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Il lungo viaggio nel ’900 con le foto di Tino Petrelli

Nell’ex convento di Santa Chiara la mostra dedicata al grande fotoreporter che ha raccontato l’Italia

Quante ne avrà scattate? A migliaia, ed oggi sono lì, con quel suggestivo ed ammaliante bianco e nero, a raccontarci un’Italia non troppo lontana anche se, con il galoppante progresso che ci oggi ci travolge, sembra distante anni-luce. Sono le foto meravigliose, sovente commoventi nella loro drammaticità, quelle esposte nella mostra “Tino Petrelli racconta l’Italia-Il Novecento di un grande fotoreporter”, una rassegna allestita nell’ex convento di Santa Chiara a Piacenza e che resterà a disposizione dei visitatori fino al prossimo 28 luglio.

“Un’epopea da raccontare” (come l’ha definita nell’inaugurazione il curatore Paolo Barbaro del Centro studi e archivio della comunicazione dell’Università di Parma che ha firmato anche il catalogo), che segue la mostra dedicata a Prospero Cravedi che aveva riscosso un successo straordinario di pubblico.

Con una similitudine ed una differenza: entrambi vanno giustamente definiti “artisti” della fotografia”, ma mentre Cravedi, per scelta personale, rimane ancorato alla foto-narrazione della sua città e provincia, Petrelli lavorando per la prestigiosa Pubblifoto a Milano (moltissime foto non sono firmate, in quanto, per contratto, i diritti d’autore erano ceduti all’azienda), racconta una nazione, con i suoi drammi, i suoi riti, i suoi protagonisti, perché le scatta dal 1936 fino agli anni ’80, consegnandoci straordinari documenti che dovrebbero essere utilizzati nelle scuole per insegnare la storia.

La mostra, promossa da Fondazione di Piacenza e Vigevano in collaborazione con il Centro studi e archivio della comunicazione dell’Università di Parma, è un doveroso omaggio a un artista della fotografia che per ragioni familiari (venne a risiedere a Piacenza nel 1988), fa parte, di fatto, della nostra città e dei suoi concittadini più illustri, tanto che - come ha ricordato la nuora, prof. Rosa Pagani -  la città gli ha dedicato ben cinque mostre ed un’area verde a S. Antonio, frazione nella quale viveva, compresa la grande mostra a Palazzo Gotico con oltre 80 foto.

«Un patrimonio - ha auspicato la Pagani - che mi auguro non vada disperso, ma resti a disposizione, dopo un’adeguata catalogazione, della collettività piacentina». «Ringrazio le persone che hanno reso possibile questa mostra d’arte- ha detto il vicepresidente della Fondazione di Piacenza e Vigevano Mario Magnelli - di storia e di memoria, che suscita emozioni raccontando un pezzo di storia italiana. Dopo Cravedi e Petrelli, ci piacerebbe dedicare alla fotografia qualcosa di più stabile, oltre che eventi estemporanei». Ed ha ringraziato per lo sviluppo del progetto della mostra, Tiziana Libè, Gianluigi Tambresoni, Maurizio Cavalloni e naturalmente Rosa Pagani.

La mostra di Petrelli, che si apre nove giorni prima dell’avvio degli eventi previsti per il cartellone di Piacenza Summer Cult, messo a punto con il Comune di Piacenza, affiancherà tutta la durata degli spettacoli in santa Chiara, fino alla loro conclusione, il 28 luglio. Organizzata per capitoli tematici, l’esposizione propone le fotografie tratte dagli originali di proprietà della famiglia e, in una sezione a sé, una parte dei negativi che Petrelli eseguì per Publifoto Milano, conservati insieme a una porzione rilevante dell’archivio presso la Sezione Fotografia del Centro Studi e Archivio della Comunicazione dell’Università di Parma.

Il curatore prof. Barbaro ha parlato nel suo intervento di «storia in diretta». «Sapeva cogliere i cambiamenti e guardare avanti nella società; era amico di Fausto Coppi, di Ugo Mattei, di Vittorio Valletta. Ad accogliere i visitatori, all’ingresso della mostra, l’immagine di una statuaria Sofia Loren: rappresenta la forza della fotografia, che è la promessa della realtà quasi pre-costruita, un’immagine allegorica e simbolica che continua a raccontare nel tempo; è un artista che ci insegna a vedere le cose. Le sue foto sono ritratto, a volte anche ironico della persona; più impariamo a leggere le immagini, più saremo consapevoli di quello che vediamo». Ed ha ricordato la straordinaria, quasi struggente raffigurazione, della povertà di Africo, paese della Calabria, realizzato da Petrelli per Publifoto. Una mostra dunque da non perdere assolutamente, perché lì, nelle foto di Petrelli, c’è veramente la storia dell’Italia, di come eravamo per capire chi siamo.

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