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Dagli Usa per la laurea, a Piacenza lo sbocco nella ristorazione «Per fare con il cibo qualcosa di buono»

La storia di Eva Jaymes Klein, 26enne italo-americana, ora assistant manager di sala in un progetto per l’integrazione delle donne migranti: «Grazie al corso Ial ho scoperto sguardo creativo e valore ai mestieri»

«Piacenza mi ha dato nuovi sbocchi; molto spesso il mondo della ristorazione viene visto solo come “sommelier, chef e cameriere”, ma non è così. La formazione allo Ial mi ha dato uno sguardo ampio e creativo, ma al tempo stesso tempo anche la capacità di dare ancor più valore ai mestieri tradizionali». Eva Jaymes Klein, 26enne italo-americana e piacentina d’adozione per tre anni, il proprio - sognato - spazio nel settore l’ha trovato a Modena, come assistant manager di sala in un progetto di integrazione per le donne migranti.

Un percorso iniziato da molto lontano, precisamente dallo stato del Missouri, approdato all’università Bocconi e poi a Piacenza. Con sé il desiderio di coltivare la passione per il cibo tramandata dal nonno materno e coltivata da tutta la sua famiglia, una laurea magistrale in “Economics and management of government and international organization” conseguita alla prestigiosa università milanese e l’addio, difficile, al dottorato in Cattolica: «Dopo un anno ho capito che non era il lavoro fatto per me e l’ho lasciato».

Come riferimento, il tirocinio universitario all'associazione Food for Soul all'interno del Refettorio Ambrosiano di Milano, progetto che riunisce alta cucina, arte e solidarietà: «Tra gli obiettivi – racconta Eva - c’è anche quello di contenere lo spreco alimentare e ridare nuova vita ai prodotti grazie alle creazioni di importanti chef, a favore delle categorie più vulnerabili. Un luogo dove si dà valore alla condivisione del pasto. In tutti i miei studi era presente un forte legame con la sostenibilità, ma sono sempre stata orientata, per interesse personale, al mondo del cibo; ci ho messo un po' di tempo a capire che era questa, per me, la cosa centrale. E ora si trattava di trovare una giusta collocazione nel settore. Ho individuato il corso allo Ial di Piacenza, che poteva condurmi in questa direzione, e mi sono iscritta». Una formazione gratuita per diventare tecnico esperto nella promozione enogastronomica, a breve nuovamente al via nella sede di via Campesio (iscrizioni prorogate fino al prossimo 19 novembre).

«Ci sono tantissime figure nella ristorazione. Questo corso - sottolinea Eva - mi ha dato la “confidenza” per entrare nel settore in modo più cosciente, facendomi scoprire anche aspetti che non conoscevo - come quello dell’analisi sensoriale - e approfondire il gusto in modo profondo, non solo con la degustazione; davvero molto affascinante. Il mangiare bene è qualcosa di cui non ti rendi conto fin quando non ce l’hai. Negli Stati Uniti costa tantissimo comprare anche solo delle verdure fresche, non c’è la cultura di coltivare, cucinare ed “essere curiosi” del cibo, quanto in Italia. È una cosa che qui ho trovato e che voglio tenermi stretta. Mangiamo tre volte o più al giorno e “siamo ciò che mangiamo”; direi quindi che è molto importante».

L’occasione per mettere a frutto quanto raccolto nelle ore di lezione e di stage è arrivata da Modena, tramite un’associazione impegnata nell’integrazione delle donne migranti. «Uno dei progetti è la realizzazione di un percorso formativo-lavorativo di circa tre mesi, che dia loro la possibilità di rendere la passione per il cibo o un’esperienza maturata nel proprio Paese, in qualcosa di concreto, e di inserirsi nel tessuto economico italiano. Lo scopo è offrire un’opportunità di professionalizzazione e di seguirle poi nella ricerca di un lavoro. Durante il corso apprendono il mestiere e cucinano all'interno di Roots - impresa sociale - con un menù ideato dalle partecipanti e ispirato ai sapori delle proprie origini. Serviamo preparazioni che probabilmente i clienti non hanno mai incontrato, di Paesi quali Indonesia, Nigeria, Ghana. Viene aggiornato quattro volte l'anno, a seconda delle tirocinanti. C’è un forte lavoro di storytelling attorno al piatto; la parte di promozione mi ha aiutata molto a coltivare l’approccio alla condivisione del racconto, anche per valorizzare il lavoro di donne che si stanno già mettendo alla prova».

Progetto che oggi la vede nelle vesti di assistant manager di sala: «Mi occupo dell’accoglienza, dell’ordine dei vini, dei contatti con i fornitori. Sicuramente non avevo immaginato di arrivare qui quando ho iniziato il percorso, diciamo che non mi ero permessa di immaginarlo. Anche perché la ristorazione - in cucina o come cameriera - per come mi è stato insegnato da bambina, è qualcosa che fai mentre cerchi “il lavoro vero”, soprattutto negli Stati Uniti. Però è brutto, perché non è così; si tratta di un "vero lavoro" e ha un proprio valore, lo Ial mi ha dato questa prospettiva, anche rispetto all’importanza dei ruoli tradizionali».

Una strada aperta, che in futuro potrebbe portare a qualcosa di proprio: «Il mio sogno pazzo - conclude la 26enne - è quello di avere un giorno una mia bakery. Amo il mondo della pasticceria dolce e salata e mi piacerebbe anche integrare l’aspetto sociale e della sostenibilità: fare qualcosa di buono e concreto con il cibo».

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