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I grandi momento del Tour

Fausto Coppi, l’uomo solo al comando

La Grande Boucle 2024 omaggerà anche il “campionissimo” che realizzò due doppiette Giro-Tour nel 1949 e 1952

Piacenza si prepara al Tour de France riscoprendo le pagine più significative della grande storia della corsa gialla. La quinta puntata della rubrica è dedicata al “Campionissimo”, Fausto Coppi. Le precedenti, invece, erano per Marco Pantani, Vincenzo Nibali, Gino Bartali e al piacentino Giancarlo Perini

Quanto era moderno Fausto Coppi, l’uomo solo al comando? Voglio partire da qui per ricordare, in qualche migliaio di battute, un ciclista che è entrato nella storia del nostro Paese e, suo malgrado, nella leggenda, a causa della prematura scomparsa, avvenuta nel 1960, dopo aver contratto la malaria in Africa.

Il Tour de France celebrerà anche lui, il due volte detentore della maglia gialla, tra i grandi campioni italiani che hanno illuminato la Grande Boucle. D’altronde lui era il “campionissimo”. Un ciclista nato in un paesino, Castellania, laddove il Piemonte sfonda in Liguria. Scoprì la bicicletta facendo il garzone per una salumeria.

In Italia è sempre circolata una risposta, per risolvere un enigma che coinvolge ogni disciplina sportiva: chi è stato il migliore di sempre? «Merckx il più forte, Coppi il più grande», un modo per tenere conto sia del palmares che del peso delle vittorie ottenute. Perché le sue, di vittorie, rimasero molto impresse nell’immaginario collettivo degli italiani suoi contemporanei. Conquiste (comunque tante) che valevano più di altre, per il mondo con il quale venivano ghermite.

Ambito dagli sponsor, icona di stile, pur non avendo il “physique du rôle” dell’adone, ma un volto scavato, cinematografico, da neorealismo italiano. Il volto di un’Italia magra proiettata con speranza verso il futuro, dopo la tragedia della guerra. Aveva le ossa fragili, di “vetro”. Come cadeva, riportava fratture. E a quel tempo non era così facile curarsi e ristabilirsi. Ma la cilindrata del piemontese era di un altro livello, rispetto alla concorrenza. Merito della sua capacità polmonare -  il torace sproporzionato era il marchio di fabbrica - e alle gambe, lunghe e snelle, che mulinavano come nessuno. E aveva un cuore forte, da super atleta. Sembrava costruito apposta per sfruttare la potenza della bicicletta. Quando Coppi se la sentiva, partiva all’attacco, anche se mancavano cento chilometri al traguardo. I distacchi si “potevano tenere anche con l’orologio di un campanile”, da quanto erano ampi.  

Visse da moderno in un’Italia ancora retrograda. Si pensi a quanto oggi ci sembra ridicolo l’atteggiamento dell’opinione pubblica nei confronti della sua sfera personale. Coppi ebbe una relazione con Giulia Occhini, già sposata, subito ribattezzata la “dama bianca” per via di un’impermeabile vistoso che indossò nella sua prima uscita pubblica ad un traguardo di tappa. Una donna per l’epoca ritenuta ingombrante. Coppi se ne fregò e pagò l'alto prezzo per una scelta familiare così contestata. La sua felicità prima di tutto. 

Anche Fausto, come Bartali, pagò dazio al conflitto, perdendo anni importanti che avrebbero arricchito il suo bottino di successi. Un carattere reso spigoloso da una grande tragedia familiare. Coppi, il numero uno, che al ciclismo aveva dato tutto sé stesso e che da questo aveva ricevuto tanto, si vede strappare l’amatissimo fratello Serse, proprio in un incidente di gara. Serse, anch’egli ciclista, batté la testa al Giro del Piemonte del ’51, dopo aver infilato la ruota nei binari del tram. Rientrò in albero, non pareva una caduta così drammatica. Ebbe un malore nella vasca da bagno: emorragia celebrale. Morì dopo poco a 28 anni. Serse Coppi come Giulio Bartali: due fratelli minori morti tragicamente mentre rincorrevano il mito dei fratelli maggiori. Un lutto che, inevitabilmente, unirà al di fuori delle corse i due grandi campioni-rivali.

Una rivalità sigillata da una fotografia, scattata al Tour 1952 da Carlo Martini, fotografo della Omega Fotocronache, che ancora oggi divide gli appassionati. Chi passa a chi la bottiglia d’acqua? Il piemontese al toscano? Il cattolico-tradizionalista all’eretico-fedifrago? Il taciturno al chiacchierone? Erano sul Galibier, Coppi aveva la maglia gialla, Bartali la maglia tricolore da campione italiano. Ma chissenefrega del “chi-dà-a-chi”: erano i nostri due simboli, due atleti che avevano vinto prima della guerra ed erano tra i migliori anche dopo.

Quel Tour Coppi lo dominò, dopo aver superato il dolore per la scomparsa del fratello. Non voleva più correre, hanno dovuto convincerlo con le buone e con le cattive per farlo tornare in sella. Realizzò quella doppietta che, in questi tempi moderni, non riesce più a nessuno. Giro e Tour nello stesso anno. Nel 1952 come nel 1949. Il Tour de France 2024 omaggerà così il ciclista italiano più grande. Come noto, la tappa del 1° luglio, partirà da Piacenza per arrivare a Torino. Una volta lasciato il confine emiliano per raggiungere il Piemonte, verranno ricordate le gesta del Campionissimo.

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