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Nel Piacentino cinghiali sotto controllo, ma ora si teme per cervi e lupi

Il consigliere provinciale Maloberti: «Nell’immaginario di una certa fascia della popolazione c’è l’idea che la fauna selvatica vada protetta perché è a rischio di estinzione, invece sono talmente numerosi che diventano un pericolo anche per la circolazione stradale»

«I cinghiali sono pericolosi non solo a livello di sicurezza stradale ma anche per l’economia del territorio. Per questo secondo aspetto oltre ai danni provocati alle colture va sottolineato il fatto che rappresentano il possibile veicolo di diffusione della peste suina africana, una minaccia per il comparto suinicolo e per l'industria di trasformazione. Per questo è fondamentale rafforzare ogni misura volta al loro contenimento. Occorre attivare urgentemente – spiega il consigliere provinciale, Giampaolo Maloberti - nuovi corsi di abilitazione di cacciatori sul nostro territorio. Dobbiamo perseverare nel lavoro di squadra che comincia a produrre i risultati sperati, proseguire su questa strada senza far venire meno impegno e costanza. Da parte degli agricoltori c’è massima disponibilità ed apertura,  prevedendo anche eventualmente forme di aiuto ai cacciatori coinvolti negli abbattimenti. Purtroppo i cacciatori sono sempre meno e spesso si trovano di fronte a tali e tanti ostacoli e non riescono a porre in essere tutte le azioni rese necessarie dall’entità del problema».

«Anche gli attacchi a bestiame e animali domestici da parte del lupo, un problema sottovalutato per troppo tempo, stanno aumentando in modo esponenziale. I branchi – dice - si stanno avvicinando sempre più pericolosamente alle abitazioni non solo in montagna e in collina ma anche in pianura. Se non si creano le condizioni per poter intervenire si potrebbero avere ripercussioni su tutto il territorio. Escursionisti, ricercatori di funghi e tartufi preoccupati dalla presenza dei lupi potrebbero ridurre la loro presenza nei boschi con effetti negativi sull'economia dei nostri paesi di montagna. Per non parlere dei cacciatori che temono che i loro cani vengano sbranati. E' in preparazione una petizione della Provincia firmata da tutti i sindaci per sollecitare misure urgenti».

La  situazione nel Piacentino almeno per i cinghiali si sta un po’ normalizzando «grazie – ribadisce - al lavoro di squadra condotto sapientemente dalla Polizia Provinciale, in primis dal suo comandante Annamaria Olati e dal commissario Roberto Cravedi, insieme alle squadre di cacciatori con la massima disponibilità non solo degli Atc ma anche dell' Ente Parco del Ducato con riferimento al Parco del Trebbia, del Piacenziano e dello Stirone. Dopo una iniziale fase critica dovuta al passaggio dalla braccata alla girata, adattando e interpretando in modo adeguato le nuove regole sul territorio provinciale il piano di contenimento dei cinghiali ha dato risultati positivi. Alla fine nel 2022 il numero di cinghiali è risultato superiore all'anno precedente e anche per i primi mesi del 2023 il trend e' altrettanto favorevole».

«Nella vicina Lombardia - precisa Maloberti - nel contrasto alla peste suina africana la Regione ha introdotto un incentivo economico per gli abbattimenti dei cinghiali. Una regione in cui è bene ricordarlo vengono allevati il 60% dei suini italiani. Le cifre previste sono tutt'altro che irrisorie. Gli autori degli abbattimenti, siano essi cacciatori abilitati al prelievo venatorio del cinghiale o operatori autorizzati al controllo, si vedranno corrispondere fino a 100 euro per ogni femmina abbattuta. Sicuramente è una misura che farà discutere, ma che accende sempre di più l'attenzione sul ruolo che l'attività venatoria può giocare a beneficio dell'intera comunità e nello specifico su come valga la pena di "investire" in un'attività che potrebbe evitare una perdita di 60 milioni al mese al comparto suinicolo lombardo con le evidenti ripercussioni sul Sistema Paese». «L' Emilia – prosegue - è invece sede delle più importanti filiere di trasformazione. Nella nostra regione vengono lavorate il 65% delle carni suine italiane, impiegando 40 mila addetti con un fatturato che rappresenta il 2% del Pil nazionale. I cacciatori che è bene precisarlo sono volontari possono rappresentare uno straordinario strumento di bioregolazione, devono essere messi nelle condizioni di poter operare senza condizionamenti burocratici, con delle regole d’ingaggio chiare. Due bandi del Gal riservati, uno agli Act ed uno a macelli ed industrie di trasformazione con un marchio ad hoc possono contribuire a una maggiore valorizzazione della carne di fauna selvatica. Un’opportunità non solo per ristoranti ed agriturismi ma anche per salumifici e strutture di trasformazione in sughi e insaccati».

«Nell’immaginario di molta gente - ribadisce Maloberti - c’è l’idea che la fauna selvatica vada protetta perché è a rischio di estinzione, invece i cinghiali sono talmente numerosi che diventano loro stessi un pericolo per la sanità della specie». «Insomma - conclude Maloberti - se si lavora uniti si può concorrere a riequilibrare l’eco-sistema del nostro territorio nel quale possono convivere agricoltori e fauna selvatica, senza mai dimenticare che il nostro territorio è per il 70% collina e montagna e la presenza dell’uomo consente la salvaguardia dell’ambiente».

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