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L'aggiornamento / Coli

Altri due casi di peste suina, stavolta tra Coli e Bobbio

Maloberti: «La peste suina si sta diffondendo in montagna, in balia di questo fenomeno e della presenza dei cinghiali»

«Con il ritrovamento - domenica scorsa - di due cinghiali cacciati positivi alla peste suina africana tra i territori di Coli e Bobbio, comuni ad oggi ancora inseriti in zona di restrizione 1 (zona ove, rispettando le norme di biosicurezza, è possibile cacciare e consumare le carni di cinghiale), si è giunti ad un punto di svolta, oserei dire di non ritorno, con l’ingresso della malattia nel cuore della montagna piacentina». Così Giampaolo Maloberti, consigliere provinciale, ha annunciato la presenza di altri casi di Psa nel territorio, dopo quelli già rinvenuti a Ottone.

«La Regione – prosegue Maloberti, intervenuto in Consiglio provinciale sull’argomento - provvederà immediatamente alla chiusura della caccia al cinghiale anche nei comuni non coinvolti oggi in restrizione 1 (Farini, Coli, Bobbio, Alta Val Tidone) e nei comuni di Bettola e Travo, che non erano ancora interessati».

«Faccio presente che, nei comuni confinanti, probabilmente entro una quindicina di giorni, sarà istituita dalla Comunità europea una ulteriore zona cuscinetto (restrizione 1) nella quale il prelievo del cinghiale a caccia e controllo è condizionato al rispetto delle norme di biosicurezza, all’adozione di un piano specifico e all’autorizzazione di centri di raccolta dei cinghiali abbattuti autorizzati dal servizio sanitario regionale».

«Da segnalare che nelle zone di restrizione 2 con l'ultima ordinanza regionale è consentito il controllo della specie, ma è tutto bloccato perché il servizio sanitario regionale non ha ancora, dopo quasi due anni, attivato il prelievo e trasporto ai fini della termodistruzione delle carcasse. Se è vero che l'attività di depopolamento non garantisce al 100% che la malattia si diffonda sul territorio, è sicuramente vero che ne limita fortemente la diffusione in modo direttamente proporzionale al prelievo».

Bloccata, per lo stesso motivo, è anche la ricerca attiva delle carcasse. «I fondi regionali sono insufficienti e le possibilità di spesa vincolate da orpelli burocratici. La montagna piacentina è in balia dei cinghiali e della peste che li accompagna. L'abbattimento di due esemplari apparentemente sani dimostra che molti animali sopravvivono e saranno portatori della pestilenza per 100 giorni anche dopo la guarigione. La chiusura del prelievo attivo (caccia e controllo faunistico) conseguente alla mancata reattività regionale sta travolgendo il settore suinicolo. Bene, invece direi molto bene, nell’ottica di sburocratizzate e facilitare il lavoro delle squadre di caccia al cinghiale la determina della polizia provinciale di ieri per effetto della quale le convenzioni per i piani di controllo relative al 2022/2023 vengono prorogate fino al 31 dicembre 2026».

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