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A Piacenza raccolta differenziata “solo” al 70,2%, «Molto distante dagli obiettivi del piano regionale»

San Pietro in Cerro il comune più virtuoso. L’analisi di Legambiente, che avanza proposte per la gestione dei rifiuti: «Necessario chiudere due inceneritori»

Nel Piacentino la raccolta differenziata è “solo” al 70,2%, al sesto posto della classifica regionale compilata da Legambiente Emilia-Romagna. Una percentuale che colloca il territorio tra quelli ancora «molto distanti dagli obiettivi del Piano regionale» secondo l’analisi dell’associazione. È quanto indicato dal report “Economia circolare in Emilia Romagna: proposte per il nuovo piano rifiuti e l’aggiornamento della normativa” in cui Legambiente fa anche il punto sul tema in relazione alle singole province (dati Arpa 2019 elaborati dall’associazione). La raccolta differenziata nella provincia di Piacenza (287.791 abitanti) si attesta al 70,2%, al sesto posto in Emilia-Romagna, con 208 kg di rifiuti a smaltimento per abitante, mentre in città (104.485 abitanti) il residuo pro-capite a smaltimento è di 279 kg per abitante, pari al 60,8%. Il comune più virtuoso è San Pietro in Cerro (839 abitanti), con 59,5 kg per abitante residuo pro-capite a smaltimento, e una percentuale di raccolta differenziata al 79,7. In testa alla classica Parma e Ferrara, mentre «province come Ravenna, Rimini, Piacenza e Bologna sono ancora molto distanti dagli obiettivi di Piano e non si registrano trasformazioni tali da prevedere che ce la facciano nel 2020 (e negli anni successivi)» evidenzia l’associazione. Guardando ai dati per gestore, Iren - province di Piacenza, Parma e Reggio Emilia, 108 comuni per un totale di 1.143.350 abitanti serviti – raggiunge una raccolta differenziata del 77,2% e si colloca in quinta posizione in Regione, ancora al di fuori dalle realtà in cui è già stato tagliato il traguardo dell’obiettivo di Piano regionale sugli smaltimenti pro-capite di 150 chilogrammi per abitante. Secondo Legambiente emerge che «i contesti di gestione più limitati e vicini al territorio abbiano conseguito i risultati di Piano con anticipo e con prestazioni estremamente migliori rispetto a quelle previste. In tutti i casi le modalità di gestione sono di tipo porta a porta integrale».

Focus del documento trasmesso nei giorni scorsi dall'associazione alla Regione, una proposta in 20 punti per una gestione più virtuosa dei rifiuti nei prossimi cinque anni. Secondo l'associazione le esperienze in corso in tanti territori dell’Emilia-Romagna dimostrano che nei prossimi 5 anni ci saranno le condizioni per aumentare in modo significativo la raccolta differenziata, i posti di lavoro connessi e per chiudere due degli otto impianti di incenerimento pubblici oggi in attività (in tutto sono 11 se si considerano anche quelli solo per rifiuti industriali): a condizione che i territori e le imprese vogliano davvero andare in questa direzione. «Quello dei rifiuti è un settore dove le potenzialità di crescita sono alte non solo dal punto di vista dei risultati ambientali, ma anche da quello economico e sociale» riferisce la nota dell’associazione. «L'aumento del riciclaggio, infatti, determina un forte aumento degli addetti, tanto nella fase di trattamento quanto in quella di raccolta. In questo campo la cooperazione sociale svolge oggi un ruolo importantissimo e destinato a crescere. Inoltre, attraverso un alto numero di inserimenti lavorativi di personale svantaggiato riveste anche una funzione di welfare considerevole. Molte cooperative di tipo B sono attive nella raccolta differenziata, così come danno corpo alle esperienze di recupero e allungamento della vita dei beni, lo testimoniano esperienze come centri del riuso, compostaggio di comunità, riutilizzo, centri di riparazione ecc.». Diversi sono i punti della proposta di Legambiente per dare davvero vita ad un modello di economia circolare all'avanguardia. Tra questi l’associazione ricorda l’aumento della raccolta differenziata con la trasformazione dei sistemi di raccolta dei rifiuti urbani verso modalità più virtuose. «La strada è estendere le modalità di raccolta domiciliari e la tariffa puntuale a tutta la regione (che peraltro la normativa regionale prevedeva già obbligatorio per il 2020)».Fare crescere il riciclaggio dei materiali, con nuovi impianti e nuove filiere (ad esempio per i rifiuti elettronici e i pannolini) e con un mercato degli “acquisti verdi” e prevedere la contestuale dismissione di due inceneritori: «Già oggi l'aumento della raccolta differenziata sta spostando centinaia di migliaia di tonnellate di rifiuti dal sacco dell'indifferenziato a quello della differenziata: non avrebbe senso mantenere attivo tutto il parco impiantistico se non per garantire il business dei gestori». Chiudere le discariche esaurite, bonificando le situazioni critiche e utilizzandole per parchi fotovoltaici e frenare i rifiuti da smaltire che vengono da fuori regione. Dotarsi di un Piano per la prevenzione dei rifiuti urbani che preveda azioni dirette (es. accordi con la grande distribuzione per la riduzione degli imballaggi, l’incentivazione del compostaggio locale, ecc.) e una campagna di informazione rivolta ai consumatori sulla riduzione dei prodotti monouso (come stoviglie e posate). Incentivare il ruolo del terzo settore nell’economia circolare e promuovere pratiche di riparazione e rigenerazione di Raee a fine vita, al fine di poterli rimettere in vendita o donarli a famiglie e cittadini in difficoltà economiche e sociali. «Le note prendono le mosse da dati concreti e da un'analisi dello stato di fatto che vede territori dove l'eccellenza è già una realtà» spiega Legambiente. «Se infatti nel 2019 (ultimo anno con dati ufficiali) la media regionale pro capite di rifiuti mandata in discarica o ad incenerimento era di 190 kg, oltre 500.000 abitanti della regione smaltivano meno di 100 kg a testa. Basterebbe che si seguisse l'esempio dei "Comuni Ricicloni" per poter rapidamente fare impennare il tasso di riciclo di tutta la Regione e ridurre gli impianti di smaltimento. Invece, purtroppo, molti territori scontano ancora enormi ritardi. Tanti sono i capoluoghi ancora lontani dagli obiettivi fissati dalla Regione per il 2020: Ravenna su tutti, ma anche Bologna, Piacenza, Modena e Cesena. Al riguardo è positiva la recente notizia che il Comune di Modena punterà all’avvio della raccolta porta a porta appena conclusa la gara di affidamento del servizio da parte di Atersir».

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