprendere al meglio le varie differenze spiegate nel corso della lezione.

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