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Le storie dei nostri nonni / Farini

Quando i piacentini scaldavano le case dei parigini

Marguerite Fulgoni Cavanna di Pratogiardino nel libro “Il prezzo del cioccolato” racconta la storia degli “scaldini”, gli emigrati che all’alba avevano il compito di accendere il riscaldamento nei palazzi della capitale francese

Sono partiti da Groppallo, da Morfasso, da Boccolo Tassi e da Bardi per scaldare gli appartamenti dei palazzi parigini. È la storia degli “scaldini”, gli emigrati che dalla montagna piacentina e parmense si sono recati nella capitale francese in cerca di fortuna. La racconta Marguerite Fulgoni Cavanna, italo-francese di Pratogiardino (Farini) che qualche tempo fa ha scritto “Il prezzo del cioccolato” per descrivere e ricordare alle giovani generazioni la professione speciale di “scaldino”, l’equivalente francese di “chauffeur de chaudières”. Suo nonno Domenico e suo padre Paolo lo furono: nel libro l’autrice riporta infatti due storie, quella della sua famiglia e quella della comunità italiana di Parigi, a tinte biancorosse e gialloblù.

«Quando il barone Georges Eugène Haussmann - ricorda Marguerite Fulgoni Cavanna - fece costruire i belli edifici di Parigi che conosciamo, aveva pensato a tutto, e ovviamente anche al modo di scaldare questi appartamenti. Una sala caldaia condivisa si trovava nello scantinato e le caldaie a carbone diffondevano l’aria calda in tutti gli appartamenti. In genere l’aria arrivava direttamente dai condotti installati nel pavimento o nei muri. In quei casi si trattava di caldaie ad aria calda. A Parigi ce ne sono ancora, ma pochissime». Fino a quel momento i parigini avevano continuato a riscaldarsi con i camini individuali, con i bracieri, con le stufe a legna e a carbone. La comparsa del sistema di riscaldamento centralizzato porta quindi, accanto alle figure tradizionali dei boscaioli, dei carbonai e degli spazzacamini, i nuovi mestieri degli "chauffagistes", tra i quali appunto gli scaldini, rimasti però quasi del tutto sconosciuti ai parigini.

Detto questo, serviva pure che qualcuno si occupasse di mettere il carbone nelle caldaie per far funzionare l’ingegnoso sistema. «Bisognava spalare il carbone dal deposito affianco e riempire la caldaia. Bisognava anche tirar fuori le ceneri dopo la combustione e portare su i secchi pesantissimi dallo scantinato al marciapiede per gli spazzini. Tutto ciò implicava di arrivare alla sala caldaia dell’edificio molto presto, all’alba, affinché i residenti avessero acqua calda e calore al risveglio. Infine, bisognava tornare al pomeriggio per garantire un servizio praticamente 24 ore su 24, soprattutto nei mesi invernali. In quell’epoca il Comune di Parigi stabilì il periodo di riscaldamento: dal 15 ottobre al 15 aprile, giorno in cui si spegnava tutto». Quest’attività permetteva agli emigrati di tornare per l’estate al paese e rivedere i familiari.

I loro datori di lavoro erano gli amministratori di condominio, i syndics. L’autrice, nella pubblicazione, descrive un mondo - quello della Parigi della prima metà del ‘900 - dove si lavorava duro, ma che premiò i nostri emigrati, in quanto già conoscevano bene la fatica e il sacrificio. Un mondo dove si poteva anche sognare, perché attorno la realtà era molto diversa da quella del paesello natio. E poi, Parigi era (ed è) Parigi: l’edilizia suggestiva, gli abbigliamenti e le acconciature degli abitanti originali e curati, i cibi diversi, gli stili di vita all’avanguardia. Il libro “Il prezzo del cioccolato” è acquistabile all’edicola di Ferriere, al Bar Sport di Farini e alla Libreria Romagnosi di Piacenza.

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